Genova, Teatro Carlo Felice, Stagione Lirica 2022-2023
“DIE FLEDERMAUS” (Il Pipistrello)
Operetta in tre atti su libretto di Carl Haffner e Richard Genée da Le reveillon di Henri Meilhac e Ludovic Halévy.
Edizione in lingua originale.
Musica di Johann Strauss jr.
Gabriel von Eisenstein BO SKOVHUS
Rosalinde VALENTINA NAFORNIŢA
Frank LEVENT BAKIRCI
Prinz Orlofsky DENIZ UZUN
Alfred BERNHARD BERCHTOLD
Dr. Falke LIVIU HOLENDER
Dr. Blind BENEDIKT KOBEL
Adele DANAE KONTORA
Ida ALENA SAUTIER
Frosch UDO SAMEL
Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice Genova
Balletto Fondazione Formazione Danza e Spettacolo “For Dance”ETS
Direttore Fabio Luisi
Maestro del Coro Claudio Marino Moretti
Regia Cesare Lievi
Scene e Costumi Luigi Perego
Luci Luigi Saccomandi
Nuovo allestimento in coproduzione con la Fondazione Teatro Comunale di Bologna.
Genova, 8 gennaio 2023
“Die Fledermaus (Il Pipistrello)” che è titolo quasi “d’obbligo”, al di là delle Alpi, per le feste di Fine d’anno, da noi sale solo eccezionalmente su un palcoscenico. In Italia poi permane una certa diffidenza per l’operetta, in teatro d’opera, e si soffre oltremisura per la miscela dialogo-canto. Se si ha poi, complice la TV, una certa dimestichezza con Le Vedove Allegre in italiano, non altrettanto col Pipistrello. Pochi artisti l’hanno in repertorio o vogliono metterselo. È quasi sempre necessario ricorrere a cast stranieri e a soprattitoli e, allo stesso tempo, rassegnarsi alla perdita della vivacità e dell’immediatezza di una piena comprensione del brillante testo. Haffner e Genée sono gli autori dell’intricato libretto, ricavato da una piéce di Meilhac e Alévy, i librettisti di Bizet. La musica è di Johann Strauss figlio; l’opera ebbe la sua prima rappresentazione all’An der Wien il 5 aprile 1874. L’azione si basa sulla rivincita che il notaio Dr. Falke si vuol prendere, nei confronti dell’amico Eisenstein che, per burla, l’aveva costretto a vagare una notte intera, come un pipistrello, per le vie di Vienna. Da qui il nomignolo che gli “amici”, gli avevano appioppato. Questa trama, tra equivoci e infedeltà coniugali, si concretizza durante un Reveillon di Capodanno a Vienna. Siamo a Vienna, capitale di un impero sulla strada della decadenza. L’arte, la letteratura, la scienza, la musica, che ancora fanno di Vienna una capitale sfolgorante per cultura: Si continua a danzare al ritmo di walzer e polke, per poi andare discretamente a stendersi sul divanetto di Freud. Dal 31 dicembre all’11 gennaio, a Genova, il Carlo Felice offre un nuovo allestimento della Fledermaus. Lo spettacolo sconta con l’efficace regia di Cesare Lievi, le belle e funzionali scene e i variopinti costumi pop di Luigi Perego. Le luci di Luigi Saccomandi, accortissime nella solare luminosità del primo atto e nella penombra dell’oscuro carcere del terzo, avrebbero dovuto essere più glamour nella troppo casta festicciola di casa Orlofsky. Lievi ha elaborato, ahinoi! una ormai inevitabile drammaturgia parallela che prevede la presenza costante di un gigantesco e mostruoso “struzzone”, a significare che quella era una società che poneva la testa sotto la sabbia. L’avremmo capito benissimo, anche senza la presenza in scena del brutto e ingombrante uccellaccio. Fabio Luisi, grande direttore di casa, con una memorabile Ouverture, ha dato un’indimenticabile e positivo avvio alla serata. Non è stato il vorticoso e affannato turbinio di altre bacchette, ma la nostalgica rivitalizzazione di un passato, forse migliore, forse felice. L’orchestra del Teatro Carlo Felice ha, con grande adesione e convinzione, sposato e assecondato le intenzioni direttoriali. L’accordo buca-palcoscenico è stato encomiabile e gli interventi solistici si son levati sempre corretti ed efficaci. A Luisi nulla è sfuggito; la routine ne è risultata assolutamente bandita. Senza alcun dubbio, la direzione del genovese è stata la punta di diamante della serata. La compagnia di canto, di sicura professionalità ha mostrato altalenanti qualità vocali e pareva importata in massa da un teatro di repertorio della provincia austriaca. Il soprano moldavo, dall’affascinante figura, Valentina Naforniţa (Rosalinde), in un personaggio sovente appannaggio delle grandi eroine straussiane, non ha brillato né per chiarezza di dizione né per facilità di canto. La voce, nei centri sfumava e impallidiva per diventare “fissa” in acuto. Danae Kontora, vivace damina di biscuit, nei panni leggeri di Adele ci stava a meraviglia. Il canto fluido e piacevole, agilità eseguite con precisione e gusto, recitazione spigliata ed efficace. L’Orlofsky di Deniz Uzun, con un canto e una recitazione impeccabili, evitava le volgari sguaiataggini che, assai sovente, caratterizzano il personaggio. Il cast femminile si completava con la Ida di Alena Sautier, poche son le battute per lei e poche le note, ma il risultato è comunque positivo. La figura piacevole e la spigliatezza completano la positività della prova. Bo Skovhus (Eisenstein) è parso protervo ed aggressivo (troppo?) nella sicura recitazione anche se la lunga carriera fa apparire la sua voce alquanto inaridita, sbiancata. Levent Bakirci, riveste i panni di Frank, il direttore del carcere, canta e recita con professionale proprietà. La figura distinta e il fisico asciutto rendono credibile l’attrazione che esercita su Adele. Bernhard Berchtold, austriaco purosangue, nei panni di Alfred, rappresenti benissimo la delicatezza e la gentilezza del tenore di grazia da operetta. Forse la voce si è un po’ sbiancata ma non hq perso in efficacia. Liviu Holender (Falke) e Benedikt Kobel, poco cantano e molto recitano e questo lo fanno da provetti ed esperti professionisti. Rimane il carceriere Frosch di Udo Samel, un attore caratterista di irresistibile comicità. Rimarranno, certamente nella memoria degli spettatori, i pochi minuti in cui Frosch, uscito di quinta, porta il servizio del thè fino alla scrivania del direttore Frank: dieci esilaranti infiniti passi. A Genova poi, la troncatura della i finale e l’annullamento della doppia elle del nome Bellini, trasformano il nome stesso nell’intercalare più ripetuto dai liguri. Questo Uda l’ha saputo fare con eleganza, senza eccessi. Il coro del teatro, preparato da Claudio Marino Moretti, ha fatto la sua parte e con disinvoltura si è mosso nel turbinio delle danze. Nella festa in casa Orlofsky si sono esibiti i ballerini Della Fondazione Formazione Danza e Spettacolo “For Dance” ETYS. Usciti da una scatola di panettone, vestiti da rossi Pierrot, tra fluide movenze si son spogliati del rosso per rimanere, purtroppo senza ironia e senza malizia, “in bianco”. Forse un tocco di erotismo avrebbe giovato. Il numeroso pubblico ha molto apprezzato lo spettacolo. Molti applausi per tutti, in particolare per il direttore Luisi e per il formidabile carceriere.