Ruggero Leoncavallo (1857-1919): “Zingari” (1912)

Opera in un atto e due quadri su libretto di Enrico Cavacchioli e Guglielmo Emanuel, liberamente ispirato al poemetto di Alexander Puskin. Prima rappresentazione: Londra, Teatro Hippodrome. 16 settembre 1912.
Primi interpreti: Rinalda Pavoni (Fleana), Egidio Cunego (Radu), Armando Santolini (L’Anziano), Ernesto Caronna (Tamar). Ruggero Leoncavallo (direttore).
La notte del  16 settembre 1912 un telegramma partiva da Londra annunciando il trionfo che il pubblico dell’Hyppodromo aveva decretato, a una nuova opera italiana: “Alla gentile consorte mio Valente collaboratore sono lieto comunicarle successo entusiastico Zingari. Omaggi. Leoncavallo “. il messaggio, indirizzato a Milano, alla moglie di uno dei due librettisti, Enrico Cavacchioli (l’altro era n Guglielmo Emanuel) andava a rasserenare le comprensibili ansie per quel battesimo londinese.
Il giorno dopo, ai consensi del pubblico si aggiunse anche quello della stampa. I maggiori quotidiani inglese non non mancarono di sottolineare che certe arie erano state “Addirittura trissate”: il Daily News, poi, terminava la cronaca scrivendo: “Alla fine ci fu una dimostrazione ed entusiasmo quale probabilmente non accompagnò neppure la nascita dei più grandi capolavori musicali”. Due anni dopo, un altro telegramma giungeva a Cavicchioli dalla Germania: “Dopo entusiastica accoglienza Zingari… Magonza brindando trionfo maestro continuo perpetuatore genio arte italiana “.Era il 6 marzo 1914: il sopraggiungere della guerra e, al termine del conflitto, la morte di Leoncavallo nel 1919, avrebbero chiuso il cammino a questa opera che il pubblico italiano aveva ascoltato al teatro lirico di Milano, nell’interpretazione della celebre Eugenia Burzio, il 30 novembre 1912, pochi mesi dopo la prima londinese. Si arriva quindi in epoca contemporanea, negli anni ’60, quando, per merito di alcuni organismi radiofonici europei,  i quali,  rispondendo con entusiasmo alle sollecitazioni dell’editore Carlo Beltrame nelle cui mani gli eredi di Leoncavallo  avevano rimesso la partitura e i diritti dell’opera (edita, la prima volta, da Sonzogno), Zingari tornarono ad essere eseguiti. Fu un avvenimento musicale, tanto più se si pensa a ciò che disse, testualmente l’autore: “Negli Zingari ho dato il meglio di me stesso e io considero questa mia nuova opera come la migliore da me scritta dopo Pagliacci”. Giudizio forse un po’ azzardato, che però uscì di bocca a un musicista di cui non si conosceva abbastanza la consapevolezza artistica, la serietà di intenti, l’acutezza critica. Aveva lavorato otto mesi ininterrottamente: e il carteggio del musicista con i librettisti fa emergre la profonda cura con cui egli si immerse nella composizione di questa sua nuova “creatura”. Leoncavallo sperava, oltretutto, di svincolare una buona volta  Pagliacci dal “tandem” con la Cavalleria mascagniana. D’accordo accanto ai furori di Santuzza si accostavano bene quelli di Canio: ma Leoncavallo sentiva di poter chiedere alla propria vena compositiva altre passioni di canto, alte tensioni drammatiche, descrivere un nuovo “uno squarcio di vita” nel quale si muovessero altre creature drammatiche come il suo tragico Pagliaccio. Il pometto di  Puskin  gli aveva fornito la materia adattissima raccontando una storia che si prestava alle sue intenzioni melodrammatiche.
La vicenda
Fleana (soprano), una giovane e bella zingara, accampata con la sua tribù sulle rive del Danubio, ricambia l’amore di Radu (tenore), un principe rumeno che per spirito d’avventura ha lasciato le sue Terre. In una sera di primavera, le nozze vengono celebrate secondo l’usanza gitana: il vecchio capo degli zingari (bariton) scalfisce la mano dei due sposi, affinché il sangue di entrambi, mescolandosi, suggelli il patto d’amore. Trascorre un anno, Fleana vive ancora con Radu, ma il suo animo è cambiato. Si è invaghita del giovane zingaro Tamar (baritono). Una notte Radu, svegliandosi all’improvviso, non trova più Fleana al suo fianco. Corre a cercarla: da una capanna gli giungono, ad un tratto, alle voci di lei e di Tamar. Folle di gelosia, Radu chiude dall’esterno la porta della capanna per poi darle fuoco. Richiamati dalle fiamme accorrono gli zingari che vorrebbero liberare gli occupanti, ma Radu sbarra loro il passo, armato di coltello, finché il tetto della capanna non crolla in fiamme. Gli zingari si lanciano contro Radu per fare giustizia ma prima ad essere raggiunto il principe si ferisce a morte con il suo stesso coltello.
Il viaggio di Zingari riparte il 28 novembre 1963 quando, le stazioni radio olandesi,  (AVRO) trasmettono per la prima volta l’opera sotto la direzione di Fulvio Vernizzi, con le voci di Edith Amedeo, Aldo Bertocci, John Derksen, Vinicio Cocchieri. Segue la ripresa alla RAI di Torino nel 1970. Si segnalano riprese poi a Montecatini nel 1999, Montpellier (2014), fino alle più recenti di Milano, nel 2019 (pubblicata da Bongiovanni) e, in edizione critica, a Londra, diretta da Carlo Rizzi, che uscirà prossimamente in cd per Opera Rara.
In allegato il libretto dell’opera

 

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