Genova, Teatro Carlo Felice: “Un ballo in maschera”

Genova, Teatro Carlo Felice, Stagione Lirica 2022-2023
“UN BALLO IN MASCHERA”
Melodramma in tre atti su libretto di Antonio Somma da Gustave lll ou le bal masqué di Eugène Scribe.
Musica di Giuseppe Verdi
Amelia CARMEN GIANNATTASIO
Riccardo FRANCESCO MELI
Renato
ROBERTO DE CANDIA
Ulrica MARIA ERMOLAEVA
Oscar ANNA MARIA SARRA
Silvano MARCO CAMASTRA
Samuel JOHN PAUL HUCKLE
Tom ROMANO DAL ZOVO
Un giudice GIULIANO PETOUCHOFF
Un servo d’Amelia CLAUDIO ISOARDI
Orchestra e Coro  dell’Opera Carlo Felice Genova
Direttore Donato Renzetti
Maestro del Coro 
Claudio Marino Moretti
Regia 
Leo Nucci, ripresa da Salvo Piro 
Scene
Carlo Centolavigna
Costumi Artemio Cabassi
Luci 
Claudio Schmid
Allestimento Fondazione Teatri di Piacenza, Teatro Alighieri di Ravenna, Teatro Comunale di Ferrara.
Genova, 29 gennaio 2023
Il Ballo in Maschera è prodotto tipico della produzione verdiana della maturità. Il Carlo Felice ha scelto la versione tradizionale, frutto degli interventi censori che escludono re assassinati in terre vicine. Sì al conte e no al re, si all’oltre oceanica America e no alla prossima Svezia. Il timore dei cattivi esempi, in periodi di teste calde, imponeva cautele. Una vicenda d’amore che solo la carnalità della musica verdiana consuma, si incrocia con una gelosia cieca, Otello ante litteram, che uccide anche l’amicizia. Un bel calderone, ribollente di passioni, immagine di quello metaforico rimestato da Ulrica. In un 800 che rifiuta le storie dubbie, nell’opera c’è pure la metastoria del paggio en travesti, innamorato perso del suo conte.
La  regia di Leo Nucci, ripresa da Salvo Piro, non si fa imbrigliare e neppure tentare dal lato oscuro dei sentimenti e delle passioni. Si deve fare quanto il libretto prescrive, non possono esserci né sottintesi né provocazioni. Gli ambienti son ben disegnati, arredati e realizzati dalle scene di Carlo Cantolavigna e le luci di Claudio Schmid, trasformando le notti in giorno, non lasciano dubbi e velature. Se la festa conclusiva è opportunamente sfavillante, con meno ragione lo sono l’antro della veggente e l’orrido campo. I costumi di Artemio Cabassi ci rassicurano con fogge di un castigato settecento. Le donne presenti alle divinazioni di Ulrica, abbigliate come tante “Mamy di Via col vento, pur non essendoci, nel circondario di Boston, campi di cotone. Forse, tutte coltivano tabacco. A guidare la sempre efficientissima Orchestra dell’Opera Carlo Felice di Genova c’è il Maestro Donato Renzetti, “sonnacchioso” indagatore al levar di sipario per mostrarsi, forse rassicurato, nel prosieguo di recita, risoluto ed efficace demiurgo delle sorti musicali della serata. Una direzione energica la sua, drammatica, poco incline al divertissementLa compagnia di canto sconta la risolutiva ed entusiasmante presenza di Francesco Meli, divo di casa. Da almeno due lustri è l’interprete di riferimento per il Riccardo del Ballo. Voce, come sempre, dal timbro bellissimo e omogeneo. L’identificazione nel personaggio non ha crepe. Fin dal recitativo e dall’aria di uscita, con tutto il pubblico già conquistato dal tenore, si comprende che la sua sarà una recita di levatura. Nessuno verrà deluso. Roberto de Candia, già rossiniano di chiara fama, debutta, così ci è stato detto, Renato. Il personaggio ne esce a tutto sbalzo, pur con vocalità chiara, il carattere risoluto del personaggio ne viene ben disegnato. Precisione, correttezza musicale e piacevolezza del timbro premiano la scelta. L’ eleganza musicale, acquisita in anni di belcantismo, evita cadute di gusto. “Eri tu che macchiavi …”, uno dei momenti salienti e determinanti dell’opera è risultato efficace a conquistare i favori del pubblico genovese. L’Amelia di Carmen Giannattasio ha esibito una lussureggiante vocalità di soprano lirico, consona a definire con proprietà il personaggio. L’ampiezza e la perentorietà del fraseggio non sono state altrettanto ricche di colori e sfumature. Più rigida donna di casa che appassionata amante la nostra Amelia. La cantante poi, nel pomeriggio genovese, ci è parsa un po’ tesa nel lanciarsi nella non facile tessitura verdiana. Il pubblico non è stato comunque avaro di applausi. Maria Ermolaeva (Ulrica) nel cast alternativo, ha sostituito la titolare prevista, assente per indisposizione. Il suo “Re dell’abisso” ha evidenziato una “zona bassa” non troppo a fuoco, ma ha goduto di una ragguardevole compostezza del porgere e dell’assenza delle sguaiataggini che spesso ci vengono somministrate. Lo strumento, non particolarmente robusto, la penalizzata nelle scene d’insieme. Altrettanto “in miniatura” l’Oscar di Anna Maria Sarra. Bel porgere, timbro penetrante, attorialità efficace, “peso specifico” vocale da arricchire. Nell’ultima scena, che la vede in evidenza, abitando il proscenio ha saputo, efficacemente (e furbescamente), rafforzare la sua presenza. Marco Camastra si è ben disbrigato nei panni del marinaio Silvano, dal conte inaspettatamente beneficiato. Samuel John Paul Huckle e Tom Romano Dal Zovo sono stati i curiosi cospiratori che per la sempre fatale eterogenesi dei fini hanno ottenuto quanto volevano: la soppressione dell’inviso tiranno. Il Giudice Giuliano Petouchoff non ha invece ottenuto quanto la sua ferma voce chiedeva: la condanna di Ulrica “dell’immondo sangue dei negri” (sic!) qui, come da libretto, in scena. Claudio Isoardi un Servo d’Amelia, non si è fatto notare quindi, sicuramente, ha ben agito. Non c’è rimasto nella penna il Coro del Teatro Carlo Felice, diretto, con felice professionalità, dal Maestro Claudio Marino Moretti. Nel Ballo, il Coro è molto impegnato sia vocalmente che scenicamente, a Genova, nel pomeriggio del 29 gennaio, l’ha fatto con disinvoltura, denunciando una preparazione scenica e vocale superlativa. Teatro esaurito. Pubblico entusiasta. Applausi per tutti. Trionfo per Meli (anche se non c’è stato il richiestissimi bis di “Forse la soglia attinse…” ).