Venezia, Teatro La Fenice: trionfale debutto per Joana Carneiro

Venezia, Teatro La Fenice, Stagione Sinfonica 2021-2022
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore Joana Carneiro
Manuel de Falla: “El sombrero de tres picos” suite n. 2; Igor Stravinskij: “Le Sacre du printemps” versione 1947
Venezia, 26 agosto 2022
Quando Sergej Djagilev – dopo aver assistito nell’aprile del 1917, a Madrid, ad una rappresentazione di El corregidor y la molinera, una pantomima musicata da Manuel de Falla – propose al compositore andaluso di trasformare tale lavoro in un balletto, l’impresario dei Ballets Russes serbava probabilmente dentro di sé lo stereotipo di un folklore musicale spagnolo filtrato attraverso la rielaborazione “colta” di vari compositori, cui si erano ormai assuefatte le sue orecchie come quelle del grande pubblico. Del resto, altrettanto stereotipata era l’immagine della cultura musicale russa diffusa dagli spettacoli degli omonimi Ballets, nonostante l’urto dirompente assestato ad essa dal Sacre di Stravunskij, proposto pochi anni prima da questa stessa compagnia di danza.
Proprio il confronto tra questi due titoli, che esprimono altrettante concezioni del rapporto tra musica popolare e musica colta, costituisce la ratio “problematica” sottesa al programma di questo concerto che, tra l’altro, ha segnato il debutto sul podio della Fenice di Joana Carneiro, una delle più promettenti artiste, a livello internazionale, nel campo della direzione d’orchestra, un ruolo particolarmente difficile soprattutto per una donna, visto che è da sempre considerato una prerogativa prettamente “virile”.
Generoso, appassionato, a tratti estremo nell’ampiezza dei movimenti, era il gesto della direttrice portoghese, che con ogni fibra del suo corpo vibrava insieme alla musica, di cui sottolineava con chiarezza e duttilità ogni inflessione, ogni sfumatura, ogni contrasto, sapendo essere, di volta in volta, lieve, come ci si può aspettare da una donna, ed energica, quasi più di quanto si può richiedere a un direttore “maschio”. Sta di fatto che l’orchestra ha risposto in modo splendido a queste “femminili” sollecitazioni, sfoggiando una brillantezza di suono, un affiatamento, un insieme e anche prestazioni solistiche, come raramente si può sentire, o meglio come accade quando una compagine di strumentisti di livello è guidata da una bacchetta che sa il fatto suo.
El sombrero de tres picos, il balletto che De Falla trasse dalla precedente pantomima, fu rappresentato trionfalmente all’Alhambra Theatre di Londra il 22 luglio 1919: coreografie di Massine, scene e costumi di Picasso. Da questo balletto De Falla trasse due suites, che confermano l’immagine tradizionalmente solare della Spagna. Straordinaria la Carneiro nello scandire con acuta sensibilità e affettuosa partecipazione la leggiadra Seguidilla, che percorre il primo numero della seconda suite, Los vecinos: i vicini, riuniti al mulino, che ballano, durante un’animata serata andalusa. Particolarmente energico si è fatto il gesto della direttrice portoghese nella Danza del molinero: il mugnaio che, invitato dalla moglie, si esibisce in una Farruca dal carattere greve e quasi violento, con l’orchestra che scandiva gli accenti ritmici in fortissimo. Un tripudio sonoro dai brillanti colori si è goduto nella Danza final, una Jota, in cui ancora una volta l’orchestra si produceva in una vigorosa pulsazione ritmica, interrotta da volate ascendenti del pianoforte e dell’arpa, ad accompagnare la danza di tutto un villaggio, che celebra la sconfitta del Corregidor, mancato seduttore della bella molinera.
Ben diversa, rispetto a quella ricevuta dal Sombrero di De Falla, fu l’accoglienza riservata a Le sacre du printemps alla sua prima rappresentazione, avvenuta al Theatre des Champs-Élysées il 29 maggio 1913, con i Ballets Russes su coreografia di Nižinskij: fu un memorabile fiasco! Il pubblico non comprese il carattere rivoluzionario di questa partitura che, tra sovrapposizioni politonali e sonorità violente riesce – magico Stravinskij! – a valorizzare splendidamente i timbri dei singoli strumenti. Il balletto doveva, nelle intenzioni di Stravinskij e Roerich – ideatore di scene e costumi –, rappresentare la cerimonia, attraverso la quale tribù slave fedeli al dio Yarilo, all’inizio della primavera, offrivano in sacrificio una fanciulla, che danzava fino alla morte, a propiziare fertilità.
Anche qui Joana Carneiro ha dato il meglio di sé, dominando con indiscutibile autorevolezza la complessa partitura stravinskiana, da cui ha estratto tutta la tellurica energia, che diffusamente vi è racchiusa, senza trascurare il fascino timbrico di questa musica, così cara alle Avanguardie musicali anche per l’evidente preponderanza del parametro ritmico. Come sempre estraniante è risultata la melodia lituana affidata, in apertura della Prima parte, al fagotto nel registro acuto, seguito da corno inglese, oboe e tromba piccola, che hanno evocato un mondo primordiale. La sezione successiva, costituita da Les Augures printanières – Danses des adolescentes, ha rivelato un carattere percussivo, fondandosi sulla sovrapposizione di due accordi posti a distanza di semitono, ripetuti in modo ossessivo con una pulsazione che rompeva la simmetria delle battute. Qui, come altrove nella partitura, il ritmo si è affermato nella sua piena autonomia, costruendo da solo la forma musicale; il che si è rilevato anche nel successivo frenetico Jeu du rapt, dominato dalla lotta fra diverse misure in ottavi. La pulsazione è rallentata in Rondes printanières, mentre in Jeux des cités rivales il ritmo si è fatto di nuovo concitato, con un motivo già esposto in Jieu du rapt, ripreso dai corni. In Cortège du Sage – Le Sage la sonorità dell’orchestra si è arricchita per l’intervento di tam-tam e grancassa, finché tutto si è placato su un accordo di fagotti, timpano e controfagotto. La prima parte si è chiusa con Danse de la terre, in cui si sono sprigionate le forze della natura. La seconda parte si è aperta con rarefatte suggestioni timbriche: flauti, oboi, corni e archi hanno prodotto sonorità glaciali, fondate su un intreccio bitematico, i cui due temi si sono successivamente presentati separatamente in Cercles mystérieux des adolescentes e in Action rituelle des ancêtres. In Glorification de l’Élue la musica ha evocato bagliori primordiali, tra potenti colpi di percussione e violenti accordi dissonanti. La dimensione collettiva, presente in Evocation des ancêtres e Action rituelle des ancêtres, è venuta meno in Danse sacrale (L’Élue), dove la musica, con l’implacabile pulsare di un ritmo ossessivo, ha portato in primo piano la vittima sacrificale che, sola di fronte alle forze della natura, completamente sfinita dal suo parossistico danzare, si immola per il bene comune. Interminabili applausi, con qualche acclamazione, per Joana e tutta l’orchestra.