Roma, Teatro Parioli, Stagione 2022/2023
“ZIO VANJA”
di Anton Cechov
Adattamento e regia Roberto Valerio
Aleksandr Vladimiroviè Serebrjakov ALBERTO MANCIOPPI
Elena Andreevna CATERINA MISASI
Sof’ja Aleksandrovna MIMOSA CAMPIRONI
Marija Vasil’evna Vojnickaja ELISABETTA PICCOLOMINI
Ivan Petroviè Vojnickij (Vanja) GIUSEPPE CEDERNA
Michail L’Voviè Astrov PIETRO BONTEMPO
Il’ja Iliè Telegin MASSIMO GRIGO‘
Costumi Lucia Mariani
Luci Emiliano Pona
Suoni Alessandro Saviozzi
Allestimento Associazione Teatrale Pistoiese.
Produzione ATP Teatri di Pistoia Centro Produzione Teatrale con il sostegno di Ministero della Cultura , Regione Toscano
Roma, 08 Febbraio 2023
“ Oh, capisci… ( stringe convulsamente la mano di Astrov) capisci, se si potesse trascorrere quel che resta della vita in qualche modo, in modo nuovo. Svegliarsi in una limpida, tranquilla mattina e sentire che hai ripreso a vivere da capo, che tutto il passato è dimenticato, è svanito come fumo. ( Piange). Cominciare una vita nuova… Suggeriscimi come cominciare… da che cosa cominciare…” ( Zio Vanja , A. Cechov )
Il 26 ottobre del 1899 Anton Čechov fa rappresentare al Teatro d’arte di Mosca Zio Vanja. Assieme a Il Gabbiano è considerato uno dei drammi più importanti dello scrittore di Taganrog, in quanto rappresentazione di una realtà familiare intrisa di odio e di rancori inespressi. Roberto Valerio porta a Roma al Teatro Parioli il titolo curando adattamento e regia.Nella sterminata foresta russa, Sonja e suo zio Vanja portano avanti la tenuta di famiglia, lavorando giorno e notte. Il padre di Sonja, Alexandr, è un famoso professore e uomo di scienza, con una spiccata tendenza ipocondriaca, sposato con una giovane ed avvenente donna. L’equilibrio familiare viene rottoquando il professore decide di trasferirsi in campagna insieme a Sonja e Vanja, i quali sono costretti a sacrificare il loro tempo per dedicarlo ai capricci del vecchio capofamiglia. Vanja è appesantito dall’età che avanza e dalle delusioni che la vita gli ha riservato. Si rende conto di aver sprecato una vita intera per dedicarsi agli interessi di un uomo vile e mediocre come il professore. Sonja, invece, si innamora perdutamente del medico di famiglia, sempre più presente nella tenuta a causa dei continui presunti malanni del padre. Un amore che però non viene ricambiato, dato che il professore, a sua volta, perde la testa per l’avvenente moglie di Aleksandr. Nonostante le pièce cechoviane risalgano ai primissimi anni del secolo scorso, infatti, sarebbe un errore etichettarle come qualcosa di ormai arrugginito e incapace di comunicare qualcosa ai contemporanei. Anton Cechov, infatti, ha avuto l’incredibile capacità di leggere nel profondo dell’animo umano, cogliendo le fragilità, i reconditi desideri e le intime sofferenze dei suoi personaggi in un modo che rimane valido ancora oggi.
La cultura contemporanea, ci ha abituato a dominare le passioni, a controllare le emozioni, ad essere positivi e vivere la nostra vita con il buon senso della ragione. Čechov ci mostra come le cose non vadano sempre così, ci mostra come le passioni possano essere talvolta sconvolgenti, come possano fare naufragare rapporti consolidati e gettarci nel panico o nella apatia e la regia e l’adattamento di Roberto Valerio non tradisce questa straordinaria lettura del nostro esistere. Il regista infatti non perde mai di vista il testo originale facendo muovere i personaggi sempre in una dimensione di grande trasparenza e visibilità e non solo nei movimenti scenici, ma anche nelle profondità dell’anima di ognuno. I personaggi non nascondono nulla , grandezze e miserie dell’anima sono subito esplicite, non ci sono colpi di scena, non c’è niente da spiegare, la vita è così; il realismo cechoviano non sceglie mai vie di fuga ma affronta sempre in piena luce la sostanza dei sentimenti, la realtà dei fatti e questo adattamento teatrale non sente la necessità di celarlo. L’apatia dell’azione viene poi anche spesso verbalizzata facendo pronunciare in toni vigorosi e più volte agli attori in modo corale la frase “L’importante è agire” trasferendo al pubblico la dicotomia tra pensare ed il fare.
Il teatro di Čechov è un teatro da camera. Questa tipologia di messa scenica non prevede un grande sipario o un grande palco e neppure un grande pubblico ed il Teatro Parioli è assolutamente lo spazio perfetto: è minima la distanza tra attore e spettatore e anche le scene sono essenziali.
Questo allestimento dell’ Associazione Teatrale Pistoiese infatti non ha alcuno sfondo strutturato ma solo il nero della profondità del teatro sulla quale i vari elementi scenici (un albero, un tavolo, una credenza, un’ altalena) proiettano una dimensione di luogo che è anche un luogo metafisico e spirituale. Le emozioni, così, si fanno palpabili, le espressioni degli attori più evidenti e la voce più bassa e vicina, rendendo ancora di più l’esibizione intima e coinvolgente. Si tratta di un teatro basato sulla parola, capace di suggerire grandi spazi laddove il palco è ridotto; siamo in un salotto, eppure l’azione si svolge in un giardino. Se un attore sbaglia, infatti, il pubblico se ne accorge con facilità. E d’altra parte se uno spettatore parla, l’attore lo sente e può distrarsi. Insomma, non una tipologia di teatro adatta ad attori emergenti. E questo ha complicato non poco probabilmente la difficoltà della realizzazione di questo spettacolo sebbene la compagnia di attori è stata sicuramente apprezzabile. Le luci di Emiliano Pola regalavano profondità e sfumature al fondo della scena tagliando e rifinendo i vari passaggi temporali dello spettacolo e valorizzando i bei costumi di Lucia Mariani.Giuseppe Cederna ( Ivan Petroviè Vojnickij detto Vanja) è un attore di successo e conosciuto e non tradisce le aspettative; la sua interpretazione è intensa e ci regala aspetti del personaggio non sempre scontati. Al di là della perduta giovinezza , della frustrazione di una vita trascorsa con apatia e piena di rimpianti esiste nella sua interpretazione anche una componente di follia istrionica che in scena si esplica in acrobazie , repentini cambi di registro e buffe capriole. Vanja è buono e spiritoso, ma anche arrabbiato ed insolente. Bravissima Mimosa Campironi (Sof’ja Aleksandrovna) che ha saputo portare in scena con grandissima efficacia le varie evoluzioni emotive del suo personaggio: da giovane ed ingenua fanciulla innamorata è riuscita a crescere di intensità tanto che in poche battute abbiamo scoperto una donna tragicamente consapevole del suo destino attraverso una struggente interpretazione del monologo finale; anche per Sof’ja l’esistenza pare essersi già bloccata in un eterno presente fatto di fissità e rinuncia e dove l’unica consolazione è la promessa di una vita eterna nell’aldilà finalmente felice e fatta di riposo. Notevole l’interpretazione di Alberto Mancioppi (Aleksandr Vladimiroviè Serebrjakov) che ha saputo con grande equilibrio e senza alcun eccesso dare prova di una capacità attoriale solida e rassicurante. Bene Caterina Misasi (Elena Andreevna) così come funzionale la prova del resto del cast.
Pubblico numeroso che ha saputo con grande passione seguire un testo certamente impegnativo e che ha regalato calorosi applausi a tutti senza distinzione alcuna. Si replica fino al 12 Febbraio.