Teatro Alla Scala, Stagione Lirica 2022/2023
“SALOME”
Dramma in un atto dall’omonimo poema di Oscar Wilde nella traduzione tedesca di Hedwig Lachmann
Musica di Richard Strauss
Herodes WOLFGANG ABLINGER-SPERRHACKE
Herodias LINDA WATSON
Salome VIDA MIKNEVIČIŪTĖ
Jochanaan MICHAEL VOLLE
Narraboth SEBASTIAN KOHLHEPP
Ein Page der Herodias NORBERT ERNST
Ein Perückenmacher LIOBA BRAUN
Fünf Juden MATTHÄUS SCHMIDLECHNER, MATTHIAS STIER, PATRICK VOGEL, PATRIK REITER, HORST LAMNEK
Zwei Nazarener JIRÍ RAJNIŠ, SUNG-HWAN DAMIEN PARK*
Zwei Soldaten ALEXANDER MILEV, BASTIAN THOMAS KOHL
Ein Kappadozier MATÍAS MONCADA*
Ein Sklave HYUN-SEO DAVIDE PARK*
*Allievi dell’Accademia Teatro alla Scala
Orchestra del Teatro alla Scala
Direttore Alex Kober
Regia Damiano Michieletto
Scene Paolo Fantin
Costumi Carla Teti
Luci Alessandro Carletti
Coreografia Thomas Wilhelm (ripresa da Erika Rombaldoni)
Produzione Teatro alla Scala
Milano, 17 gennaio 2023
È un sollievo poterci finalmente godere dal vivo questa Salome scaligera, che incontra a due anni di distanza il pubblico milanese dopo una singola trasmissione in streaming, registrata a teatro vuoto durante la pandemia. Già sostituito da Riccardo Chailly nel 2021, il previsto Zubin Mehta deve purtroppo cedere nuovamente il podio per motivi di salute. Anche in questa occasione il subentro è tuttavia di altissimo livello e prevede l’esperta bacchetta di Axel Kober, eccellenza nel repertorio tedesco qui al personale debutto in Scala. La sua è una lettura sempre controllata ma altrettanto viscerale, in grado di spremere dalla partitura tutta la sua potenza valorizzandone altresì le ambiguità e le tinte fosche, con particolari accenti sulle sonorità insinuanti dei fiati e sul turgore di ottoni e percussioni. Ciò che il Maestro riesce ad ottenere con trasporto e tecnica impeccabile dall’Orchestra del Teatro alla Scala è uno Strauss nella sua più schietta crudezza, contraltare straordinario di una regia altrettanto spietata, come vedremo in seguito. Altro debutto scaligero accolto da unanime favore di pubblico e critica è quello della protagonista Vida Miknevičiūtė. Salome già acclamata a livello globale (Helsinki, Vienna, Melbourne), conquista anche il Piermarini affrontando questo ruolo monstre con un’apparente naturalezza quasi spiazzante. Il soprano lituano vanta una vocalità solida e avvolgente in grado di adattarsi con facilità ad ogni impervio passaggio della partitura, omogenea in ogni altezza e mai fuori fuoco. Nondimeno, la potenza dello strumento è sempre modulata con sofisticata musicalità e attenzione espressiva nel porgere ogni frase, doti che unite alla carismatica presenza sul palco ci restituiscono una Salome di struggente impatto emotivo nella sua inquietante contraddittorietà. Veterano su queste tavole è invece Michael Volle, un Jochanaan di lusso. Monumentale tanto nella struttura vocale quanto nella presenza scenica, il baritono tedesco interpreta un Battista ieratico e minaccioso, scagliando le sue maledizioni con vigoroso timbro brunito e tonante sacralità. Efficace Wolfgang Ablinger-Sperrhacke nell’impersonare un Erode tanto viscido quanto pavido, al fianco di Linda Watson nei panni di un’Erodiade nevrotica e volutamente sopra le righe, entrambi molto ben cantati. Notevole il Narraboth di Sebastian Kohlhepp, squillante e memorabile nell’intenzione interpretativa, delineando con raffinatezza il fragile capitano che disperatamente si toglie la vita per Salome. Nuovamente positiva la prova di Lioba Braun, riconfermata dopo il debutto 2021 (in questo allestimento nei panni di un’anziana governante in tailleur bordeaux, più che nel classico Paggio en travesti di Erodiade). Eccellente anche l’apporto di tutti gli altri comprimari, nessuno escluso. L’allestimento ideato da Damiano Michieletto, come anticipato, ha il pregio di esaltare tutta la crudezza esistenziale insita nella Salome straussiana e nell’omonimo poema di Wilde, la spietatezza del racconto di una torbida tragedia infantile con traumi irrisolti che si trasfigurano in nuova violenza. Nei passati lavori del regista abbiamo spesso dovuto subire il vizio della sovrastruttura, quell’egocentrica smania di sovrapporre livelli su livelli di lettura atti a rivedere anche pesantemente l’opera in una chiave contemporanea fine a se stessa per darci un taglio personale, con soluzioni spesso forzate e gratuite. Quello che ci sorprende in questa produzione è invece il preciso intento, diametralmente opposto, di togliere. Togliere fino ad arrivare alla carne, alle ossa e infine all’anima.
Così le scene spoglie di Paolo Fantin ci catapultano in uno spazio mentale e intimo dove assistiamo al consumarsi della tragedia nella sua essenza. Sintetica ed efficace è l’impostazione monocromatica, in cui un ambiente bianco e asettico viene man mano sporcato dal rosso e dal nero, simboli del male che incombe sull’innocenza: la terra sparsa da Jochanaan alla sua prima profezia; l’incombente luna nera calata dall’alto che si trasforma in una sorta di pendolo, segno di una fine inesorabile; gli onnipresenti angeli della morte le cui piume si spargono man mano ovunque, nonché il sangue che loro stessi versano da una coppa dorata prima sull’agnello sacrificale e poi sul collo di Salome durante il tragico epilogo (figure, queste, spesso ridondanti ma efficaci nel rimarcare il sapore onirico e freudiano della lettura); i fili scarlatti che intrappolano l’abito candido della protagonista indossato nel finale della Danza dei Sette Veli, spogliata di ogni sapore esotico per rievocare spietatamente le violenze che Salome subì da bambina; la voragine nera al centro del palco, che di volta in volta funge da cisterna dove Jochanaan è prigioniero, dove giace sepolto il padre Erode Filippo, dove Salome si getta nel finale correndo in avanti, per ricongiungersi nel delirio alla visione del suo io-bambina, togliendosi la vita.
Anche i sobri costumi di Carla Teti sono efficaci nel sottolineare l’atemporalità dei temi trattati, trasponendo elegantemente la vicenda nel tipico contesto alto-borghese caro alle messinscene contemporanee. Funzionali al racconto anche le abbaglianti luci di Alessandro Carletti e le coreografie di Thomas Wilhelm riprese da Erika Rombaldoni. Al termine caloroso successo per tutti, con prolungate e fragorose ovazioni all’indirizzo della protagonista Vida Miknevičiūtė e del maestro Axel Kober. Consigliamo di non perdere le repliche del 24, 27 e 31 gennaio. Foto Brescia & Amisano