Torino, Auditorium RAI: John Axelrod e “Il ballo al cinema”

Torino, Auditorium RAI “A.Toscanini”.
Orchestra Sinfonica Nazionale RAI
Direttore John Axelrod
Leonard Bernstein: “West Side Story.” Symphonic dances (1960); Nino Rota: “La Strada”. Suite per orchestra (1966);
John Williams: “Star Wars” Suite (1977-80)
Torino,  15 giugno 2022.
Il ballo al cinema” è il titolo del secondo e ultimo concerto straordinario che, all’insegna del puro divertimento e dell’assoluto piacere sonoro, chiude la corrente stagione dell’OSN RAI. Pur se hai in casa un impianto dei più megagalattici del mercato, che spara dB a manetta, con bassi che fan tremare le viscere, non raggiungerai mai l’assoluto fonico che un centinaio di orchestrali super, come quelli dell’OSN RAI, ti sanno fornire dal vivo. Questa sera, a perfezionare il tutto, li guida John Axelrod, cinquantaseienne texano di Huston, che per la musica spettacolo non ha remore ed è quindi imbattibile. I titoli attrattivi, il prestigioso direttore e una politica dei prezzi ben calcolata hanno riempito la sala come ormai più nessuno se lo ricordava. Giovani, vecchi e bambini strepitanti, che il direttore, dedicando loro una particolare attenzione, ha omaggiato dal pulpito.
Si inizia con la meravigliosa Suite Sinfonica da West Side Story di Leonard Bernstein, ma non solo sua. Come molte opere americane di successo, anche questa è il frutto di un lavoro di gruppo; coreografo, librettista, regista, produttore, arrangiatore, compositore e tanti altri si sono messi di buzzo buono a tirar fuori un perfetto prodotto artistico-commerciale.
Axelrod che in gioventù, ha ben conosciuto Bernstein e ne è stato anche assistente, ha dato di questa suite un’interpretazione di riferimento, da antologia. Jazz, blues, swing, gershwin, broadway, prokofiev e puccini, tutti nello stesso crogiuolo, ben amalgamati per far schioccare le dita, per sognare di ballare un mambo alle Antille e, nel contempo, sentirsi crescere un nodo alla gola. L’orchestra non è mai trattata da massa compatta, ma come solisti che dialogano con altri solisti. Le virtù individuali vengono esaltate e senti in Somewhere la meravigliosa viola di Ula Ulijona introdurre il tema che il fascinoso corno di Francesco Mattioli riprende per rilanciarlo al flauto di Giampaolo Pretto che infine ilo scaglia trionfante tra i violini. Dopo lo scatenamento complessivo del Mambo, guidato dalla batteria e dall’intero set di percussionisti, su un lievissimo pizzicato degli archi e puntato dei legni, si leva dolcissima Maria dal violino di Alessandro Milani, in un incantato pianissimo che fa vibrare l’aria in una fantasmagoria di armonici. Ritorna il flauto di Pretto, coprotagonista col violino di Milani dell’intera serata, per il languido congedo finale.Meno convincente, almeno per noi, la Suite dalla Strada di Nino Rota. Suona come musica datata, legata più alla vena neorealista del Fellini in bianco-nero che a quella fantastica e immaginifica del seguito. L’impronta è essenzialmente italica, lontana dalle pulsioni innovative e sperimentali internazionali del tempo. Una sonora banda circense avvia una clownesca passerella, elemento topico della filmografia felliniana. Si prosegue con una “romanza”, quasi canzone napoletana, ingrediente principe dal patetismo amoroso peninsulare. Si continua con temi ben confezionati e orchestrati con gran cura accademica di cui non si può non apprezzare la grande piacevolezza. Una colonna sonora di gran lusso se non di grande effetto che però, in sala da concerto, rischia di passar via senza lasciar traccia. Nei minuti finali, nel patetismo delle morti dei protagonisti, il solito grande violino di Milani e la tromba di Marco Braito hanno dispiegato le loro eccellenze.
Dal solitario autarchico Nino Rota John Williams, macchina da Oscar, il divario è impressionante. In Star Wars Suite la confezione pesa più del contenuto. Il buio della sala di proiezione, i titoli di testa scorrenti in orizzontale che devi leggere, gialli su un cielo nero, amplificatori al massimo ed altoparlanti disseminati in ogni dove, super sound dolby extra system, ti inchiodano, attentissimo e tesissimo, alla poltrona e la realtà circostante scompare. Qui in sala da concerto, con le mezzeluci accese e senza uno schermo che ipnotizzi l’attenzione, la gran saga musicale si metamorfizza in un bel frastuono che stenta ad essere convincente ed è a rischio di noia. Ci salvano il suono della OSN RAI, in super spolvero, e la maliziosa carica ironica di John Axelrod. Non identificheremmo nell’ironia del direttore di indossare il  terrorizzante casco nero di Dart Fener e di impugnarne la ridicola spada giocattolo per dirigere la “the imperial march. Gag che ha suscitato le grida entusiastiche dei bambini e ha lasciato interdetto il supercilioso pubblico torinese. Ultimo concerto, musiche facili, un capolavoro indiscusso, poco Ballo, a dispetto del titolo, orchestra favolosa, direttore fantastico: in una caldissima serata di giugno, ci si può anche divertire così. Applausi e successo, forse la stagione 2021-2022 non poteva chiudersi meglio.