Modena, Teatro Comunale Pavarotti-Freni:”Tannhäuser”

Modena, Teatro Comunale Pavarotti-Freni, Stagione 2022/2023
“TANNHÄUSER”
Opera in tre atti su libretto e musica di Richard Wagner
Landgraf TIJL FAVEYTS
Tannhäuser CORBY WELCH
Wolfram von Eschenbach BIRGER RADDE
Walther von der Volgelweide MARTIN MAIRINGER
Biterolf YOUNG KWON
Elisabeth LEAH GORDON
Venus ANNE SCHULDT
Heinrich der Schreiber CHRISTIAN STURM
Reinmar von Zweter GERRIT ILLENBERGER
Un giovane pastore JULIA DUSCHER
Paggi* SERENA CUSIMANO, SILVIA DILENGE, ANNA ELVEZZI, BIANCA MEREGALLI, ELENA SOFIA NATIVIO, ELENA PIGNATTI, ERIKA RANIERI, SOFIA SERENI
Orchestra dell’Emilia Romagna Arturo Toscanini
Czech Philharmonic Choir Brno
Direttore Marcus Bosch
Direttore e primo Maestro del coro Petr Fiala
Secondo Maestro del coro Michael Dvořák
*Dal coro delle Voci bianche del Teatro Comunale di Modena
Maestro preparatore Paolo Gattolin
Regia Georg Schmiedleitner
Scene Stefan Brandtmayr
Costumi Cornelia Kraske
Luci Hartmut Litzinger
Nuovo allestimento.
Coproduzione Opernfestspiele Heidenheim, Fondazione Teatro Comunale di Modena
Fondazione I Teatri di Reggio Emilia
Modena, 11 novembre 2022
Come reagirebbe lo zoccolo duro di melomani emiliani ad una caricatura della cosiddetta regia tedesca? Ci vuole ben poca fantasia per immaginarselo, ma con ogni evidenza il Direttore Artistico Aldo Sisillo, che deve avere una mentalità scientifica, ha voluto fare un esperimento empirico.
Durante l’Ouverture l’annoiato Tannhäuser, tuta simil Adidas nera con lampo aperta sul petto nudo, si passa il tempo giocando alle slot machines e bevendo birra a collo: le ragazzette di Venere, una sorta di ex bagascia che fatica a lasciare il mestiere (ci sono casi simili persino nel mondo dell’opera…) non lo attizzano più. Ma la vecchia Venere è piena di risorse, e fa arrivare due ragazzi, nudi con pelliccia e trolley, pronti da sculacciare. Però, in fondo il sipario non è mica brutto. Ma non c’è niente da fare, Tannhäuser non ne può più del Motel Venusberg, e dopo un’ultima cavalcata con Venere se ne parte con la sua borsa di pochi stracci: forse è un vagabondo, un senzatetto. Incontra subito un pastorello munito di rasta e chitarra, dall’aria stupefacente, che gli offre da bere. Vengono allora i pellegrini, in fila con i più tintinnanti carrelli e cestini della spesa, che protestano additando il giornalino delle offerte: sarà la vendita delle indulgenze? Ma chi si rivede! I nobilissimi cavalieri stanno allegramente gozzovigliando con le loro birre, si portano dietro anche la cassetta di plastica piena di bottiglie, da veri professionisti. Il Langravio invece si distingue per il completo tirolese con tanto di cappello altamente piumato.
Nel bel mezzo del primo inno a Venere Tannhäuser, Corby Welch, è stato interrotto da un limpidissimo “Sei inascoltabile!” piovuto dal loggione, cui ha fatto seguito un vociare generale. Si contesti, ma è buona norma aspettare almeno la fine di una frase. Al termine del secondo intervallo la Direzione ha tempestivamente annunciato che il tenore avrebbe portato a compimento la recita nonostante una “fastidiosa indisposizione”. Vedendo giocata la carta della umana pietà, il pubblico lo ha esentato da altre contestazioni finali (o forse è solo che parecchi hanno lasciato il teatro al primo intervallo). La voce è di grandi dimensioni ma il timbro è piuttosto aspro, rauco, opaco, l’emissione violenta, spinta, forzata e faticosa. Capita spesso di incontrarlo nel campo wagneriano: è il tenore a fiammiferi, prodigo di possenti e sonore fiammate cui seguono lunghi periodi di suoni poco convincenti. Ma perché prendersela tanto con lui quando c’è una Venere disgraziatamente calante, Anne Schuldt, dotata di voce aguzza e tagliente, con attacchi sporchi dal basso? Ha dovuto aspettare i saluti finali per ricevere i suoi “buuu”.
Il secondo atto è iniziato con tutt’altra energia. Elisabeth, Leah Gordon, è comparsa in platea: la sala dei cantori è quella del teatro. Voce generosa di armonici, dal timbro pieno, corposo, che un po’ si svuota nel registro grave, ma lo sa dosare, è lei la trionfatrice dell’infausta serata: riceve anche un convinto e inconsueto applauso dopo la sua aria d’entrata, a prova che il pubblico non è prevenuto ma sa distinguere. E questo inizio del second’atto è anche il luogo in cui meglio si trovano realizzati gli intendimenti del direttore Marcus Bosch, che giustamente ricerca sonorità meno pachidermiche, tempi più agili e snelli, dinamici. Per un’opera che guarda a Mendelssohn, a Beethoven e al Weber del Freischütz, quindi al singspiel. E, pensandoci, l’opera è fatta di parecchia musica di scena: Tannhäuser canta inneggiando a Venere, i cantori in gara non possono che cantare, i pellegrini cantano la loro devozione. Nell’entrata di Elisabeth tutta questa ricerca si percepisce, un senso di freschezza e di spontaneità musicale ha spezzato, seppure per poco, l’imbarazzo penoso di uno spettacolo così gratuitamente sgradevole, triviale, offensivo. Sì, perché Tannhäuser, ricomparso con la stessa felpa in versione dorata, disturba le esibizioni degli altri cantori, li incita urlando Dai! Dai! Dai!, grida sguaiatamente Bravo!, ondeggia la fiammella del suo accendino, ride fragorosamente. Il Langravio in smoking con una sorta di collare massone ha estratto dalla busta dorata (“Quale sceglie, la uno la due o la tre?”) il tema della gara, l’Essenza dell’Amore, ed ora è sul punto di chiamare il Sior Notaio, perché l’indisciplinato cantore non solo molesta e violenta le signorine presenti che si turano il naso al suo passaggio, ma si abbassa i pantaloni e serenamente piscia nel bel mezzo della Wartburg. Non sta fermo un momento, si diverte a far tremare il palco saltando su e giù dalla pedana sulla quale si esibiscono i cantori: non è body shaming, è la regia a mettere in evidenza in ogni modo il fisico Falstaffiano del nostro contestato Tannhäuser.
Intanto però, niente storie: Tijl Faveyts è un basso di tutto rispetto, soltanto negli acuti la voce perde un po’ di corpo. Fra i cantori, il vincitore è il Wolfram di Birger Radde, squillante, solido, lucente, voce non particolarmente ricca di armonici ma che corre per il teatro grazie alla buona emissione. E poi, soprattutto, capace di un fraseggio vario e intelligente. Nel terzo atto i Pellegrini ritornano tutti in nero, con berretti neri, le donne coi capelli tinti di rosso-viola. Wolfram, curiosamente martoriato sul busto, parla con la sua stella preferita (e canta con grande dolcezza), poi incontra Tannhäuser ricomparso con un impermeabile rosso, sotto il quale non indossa che gli slip. Ora, sollevato dal pubblico annuncio dell’indisposizione, si sente esentato dalle fiammate e ci restano solo le cavernose ruvidezze. Ritorna Venere, ma in abiti dimessi: da quando il protagonista dell’opera l’ha lasciata gli affari non sono andati bene per il suo motel, e lei ora si conferma giustamente calante. Il coro si dispone intorno alla platea per il finale, che appaga il pubblico. Ma, colpo di scena, Wolfram strozza Tannhäuser, e poi si sgozza. Compare Venere, ritornata ai vecchi splendori, e con lei Elisabeth, convertita a prostituta, che sgambetta allegra verso nuovi orizzonti.Intendiamoci. Non è questione di gusti o di partiti presi. Che sia “tradizionale” o “moderno”, “decorativo” o “di regia” un allestimento può essere bello e intelligente oppure brutto e non riuscito. L’esito in questo caso è infelice. Perché scade nel ridicolo; perché le due scene antitetiche del Venusberg e della Wartburg sono sostanzialmente la stessa scena, il che è inammissibile; perché nell’ouverture al tema della redenzione corrispondevano cosciotti sguazzanti in una piscinotta vuota d’acqua ma piena di gonfiabili coccodrillo e Nemo gigante; perché l’allestimento in tutto e per tutto antimusicale distrae cantanti e pubblico; perché è uno stravolgimento drammatico di cui si stenta a cogliere il senso. Se qualcuno aveva dei dubbi, sappia che non c’è alcun rapporto di proporzionalità diretta (né inversa) fra immaginario grottesco, ributtante e intelligenza, raffinatezza della concezione registica. Lo spettacolo ha penalizzato tutti. Ma il pubblico ha capito e ha giustamente premiato Elisabeth, Wolfram, il Langravio, il Maestro Bosch con la Toscanini e l’ottimo Czech Philharmonic Choir Brno, con il suo Maestro Petr Fiala.