Roma, Scuderie del Quirinale:”Arte Liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra”


Dal 16 dicembre 2022 al 10 aprile 2023
Scuderie del Quirinale Via XXIV Maggio 16 – 00187 ROMA
E-mail:info@scuderiequirinale.it
call center+39 02-92897722
A cura di Luigi Gallo e Raffaella Morselli organizzata dalle stesse Scuderie in collaborazione con la Galleria Nazionale delle Marche, l’ICCD – Istituto Centrale per il catalogo e la Documentazione e l’Archivio Luce – Cinecittà.

È sempre il momento giusto per fare quello che è giusto.
(Martin Luther King)

Se dovessimo raccontare la mostra ARTE LIBERATA Capolavori salvati dalla guerra 1937-1947 probabilmente dovremmo parlare più che di arte di eroi ,quelli che solitamente vengono chiamati Giusti e che vengono animati dal fuoco della rettitudine e della giustizia al di sopra ogni cosa e della loro stessa vita:perché al di là degli straordinari capolavori che vengono presentati nelle sale delle Scuderie del Quirinale ci vengono raccontate storie di persone che con ruoli diversi, incarichi differenti hanno sacrificato e rischiato ogni cosa per salvare il nostro patrimonio artistico. E basterebbe solo questo per affollare le sale della mostra, ma un nuovo male probabilmente assale la salvaguardia e la fruizione: il poco interesse verso il nostro passato e la poca attitudine all ammirazione ed alla riconoscenza. I titoli altisonanti, gli artisti di richiamo ed il marketing anche nell’ambito espositivo solleticano il fruitore ma in questo straordinario allestimento i curatori regalano solo e semplicemente un commovente tributo ai tanti coraggiosi che hanno saputo tutelare e preservare tutto ciò che ora custodiamo alle volte con scontatezza e non è poco.Ci vuole coraggio e talento ad omaggiare in un contesto espositivo così ampio e conosciuto per mostre ricche e celebrative contenuti così intimi. Certo che le straordinarie opere non mancano all’appello e l’impianto è assolutamente notevole:luci ben armonizzate, strutture di fondo dei quadri che riproducono i cassoni dove un tempo i nostri capolavori venivano custoditi dai bombardamenti e dalle razzie per non parlare delle didascalie accuratissime e di grande chiarezza.La tensione la si avverte con l’audio diffusione dei discorsi di Hitler e di Mussolini e nelle prime sale il rosso delle bandiere naziste fanno da sfondo a statue e capolavori venduti o regalati per assurdi intrecci politici o di piaggeria.Non è un caso che la prima sezione si apre con il Discobolo Lancellotti.Una storia tra le tante.
Nota è la fascinazione di Hitler nei confronti del mondo classico. Pur se le sue preferenze andavano piuttosto al mondo greco, Hitler ammise di essere stato particolarmente colpito dai monumenti della romanità durante la sua visita ufficiale a Roma, nel maggio del 1938. E i grandiosi progetti urbanistici elaborati da Albert Speer, l’architetto del regime, a partire da quelli mai attuati per la nuova Berlino, assumono come modello inequivocabile l’architettura romana. 
In realtà, l’ammirazione del dittatore era rivolta ad una classicità di maniera, quella che meglio si adattava all’ideologia razzista, cardine della politica nazista. È a questi ideali formali che si rifà del resto Leni Riefenstahl, nel suo film capolavoro del 1938, Olympia, destinato a celebrare le Olimpiadi svoltesi nel 1936 in una Germania risorta dalla catastrofe della guerra. In quelle sequenze di grandissima suggestione, proprio all’inizio e subito dopo l’acropoli ateniese, la camera accompagna l’immagine della candida statua del Discobolo di Mirone che sfuma in quella di un discobolo moderno, un atleta dai tratti inevitabilmente “ariani”, sottolineando come meglio non si potrebbe la continuità fra la bellezza classica e quella della razza germanica, erede predestinata della prima. 
La statua fin dal 1909 era stata vincolata con la notifica di opera di alto interesse nazionale, provvedimento che ne inibiva l’esportazione. Nonostante questo, furono intraprese trattative con il Metropolitan Museum di New York, che si arenarono per la richiesta economica dei Lancellotti, giudicata eccessiva. Nella primavera del 1937 il principe Filippo d’Assia giunse in Italia a capo di una speciale Commissione voluta dal Führer per l’acquisto di opere d’arte: in cima alla lista dei desiderata, era il discobolo Lancellotti. Mussolini stesso diede speciali disposizioni affinché le richieste dell’alleato tedesco fossero soddisfatte e a nulla valsero le resistenze del ministro dell’Educazione Giuseppe Bottai: il Discobolo fu acquistato dal governo tedesco per la cifra di 5 milioni di lire, pagati in contanti al principe Lancellotti. 
La statua sarà esposta nella Glyptothek di Monaco di Baviera, dove il 9 giugno 1938 sarà ufficialmente presentata come dono al popolo tedesco. 
Il Discobolo rappresentava non solo un ideale di bellezza, ma incarnava il vero e proprio simbolo iconico di quella Herrenrasse, la razza superiore, per il trionfo della quale Hitler non esitò di fronte alle peggiori perversioni e a trascinare l’Europa in una delle pagine più funeste della sua storia.
A guerra finita, il Discobolo, confluito in uno dei Collecting Points gestiti dall’esercito alleato per organizzare le operazioni di restituzione delle migliaia di opere sequestrate dai nazisti, fu oggetto di concitate trattative che videro a capo della delegazione italiana, Rodolfo Siviero. Esperto d’arte collegato ai servizi segreti, a Siviero si deve il rientro di moltissime delle opere requisite dai tedeschi in Italia. Le forti resistenze e le pressioni tedesche che non esitarono a rivolgersi al Presidente americano contro la restituzione della statua, furono alla fine superate grazie all’abilità e alla determinazione della task force italiana e il 16 novembre 1948 il Discobolo partì da Monaco alla volta dell’Italia per essere esposto, con altre opere, nel 1950, nella seconda mostra nazionale organizzata per celebrare le restituzioni.
Ma come vennero tutelate le nostre opere dai bombardamenti? L’Italia Unita con a capo uomini e donne delle varie sovrintendenze o enti museali e non solo si adoperarono a trasferire quadri, sculture, libri, reperti archeologici in località remote e spesso lontane ma prima di ogni cosa a catalogarli ,imballarli con cura durante notti silenziose aggravate dall’ansia di non avere il tempo per terminare le operazioni.Non solo si dovevano prontamente svuotare i musei ma anche il percorso all’interno del nostro territorio aveva bisogno di permessi ed autorizzazioni ottenuti con forza e determinazione se non anche con la complicità di moltissimi dirigenti segretamente o spavaldamente conosciuti come ostili al regime.T reni, camion alle volte malandati e spesso guidati di notte senza fari o una semplice utilitaria come una Topolino se non biciclette erano i soli mezzi che potevano essere utilizzati per chi poi non si avventurava a piedi. C’è da riconoscere che lo Stato Vaticano svolgerà un ruolo importantissimo in queste operazioni ed all’interno delle sue mura custodirà molte casse ricolme di bellezza.Mentre molte città verranno distrutte e bombardate, chiese scoperchiate e bruciate,teatri sfondati da bombe e l’Italia intera verrà violentata dalla guerra, i nostri capolavori nel buio di saloni e stanze nascoste respiravano all’interno di cassoni in legno sommessamente e silenziosamente attendendo di rinascere ad una nuova luce.
C’ è una “Resistenza dell’arte” ed ha molti nomi e molte storie che devono essere ricordate, condivise e studiate. Questa mostra parla di questo.
Bisogna dare lustro alle intuizioni, alle scelte, ai pericolosi corsi e romanzeschi risultati di un gruppo di eroine ed eroi del nostro retaggio culturale:uomini e donne che sentivano sopra le loro spalle la responsabilità enorme di fronte all’umanità intera di non tradire il loro amore per la bellezza e l’arte.
E così i capolavori esposti di Piero della Francesca, Luca Signorelli, Federico Barocci, Giovanni Santi, Antonio Viviano e moltissimi altri qui esposti regalano una cornice di raffinata bellezza ad un percorso che ha come centralità la vita e le scelte di uomini Giusti.
Anche pochi Giusti possono salvare l’idea di speranza e di futuro, perché provano che l’essere umano, pur all’interno della sua fragilità, ha la possibilità di diventare arbitro del proprio destino.Scegliere è un atto di libertà individuale che permette ad ogni essere umano di porsi come argine nei confronti del male e ricordare le storie di questi uomini mostra il fondamento concreto di ciò che chiamiamo speranza. Foto Alberto Novelli