Roma, Teatro Quirino: “Il malato immaginario”

Roma, Teatro Quirino, stagione 2022/23
“IL MALATO IMMAGINARIO”
di Molière
Argante EMILIO SOLFRIZZI
Tonina,serva di casa LISA GALANTINI
Angelica,figlia di Argante VIVIANA ALTIERI
Dottor Purgone SERGIO BASILE
Belania,seconda moglie di Argante ANTONELLA PICCOLO
Cleante,innamorato di Angelica CRISTIANO DESSI’
Beraldo,fratello di Argante ROSARIO COPPOLINO
Luigina,figlia minore di Argante CECILIA D’AMICO
Tommaso Trasuda,”Tommasino” LUCA MASSARO
Adattamento e Regia Guglielmo Ferro
Scene
 Fabiana di Marco
Costumi Santuzza Calì
Musiche Massimiliano Pace
Produzione Compagnia Molière La Contrada -Teatro Stabile di Trieste
Roma, 06 dicembre 2022
..esiste un motivo per cui la mia persona, che è unica e irripetibile, è al mondo, e che esistono cose alle quali mi devo dedicare al di là del quotidiano e che al quotidiano conferiscono la sua ragion d’essere; la sensazione che il mondo, in qualche modo, vuole che io esista, la sensazione che ciascuno è responsabile di fronte a un’immagine innata, i cui contorni va riempiendo nella propria biografia”James Hilmann, Il codice dell’animaUno tra i capolavori più noti del genio di Molière torna  in scena al Teatro Quirino, con Emilio Solfrizzi nel ruolo del protagonista Argante, il malato immaginario e la regia di Guglielmo Ferro.
Molière è stato il più grande commediografo del Seicento, l’inventore della commedia borghese di costume, perché descrisse la condizione sociale e la psicologia dei personaggi ed affrontò con l’arma dell’ironia argomenti ritenuti “scandalosi” e “pericolosi” dalla classe dominante, perché considerati una minaccia per l’ordine sociale. Fra le categorie sociali accusate d’ipocrisia morale e incompetenza, egli mise anche quella classe medica che aveva la pretesa di voler guarire le malattie sulla base di una falsa erudizione e di regole cliniche ormai superate.
Le commedie di Molière, nelle quali si fa uso della “comicità” borghese e dell’ironia, si possono considerare dei “drammi morali”, perché analizzano i comportamenti umani attraverso la loro distorsione, degradazione e depravazione: l’amore è ridotto a oppressione; la fede è ricerca d’interessi profani come la sensualità e la cupidigia; la libertà diventa rifiuto delle regole sociali in nome di un ribellismo ipocrita; l’onestà e la lecita ricerca del profitto sono degradate a un’insensata smania di ricchezza; il desiderio di arricchimento culturale è sostituito da un’erudizione macchinosa e pedantesca. Lo spettacolo portato in scena non tradisce le intenzioni più vere dell’autore inserendo solo alcune licenze al testo (citazioni a Totò ed alla commedia napoletana di Eduardo De Filippo per esempio nella pienezza delle pause e della mimica facciale)tanto da poter sicuramente apprezzare il lavoro del regista Guglielmo Ferro che ha saputo rispettare ed integrare con vivacità e capacità creativa un capolavoro dell’umanità senza portarlo ad estremi irriconoscibili come spesso accade pur di creare effetti di novità di cui per altro Moliere non necessita. Le bellissime scene di Fabiana Marco puntano sulla verticalità con un impianto centrale con scale e cassetti che all’occorrenza si aprono e si trasformano in elementi di scena utili allo svolgimento dello spettacolo. Le scale a chiocciola all’interno di questo totem in legno di fattura raffinatissima sono gli intestini del protagonista che vengono scalati da Argante nei momenti di maggiore ansia e pressione cosi come il suo malessere percorre le sue viscere ormai straziate da clisteri e trattamenti inutili per curare chi è solo vittima di una malattia non immaginaria ma dello spirito:la paura di vivere. Il protagonista sente che il pericolo viene dall’esterno quando in realtà il vero sabotatore di se stesso è solo la sua incapacità di rischiare di voler esistere attivamente un mondo che in fin dei conti lo chiama. Bellissimi e molto curati i costumi di Santuzza Calì con punte di eccellenza nella caratterizzazione farsesca del personaggio di Tommasino vestito e truccato come un giullare coerentemente alle scelte registiche di farne una caricatura. Ipnotiche ed ossessive (come l’ipocondria del protagonista)le musiche di Massimiliano PaceEmilio Solfrizzi è un Argante mai scontato che sa dosare la sua comicità fatta di tempi scattanti e espressioni di forte intensità senza mai negare un sottotesto drammatico. Il personaggio dell’ammalato non è soltanto un uomo su cui ridere ma anche un misero che raggiunge ad un certo punto una consapevolezza ben lucida seppure ancora non centrata:un eroe tragico “ante-litteram”. Bellissima ed intensa la scena finale in cui l’ attore affronta un dialogo con se stesso e con le sue paure attraverso dei pupazzi di pezza che rappresentano il suo mondo famigliare, le persone di cui si è circondato e che a modo suo cerca di posizionare dandone finalmente un ruolo emotivo. La solitudine di non essere visti è il dolore più grande di un ipocondriaco ed Emilio Solfrizzi riesce con grande capacità a regalarci questo aspetto che risuona di grande attualità. Lisa Galantini (Tonina) è frizzante ed un’ ottima spalla al protagonista.La sua cadenza ed i suoi pigli in scena fanno ricordare molto il teatro dell’arte italiano di Goldoni (una Mirandolina per intenderci); non è mai scontata ed ha dei tempi straordinari di ingresso sul parlato creando dei ritmi sempre serrati e sferzanti così come il personaggio richiede incarnando un po’ quell’archetipo della donna forte,astuta e volitiva senza risultare eccessiva e poco simpatica. Sergio Basile (Dottor Purgone) è veramente un vero mattatore. La sua recitazione non si sposta molto da quella classica per questo genere di ruolo:una recitazione ampliata dove riesce con pienezza a varcare le naturali e logiche necessità dell’espressione ed allargando spesso i tempi ed intensificando i suoni per dare maggiore enfasi al suo personaggio.Bene anche Antonella Piccolo (Bellania,la seconda moglie di Argante),Viviana Altieri (Angelica, figlia di Argante), Rosario Coppolino (Beraldo,fratello di Argante), Cecilia D’Amico (Luigina), Cristiano Dessì (Cleante,innamorato di Angelica) e divertente tanto da meritare applausi scroscianti da parte del pubblico Luca Massaro nel ruolo del goffo e disagiato Tommasino. Un pubblico divertito e partecipe con risa ed interventi di grande consenso sia durante lo spettacolo che nel finale con un tributo tutto speciale al mattatore della serata Emilio Solfrizzi. Repliche fino all 11 dicembre.