Carlo Broschi (Andria, 24 gennaio 1705 – Bologna, 16 settembre 1782). A 240 anni dalla morte
Su quello che è stato il più acclamato cantante lirico castrato sono state scritte pagine e pagine. Solo grazie alle pagine scritte per la sua voce e su quello che scissero su di lui i suoi contemporanei, ne abbiamo intuito le straordinarie caratteristiche vocali.Farinelli faceva sfoggio di un’estensione di tre ottave su una voce di timbro splendido, limpidissima dolcissima ma anche vibrante e potentissima. Fenomenale virtuoso. Broschi sfoggiava un trillo pieno e granito a tutte le altezze e uno dei suoi numeri più ammirati erano le successione di trilli, ora rapidi, ora lenti. Eseguiva i vocalizzi con eccezionale nitidezza e rapidità; e sovente poi questi passaggi, d’una lunghezza inusitata, erano da lui poi portati a termine senza riprendere fiato. Appunto la fenomenale lunghezza dei fiati gli consenti di emergere anche nelle “messe di voce”: attacchi in pianissimo, graduale e lento ampliamento fino al fortissimo, smorzatore – sempre lento e graduali – e quindi attacco, senza interruzione, di un passaggio vocalizzato. il suo trascendentale virtuosismo si manifestava in modo particolare nelle “arie di tempesta” (le più fantasmagoriche, forse, del teatro del Settecento, giàcchè la voce imitava i moti ondosi del mare, La furia del vento, il terrore dei naviganti) e in quelle con violino o con tromba concertanti nel corso delle quali la voce emulava le più ardue evoluzioni dello strumento spesso improvvisando. Farinelli era, infatti un improvvisatore di grande fantasia e perizia ma fu anche un cantante espressivo, attore nobile e compostissimo, dalla dizione chiara, dell’accento eloquente, dal fraseggio che poteva essere tenero come solenne e che spesso raggiungeva una grande pateticità. Da molti è stato considerato e ricordato come il maggior cantante lirico mai esistito.