Como, Teatro Sociale: “Don Giovanni”

Como, Teatro Sociale, Stagione Notte 2022/23
DON GIOVANNI”
Dramma giocoso in due atti su libretto di Lorenzo da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Don Giovanni GUIDO DAZZINI
Don Ottavio DIDIER PIERI
Il Commendatore PIETRO TOSCANO
Donna Elvira MARIANNA MAPPA
Donna Anna ELISA VERZIER
Leporello ADOLFO CORRADO
Masetto FRANCESCO SAMUELE VENUTI
Zerlina GESUA GALLIFOCO
Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano
Coro OperaLombardia
Direttore Riccardo Bisatti
Maestro del Coro Diego Maccagnola
Regia Mario Martone
Scene e Costumi Sergio Tramonti
Luci Pasquale Mari
Coproduzione Teatri di OperaLombardia, Fondazione Teatro Regio di Parma, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia.
Allestimento Teatro San Carlo di Napoli
29 settembre 2022
Henry James nel suo – magistrale – romanzo del 1901 “La fonte sacra” si interroga circa l’effettiva dinamica dell’invecchiamento e del mantenimento della giovinezza. Lo scrittore americano arriva a concludere che a mantenere giovane una persona sia l’amore che riceve da altre creature, che a loro volta si consumano per esse; solo quindi l’amore vero e ricambiato diventa una sacra fonte di perpetua giovinezza, di incorruttibile vitalità in entrambi gli innamorati. Ci siamo già posti la medesima domanda, traslandola sulla regia teatrale: com’è possibile che regie vecchie di venti o trent’anni ancora oggi risultino attuali, innovative, capaci di catturare lo spettatore? Ahinoi, l’amore del pubblico qui c’entra ben poco, e il mistero permane. Non ci resta che constatare, quindi, questi mirabili esempi che sembrano battere la prova dei Tempi, e riconoscerne l’indiscutibile valore. La regia di “Don Giovanni” di Mario Martone può ben rientrare in questo novero, e benissimo ha fatto il circuito di OperaLombardia a riportarla in scena a vent’anni dalla sua ideazione per il San Carlo di Napoli: la scena lignea, dominata da una tribuna da plaza de toros, che si estende anche ai bordi e oltre alla cavea, ideata dallo stesso Martone insieme a Sergio Tramonti, ci porta al centro dell’azione; i costumi – sempre di Tramonti – tradizionali ma bell’impatto visivo, ci riportano all’atmosfera settecentesca dell’originale, conferendo anche una certa allure alla produzione (specie quelli di Donna Anna); le dinamiche tra personaggi sono vive e ben sviluppate, e si avvalgono di prove fisiche anche importanti (basti pensare al povero Leporello, tutto preso a correre, saltare, rotolarsi ecc); infine, anche gli “effetti speciali” sul finale, cioè lo sprofondamento della tribuna tra le fiamme, sono ben riusciti e perfettamente funzionali alla scena. Insomma, a parte qualche svista alle luci di Pasquale Mari, questa produzione fila a puntino, e tende anche ad essere in più punti avvincente, aderendo a una storia che già di per sé da sempre affascina il pubblico – e forse qui la regia avrebbe potuto calcare la mano sugli aspetti più nichilisti e “rivoluzionari” del burlador de Sevilla, mentre così per lo più rimaniamo sul seduttore di donne, prepotente e snob. La compagine musicale di questa ripresa, poi, è dichiaratamente giovane: ventiduenne e molto talentuoso è il maestro Riccardo Bisatti, che non si lascia scappare una nota, una sfumatura, tenendo la scena incollata all’orchestra e godendo chiaramente dei momenti più sinfonici (l’ouverture, ma anche la dannazione di Don Giovanni); anche quando una spada cade in cavea colpendo una viola e un violino, Bisatti non si scompone e continua preciso come un metronomo, col sangue freddo dei maestri più navigati, a spremere ogni colore della ricca e lunga partitura mozartiana. Non ancora trentenne il protagonista, Guido Dazzini, interessante bass-baritone di bel colore e bel carattere, forse qua e la un po’ in affanno, ma sensibile fraseggiatore. Didier Pieri, dall’alto dei suoi trentatrè anni, è il veterano di questo cast: il suo Don Ottavio è “leggero”, ma la linea di canto è precisa ed omogenea: particolarmente apprezzata nell’aria “Dalla sua pace”. Dalla vocalità un po’ troppo chiara ci è parso il  Commendatore del basso Pietro Toscano, ma comunque ben impostato e d’intonazione precisa. Uscita da “Fabbrica”, l’accademia per i giovani dell’Opera di Roma, Marianna Mappa è una Donna Elvira scenicamente ben coinvolta, anche se vocalmente riscontriamo delle imprecisione nel canto d’agilità, e anche il fraseggio potrebbe essere maggiormente curato. Elisa Verzier (Donna Anna) è, invece, interprete “disperata” ma senza eccessi, giustamente alla ricerca dell’ambiguità che il personaggio sottilmente mantiene fino al finale (vittima o carnefice di Don Giovanni? Amorosa o tiranna di Don Ottavio?). Oltre alla sensibilità espressiva, la Verzier vocalmente sfoggia un bel timbro, una solida tecnica, che si rivela nel sapientissimo uso di belle mezzevoci: è lei la più applaudita della serata. Classe ’94 è Adolfo Corrado (Leporello), un’altra scoperta positiva: la voce è ben impostata e sonora in tutta la tessitura e sfoggia una natura teatrale disinvolta e di sicuro impatto. Il ventiseienne Francesco Samuele Venuti (Masetto) mostra una musicalità naturale, accompagnata a una bella e consapevole presenza scenica; vocalmente è un baritono dal suono piacevolmente pastoso e dai colori luminosi. Infine, Gesua Gallifoco è pure una brillamte Zerlina, dal timbro argentino e l’ariosa linea di canto, fraseggiatrice accurata, specie nel duettino “Là ci darem la mano” e in “Batti batti, o bel Masetto”. L’apporto del coro di OperaLombardia (ben istruito dal maestro Diego Maccagnola) è stato pure senz’altro apprezzabile, sia nelle scene più spumeggianti della festa nuziale, sia sul finale, quando dalla buca hanno intonato le voci dei diavoli. Insomma, l’apertura di stagione del Teatro Sociale di Como non avrebbe potuto rivelarsi più riuscita, nonostante il diluvio torrenziale fuori dal teatro e telefonini sempre in mano al suo interno – ma, almeno su quest’ultimo aspetto, non siamo fiduciosi che il tempo migliori. Foto Alessia Santambrogio