Roma, Mercati di Traiano, Museo dei Fori Imperiali: “1932, L’elefante ed il colle perduto”

 

Dall’8 aprile al 24 maggio 2022, PROROGATA al 5 marzo 2023

Prorogata sino al 5 Marzo la mostra “1932, L’Elefante ed il colle perduto”continua ad occupare gli spazi dello straordinario complesso dei mercati di Traiano. La mostra presenta i resti fossili di elefante (Elephas antiquus) trovati alla base della collina Velia e un centinaio di reperti archeologici, progetti grafici e opere d’arte, interamente provenienti dalle collezioni capitoline, alcuni dei quali identificati in occasione di recenti ricerche ed esposti al pubblico per la prima volta. Promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura ha come tema centrale un anno che vedeva Roma protagonista/vittima di importanti lavori urbanistici :il 1932. In soli due anni infatti tra 1931 e 1932, fu sbancato nel cuore di Roma un colle, la Velia, che si estendeva tra le pendici dell’Oppio e le propaggini del Palatino, separando l’area dei Fori Imperiali dal Colosseo. L’intervento da un lato risolveva la necessità di collegare piazza Venezia, via Cavour e i nuovi rioni del Celio e dell’Esquilino, dall’altro consentiva la realizzazione di una strada monumentale e scenografica da piazza Venezia al Colosseo. Si trattava di una passeggiata unica al mondo fiancheggiata dai monumenti della città antica che si andavano recuperando con le demolizioni del Quartiere Alessandrino, in atto dal 1924. La nuova arteria cittadina, che prese il nome di via dell’Impero (l’attuale via dei Fori Imperiali), fu inaugurata il 28 ottobre 1932 in occasione della celebrazione del decennale della Marcia su Roma, divenendo da quel momento luogo privilegiato delle parate e dei riti del regime fascista.
Il prezzo pagato dal patrimonio artistico e archeologico, a causa di questo sbancamento, fu molto alto. Si iniziò con lo smantellamento pressoché totale del giardino di Villa Rivaldi, che si estendeva sulla sommità del colle fino alle spalle della Basilica di Massenzio. Fu quindi intaccata la stratificazione archeologica, che si rivelò ricchissima di testimonianze di epoca romana, in particolare i resti di una domus con affreschi ben conservati e numerose statue. Ma la scoperta più sorprendente fu fatta il 20 maggio 1932, quando vennero alla luce numerosi resti di fauna fossile, tra i quali il cranio e la zanna di elefante Elephas (Palaeoloxodon) antiquus costituiscono il reperto più famoso. La notizia ebbe immediata risonanza sulla stampa. Antonio Muñoz, Direttore della X Ripartizione Antichità e Belle Arti del Governatorato di Roma e supervisore dei lavori, scrisse che «qui, sotto la collina della Velia era il giardino zoologico della Roma preistorica». Le operazioni di recupero si svolsero con grande celerità: l’Elephas, rimosso frettolosamente, fu poi trasportato nell’ Antiquarium Comunale del Celio, «dove è stato dimenticato», come avrebbe poi scritto Antonio Cederna.
Interessante ricordare come i ritrovamenti di fossili avvenivano anche nell’antichità , anche se piuttosto raramente. Nell’antica Grecia per esempio alcuni li consideravano resti di organismi viventi (Erodoto, Senofone ) altri scherzi della natura. Tra questi Aristotele, il cui parere influenzò la Chiesa che durante il medioevo sosterrà questa tesi. Alcuni fossili venivano spiegati come originati dagli dei (Ammoniti = corna di Ammon, dio egizio). Altri venivano identificati come ossa dei giganti. I crani fossili di piccoli elefanti che vivevano in Sicilia circa 500 mila anni fa, erano indicati dai romani per esempio come la prova dell’esistenza dei ciclopi. Il foro della proboscide era infatti interpretato come il grande occhio centrale. Lo studioso romano Plinio il Vecchio teorizzò l’origine biologica dei fossili.
Le quattro sezioni dell’allestimento ripropongono l’intervento dello sbancamento del colle Velia, alcune pitture che ritraggono i vari lavori di distruzione del giardino di Villa Rinaldi ,  testimonianze della decorazione pittorica del criptoportico di una grande domus di epoca imperiale romana intercettata dagli sterri ed infine sono esposti i resti del cranio e della difesa (zanna) sinistra dell’elefante antico Elephas (Palaeoloxodon) antiquus, rinvenuto nello strato geologico a circa 11 metri dalla sommità della collina. Come spesso accade nelle mostre archeologiche al di là del reperto la fruibilità e la giusta introduzione temporale del ritrovamento e quindi la contestualizzazione sono da ritenersi tra le prime cose che il visitatore “consuma” non solo in termini di lettura ma nell’insieme in una dimensione estetica. Questa mostra contenuta ma di grande eleganza per esposizione e scelte di allestimento regala al di là dei reperti esposti bellissimi disegni , acquerelli e chine di autori spesso fin troppo dimenticati come Odoardo Ferretti (un pittore romano, acquerellista, professore e maestro di disegno e ornato) e di Maria Barosso (pittrice torinese stabilitasi a Roma e nota per la riproduzione della pittura della Villa dei Misteri). Il sonoro poi dei filmati dell’Istituto Luce dovevengono raccontati gli interventi di demolizione echeggiano tra le sale immergendoci totalmente in quella dimensione di propaganda quando l’arte era un mezzo di propaganda politica.
“Dopo secoli, l’impero riappare sui colli fatali di Roma” ebbe a dire Mussolini durante il comizio del 9 maggio 1936, mentre nel frattempo accostava la sua figura a quella dell’imperatore Augusto generando dei danni non solo reali e fisici al patrimonio archeologico di Roma ma alla storia dell’Antica Roma in genere.
Ancora oggi, simboli propri della romanità come il fascio littorio, emblema del potere dei consoli, non può essere esibito in pubblico per motivi precauzionali, così come alcuni luoghi comuni (come il saluto romano a braccio teso, in realtà inesistente nell’antichità) sono duri a morire.E ancora di più, la commistione fra personali convinzioni politiche odierne e storia, genera una  visione straordinariamente distorta, lontana dalla lungimiranza, seppur brutale, del mondo romano.
La mostra prorogata sino al 5 Marzo è una straordinaria occasione per i romani e non solo di riscoprire cose da anni abbandonate nei depositi e riappropriarsi nuovamente degli spazi straordinari ed unici dei Mercati di Traiano.