27 Aprile 2022 – 12 Marzo 2023
“I colori dei Romani.I mosaici dalle collezioni Capitoline.”
Centrale Montemartini – ROMA
La Centrale Montemartini è stata una centrale termoelettrica di Roma, nel quartiere Ostiense, poi dismessa e adibita a museo come sezione distaccata dei Musei Capitolini. Situata sulla via Ostiense, fu inaugurata il 30 giugno 1912 e divenne il primo impianto di produzione elettrica dell’Azienda Elettrica Municipale (AEM, antesignana di Acea). Intitolata all’ex assessore Giovanni Montemartini, deceduto in aula consiliare durante un dibattito nel 1913, la centrale fu poi dismessa nel 1963. Dopo circa trent’anni di abbandono e utilizzi vari, gli spazi della centrale furono restaurati da Acea e dal 1997 iniziarono ad ospitare il secondo polo dei Musei Capitolini. La maggior parte delle collezioni proviene da due stagioni di scavi: quelli condotti nella seconda metà del XIX secolo, dopo che Roma divenne la capitale del Regno d’Italia e quelli degli anni 1930 risalenti al ventennio fascista. Ad oggi le sue straordinarie sale danno spazio alla mostra “I Colori dei Romani.I mosaici dalle collezioni Capitoline. La mostra presenta un’ampia selezione di mosaici, capolavori delle collezioni capitoline: un significativo spaccato della società romana nel periodo compreso tra il I secolo a.C. e il IV d.C. Un evento importante per raccontare, attraverso la trama colorata di queste opere, brani di storia della città di Roma, illustrando nel modo più completo i contesti originari di rinvenimento. Accanto ai mosaici sono esposti anche gli affreschi e le sculture che insieme ad essi costituivano l’arredo degli edifici di provenienza; questa presentazione d’insieme consente di interpretare le scelte iconografiche, i motivi decorativi,l’aspetto formale delle opere come espressione del gusto e delle esigenze dei committenti.La ricca e preziosa documentazione d’archivio, messa a corredo delle opere esposte, illustra i rinvenimenti con foto storiche, acquarelli e disegni, testimonianze che aiutano a raccontare il clima e le circostanze che determinarono queste scoperte: le trasformazioni urbanistiche e il fervore edilizio che caratterizzarono la storia di Roma tra gli ultimi decenni dell’800 e i primi decenni del secolo scorso, quando, parallelamente al progressivo ampliamento della città per far fronte alla sua nuova funzione di capitale d’Italia, fu scritta una delle più “fortunate” pagine dell’archeologia romana.Alcuni dei mosaici esposti alla Centrale Montemartini sono stati presentati nel 2019 in una mostra di grande successo allestita in tre sedi dell’area geografica balcanica: la prima e la seconda dal titolo “Visioni colorate dell’antica Roma. Mosaici dai Musei Capitolini” nel National Archaeological Institute with Museum at the Bulgarian Academy of Sciences a Sofia (16 maggio-3 agosto 2019) e nella Galleria Nazionale dell’Armenia a Jerevan (9 agosto-29 settembre 2019), la terza dal titolo “Antica Roma a colori. Mosaici dai Musei Capitolini” nel Museo della Georgia Simon Janashia di Tbilisi (10 ottobre-10 dicembre 2019). L’esposizione si articola in quattro sezioni tematiche, all’interno delle quali il percorso segue un ordine cronologico. La prima sezione introduce alla storia dell’arte del mosaico. Le opere scelte rappresentano tutte le tipologie dei pavimenti e delle decorazioni musive parietali, consentendo di illustrare attraverso le tecniche, i materiali, i colori, i motivi decorativi, l’evoluzione stilistica e la trasformazione dell’arte musiva nel corso del tempo. Dal più semplice decoro alla più complessa narrazione, i mosaici esposti sono l’espressione più alta e raffinata di capacità tecnica e di ispirazione artistica.
La seconda sezione, contraddistinta dal colore verde, presenta i mosaici provenienti dalle dimore di lusso, che a partire dall’età repubblicana caratterizzavano alcuni settori della città antica. Il percorso segue un criterio cronologico, passando dagli esemplari più antichi – come il grande mosaico policromo a cassettoni, scoperto presso la Villa Casali al Celio – a quelli via via più recenti, fino ad arrivare al IV secolo d.C., epoca alla quale appartiene il mosaico con busto di stagione, forse parte dell’ornamento pavimentale di un edificio che ricadeva nella proprietà dell’imperatore Gallieno. Fa da quinta scenografica a questa sezione lo straordinario mosaico parietale con la scena della partenza di una nave dal porto, preziosissimo ornamento della domus di Claudius Claudianus, una ricca dimora che sorgeva sul Quirinale nella seconda metà del II secolo d.C. La ricchezza della casa era ostentata con preziose sculture e sontuosi oggetti di arredo, che sono stati per la prima volta presentati in questa mostra a testimonianza del prestigio sociale, del gusto abitativo e dell’esigenza di auto rappresentazione del proprietario.
La terza sezione ci presenta gli spazi del sacro e nello specifico quelli della basilica Hilariana. Questo spazio , sede del collegio dei sacerdoti addetti al culto di Cibele e Attis, è l’esempio emblematico di un apparato decorativo in cui tutti gli elementi dell’arredo concorrono alla narrazione del contesto e della sua funzione. I primi resti archeologici della Basilica Hilariana vennero alla luce tra il 1889 e 1890 durante gli scavi per la costruzione dell’ospedale militare del Celio. L’edificio aveva incredibilmente preservato in situ un insieme di reperti significativi per l’identificazione stessa del monumento, tra i quali due mosaici straordinariamente conservati, esposti nella sezione. Manius Poblicius Hilarus era il ricco mercante di perle che sostenne gli oneri finanziari per la costruzione della basilica che da lui prese il nome; sulla soglia dell’edificio l’iscrizione a mosaico recitava: “A chi entra qui, e alla Basilica Hilariana, siano gli dèi propizi”. Conosciamo anche il volto del generoso benefattore: si conservano, infatti, il suo ritratto e la base della sua statua, posta all’ingresso dell’edificio, che al momento della straordinaria scoperta fu accuratamente documentato con tavole acquarellate, anch’esse esposte in mostra con tutti gli elementi dell’apparato decorativo scultoreo e musivo.
La quarta sezione ci parla dei mosaici nelle necropoli del suburbio di Roma. Nel repertorio sepolcrale la decorazione – che si tratti di temi figurati, di motivi ornamentali o di soggetti mitologici – è volta sempre a esaltare le qualità del defunto e a rievocare i valori collettivi fondamentali della società romana. I mosaici presentati in questa sezione sono tutti cronologicamente inquadrabili nel II e III secolo d.C. e provengono da contesti funerari situati nelle aree suburbane della città. Con i suoi colori vivaci, il mosaico ottagonale con pavoni è un esempio emblematico di un motivo decorativo carico di significati escatologici e salvifici: il pavone, uccello sacro a Dioniso, perdendo ogni anno la coda e rimettendola in primavera con lo sbocciare dei fiori, allude alla rigenerazione oltre la morte. I documenti di archivio messi a corredo dell’esposizione mostrano il contesto di rinvenimento: il mosaico costituiva la parte centrale del pavimento di una ricca tomba di famiglia situata lungo la via Appia. Una mostra da visitare nonostante sia alquanto poco centrale e non così facilmente raggiungibile.