Venezia, Teatro La Fenice, Lirica e balletto, Stagione 2021-2022
“PETER GRIMES”
Opera in un prologo e tre atti, libretto di Montagu Slater, dal poema “The Borough” di George Crabbe
Musica di Benjamin Britten
Peter Grimes, a fisherman ANDREW STAPLES
Ellen Orford, a widow, schoolmistress of the Borough EMMA BELL
Captain Balstrode, retired merchant skipper MARK S. DOSS
Auntie, landlady of “The Boar” SARA FULGONI
First Niece, main attraction of “The Boar” PATRICIA WESTLEY
Second Niece, main attraction of “The Boar” JESSICA CALE
Bob Boles, fisherman and Methodist CAMERON BECKER
Swallow, a lawyer SION GORONWY
Mrs. (Nabob) Sedley, a rentier widow of an East India Company’s factor ROSALIND PLOWRIGHT
Rev. Horace Adams, the Rector EAMONN MULHALL
Ned Keene, apothecary and quack ALEX OTTERBURN
Hobson, carrier LAURENCE MEIKLE
Un soprano ELISA SAVINO
Fischerwoman ALESSANDRA VAVASORI
Lawyer SALVATORE DE BENEDETTO
First Fischerman, Burgess EMANUELE PEDRINI
Second Fischerman, Burgess NICOLA NALESSO
Third e Fifth Burgess MATTEO MICHI
Fourth Burgess ENZO BORGHETTI
Boy (John), Grimes’ apprentice PIETRO MORETTI
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Direttore Juraj Valčuha
Maestro del Coro Alfonso Caiani
Regia Paul Curran
Scene e costumi Gary McCann
Light designer Fabio Barettin
Nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice
Venezia, 29 giugno 2022
Peter Grimes, quando andò in scena, il 7 giugno 1945, in una Londra ancora ferita dalla guerra, segnò il primo grande successo di Britten nel campo del teatro musicale. Fa specie che, nonostante il rapporto di amicizia, che legava Britten alla Fenice, l’opera non sia mai stata rappresentata, prima d’ora, sul palcoscenico veneziano.
Apparsa in un momento davvero cruciale per le sorti dell’Europa e del mondo, l’opera risente solo parzialmente delle vicende belliche, presentando temi universali: dalla violenza verso i minori – tema frequente in Britten – al condizionamento della massa sull’individuo. Certamente il dichiarato pacifismo di Britten offre – insieme alla sua omosessualità, che analogamente ne faceva un emarginato nell’Inghilterra di quel periodo – un’importante chiave di lettura del dramma. Britten, coadiuvato dal librettista Montagu Slater e dal tenore Peter Pears – suo compagno di vita, nonché primo interprete di Grimes –, trasse il soggetto dal poema The Borough di George Crabbe. Ma, diversamente dal Grimes del poeta inglese – avido, rozzo, insensibile –, il protagonista dell’opera britteniana è un individuo ambivalente: poco raccomandabile, ma al tempo stesso vittima dell’ostilità collettiva; sopraffatto da spaventose pulsioni, ma anche capace di provare rimorso o di vagheggiare un futuro migliore. Non a caso il Grimes di Crabbe muore senza alcun riscatto, mentre Britten, nell’ultima scena – quella del suicidio nella solitudine marina –, conferisce a Peter la statura di un eroe tragico. La natura ambivalente del protagonista si rispecchia in una struttura formale bipartita: se nella prima metà dell’opera non si esclude la possibilità di un futuro riscatto per Grimes, la seconda metà, dopo il turning point – la scena della violenza di Peter su Ellen, nel secondo atto – coincide con il suo precipitare verso la morte. Una bipartizione espressa musicalmente da due tipologie di motivi ricorrenti: prima ascendenti, come in “What harbour shelters peace”, poi discendenti, come quello dell’invocazione a Dio da parte del pescatore, “God have mercy upon me”. Il motivo legato a “What harbour” torna solo nella scena della catarsi finale.
Non è la prima volta che Curran mette in scena il Grimes, nondimeno lo spettacolo della Fenice si basa su scene nuove, in un certo senso più astratte, e su una maggiore attenzione alle relazioni e allo sviluppo dei personaggi. Il regista scozzese vede in Peter non un eroe, ma più prosaicamente un incompreso, in cui verosimilmente si riflettono le vicende personali di Britten. Dopo che la comunità ha decretato la sua colpevolezza, il pescatore trova l’unica salvezza nel perdersi per sempre nell’immensità mare. E il mare è, in Peter Grimes, un elemento centrale, con cui tutto è in relazione: felicità e dolore, vita e morte.
Sul piano visivo, l’impianto scenico, costituito da sobri pannelli lignei, variamente componibili, con sullo sfondo due linee luminose a segnare l’orizzonte, ha giustamente contribuito, con la sua essenziale ma pregnante simbologia, a mettere in evidenza l’animo dei personaggi, mentre il mare era suggestivamente evocato – sulle note dei celebri interludi – da impressionistiche proiezioni – mai banalmente realistiche, al pari della musica – di squarci della superficie equorea. Nello stesso tempo i costumi, disegnati, come le scene, da McCann, spostano la vicenda negli anni Quaranta, a ribadire il citato legame del Grimes con le vicende biografiche del compositore.
Sul podio, Jurai Valčuha ha dominato ogni aspetto della complessa partitura, assecondato da un’Orchestra della Fenice, in stato di grazia, eccellente in tutte le sue sezioni. La raffinata cura riservata all’elemento ritmico e a quello timbrico, la ricchezza della gamma dinamica e del fraseggio, la perfetta sintonia tra buca e palcoscenico hanno reso questa interpretazione davvero indimenticabile. Assolutamente all’altezza è risultata la compagnia di canto, considerando, in particolare, il Grimes di Andrew Staples, tenore dal timbro omogeneo, validissimo anche per le sue doti attoriali, che si è imposto in particolare alla fine del primo atto e nella scena conclusiva dell’opera; la buona e coraggiosa Ellen di Emma Bell, parimenti dotata di ragguardevoli mezzi vocali ed espressivi; il drammatico Balstrode di Mark S. Doss, dalla voce marcatamente metallica. Con tratti anche giustamente macchiettistici, è risultato molto positivo anche l’apporto di Sara Fulgoni (la Zietta, tenutaria del The Boar), insieme alle sue due procaci “nipoti” Patricia Westley e Jessica Cale; quello di Rosalind Plowright, nei panni di Mrs. Sedley, analogamente al resto del cast: Sion Goronwy (il giudice Swallow), Alex Otterburn, (Ned Keene, il farmacista), Eamonn Mulhall (il reverendo Horace Adams), Cameron Becker (il pescatore metodista Bob Boles), oltre a Laurence Meikle (il carrettiere Hobson). Una menzione speciale va riservata al Coro, istruito da Alfonso Caiani, per le prestazioni vocali e la presenza scenica, dimostrate nel dare voce e gesto a un vero e proprio personaggio, che è, tra l’altro, quello che ha più spazio nell’opera.,Tripudio di pubblico a fine serata. Foto Michele Crosera