Verona, Il Settembre dell’Accademia 2022: Santtu-Matias Rouvali e la Philharmonia Orchestra

Verona, Teatro Filarmonico, Il Settembre dell’Accademia 2022
Philarmonia Orchestra di Londra
Direttore Santtu-Matias Rouvali
Violinista Sayaka Shoji
Sergej Prokofiev: Concerto per violino e orchestra n. 2 in sol minore op. 63; Jean Sibelius: Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 43
Verona, 15 settembre 2022
Proseguendo nel solco delle prestigiose realtà sinfoniche londinesi, al Filarmonico di Verona è arrivata la gloriosa Philarmonia Orchestra, una delle più celebri compagini al mondo. Fondata nel 1945 da Walter Legge allo scopo di realizzare incisioni discografiche per la EMI, fu diretta negli anni da Thomas Beecham, Wilhelm Furtwängler, Otto Klemperer e soprattutto da Herbert von Karajan che la portò a livelli di vera eccellenza; nel 1964 lo stesso Legge, che pure l’aveva fondata, ne decise lo scioglimento ma i musicisti si riunirono in una cooperativa autonoma rifondando l’orchestra con il nome di New Philarmonia e continuando la collaborazione con altri direttori come Lorin Maazel, Riccardo Muti e Giuseppe Sinopoli. A Verona si è presentata con il suo attuale direttore principale, Santtu Matias Rouvali, giovane interprete dotato di notevole carica espressiva e di focosa energia interpretativa: il programma, particolarmente interessante, offriva all’ascolto pagine di bellezza raffinata e non troppo frequentate nella città scaligera dunque l’occasione era davvero irrinunciabile. In apertura di programma vi era il Concerto n. 2 in sol minore per violino e orchestra op. 63 di Sergej Prokofiev, scritto durante una lunga tournée concertistica, e dedicato al violinista francese Robert Soetens; eseguito nel 1935 a Madrid, ottenne da subito un enorme successo di pubblico e di critica. Abbastanza tradizionale nella forma, getta uno sguardo alla musica popolare russa ben combinata con la raffinata perizia sinfonica di Prokofiev il quale si concede persino il lusso di inserire nella partitura il tamburo e le nacchere. Solista al Filarmonico era la violinista giapponese, ma formatasi artisticamente in Europa, Sayaka Shoji: la sua preparazione poggia su di un’ampia varietà di esperienze personali e culturali, di uno studio assiduo ed intenso e di debutti in sedi prestigiose avvenute in giovane età. Il suo approccio a questo Prokofiev è avvenuto con una forte carica emotiva e sviluppato in una singolare tenzone tra la cantabilità (il richiamo ai temi popolari russi) e la componente percussiva del brano in uno straordinario gioco di tinte e colori sinfonici frutto di un’intesa perfetta con l’orchestra ben sintonizzata sulla lunghezza d’onda della solista. La seconda parte del concerto prevedeva la Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 43 di Jean Sibelius, la più popolare ed eseguita del musicista finlandese. Composta tra il 1900 e il 1902, è una sinfonia sostanzialmente romantica ed incline alla tradizione europea grazie all’afflato melodico che la pervade, più vicino al calore mediterraneo che all’impeto nordico ma senza rinunciare a quella componente eroica propria di un certo nazionalismo; del resto i finlandesi vi trovarono da subito un chiaro messaggio patriottico in un’epoca in cui il loro paese era assoggettato all’Impero russo. Chiamata anche Sinfonia della liberazione, Sibelius stesso si compiaceva di averle dato una connotazione classica e profondamente coerente nello sviluppo dei temi. Qui l’orchestra londinese ne ha dato una lettura estrema, dando fondo a tutte le sue risorse straordinarie sfoderando un suono ampio, generoso, travolgente soprattutto negli archi (magnifici i pizzicati) e mirabilmente esplicato nel bellissimo tema poggiante su tre note ascendenti che nel finale vibra di una passionalità quasi italiana. Splendida l’intesa tra i musicisti della Philarmonia e il loro direttore in una simbiosi pressoché perfetta; Rouvali, dal gesto funzionale e musicalissimo, ha guidato l’esecuzione con grande espressività e naturalezza disarmante. Al termine è giunto il consenso di un pubblico ampiamente soddisfatto e pago di una serata davvero indimenticabile, segno che in fondo anche nella programmazione si può osare qualcosa di più dei soliti brani di repertorio. Foto Brenzoni