Milano, Teatro alla Scala: “La Bohème” in ricordo di Franco Zeffirelli

Milano, Teatro alla Scala, Stagione Lirica 2022/2023
“LA BOHÈME”
Opera in quattro quadri di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa da “Scènes de la vie di bohème” di Henri Murger.
Musica di Giacomo Puccini
Rodolfo FREDDIE DE TOMMASO
Marcello LUCA MICHELETTI
Colline JONGMIN PARK
Schaunard ALESSIO ARDUINI
Mimì MARINA REBEKA
Musetta IRINA LUNGU
Alcindoro/Benoit ANDREA CONCETTI
Parpignol HYUN-SEO DAVIDE PARK
Sergente dei doganieri GIUSEPPE DE LUCA
Un doganiere ALESSIO SENES
Un venditore ambulante LUIGI ALBANI
Coro e Orchestra del Teatro alla Scala
Direttore Eun Sun Kim
Maestro del coro ­Antonio Malazzi
Regia e scene di Franco Zeffirelli ripresa da Marco Gandini
Costumi di Piero Tosi ripresi da Anna Biagiotti
Milano, 7 marzo 2023
Quale modo migliore per celebrare a Milano il centenario dalla nascita di Franco Zeffirelli, se non riproporre la sua storica Bohème scaligera del 1963? Uno spettacolo immortale che giunge quest’anno a ben ventiquattro riprese e ci avvolge di nuovo nel suo eterno fascino pittorico che appaga l’occhio quadro dopo quadro, coinvolgendo costantemente lo spettatore grazie al maniacale studio registico nel caratterizzare i singoli e le masse (rimandiamo a questa nostra precedente recensione per una descrizione più approfondita dell’allestimento).
All’interno di una produzione così amata e rodata, ago della bilancia per decretare il successo dell’edizione odierna è certamente la qualità della proposta musicale, che ancora una volta non delude le attese e anzi le supera. 
Dopo il recente trionfo nei Vespri Siciliani, Marina Rebeka continua a mietere successi al Piermarini debuttando per la prima volta in questo teatro il ruolo di Mimì. Un’interpretazione che, se apparentemente manca di quella ingenuità fanciullesca propria del personaggio, brilla per profondità drammatica con varietà d’accenti uniti a un timbro assai morbido e corposo, screziato all’occorrenza da evanescenti mezzevoci. Tutte caratteristiche che la fanno emergere maggiormente nel terzo e nel quarto quadro, accorata nel “Donde lieta uscì” e magistralmente intensa nel tragico finale, che pur nell’intimità della scena risuona nelle sue corde come una sorta di requiem solenne, con un effetto singolare e struggente al tempo stesso. A lei si alterna in cartellone Irina Lungu, che questa sera veste invece i panni Musetta. Una scelta di particolare interesse assegnare allo stesso soprano questo doppio ruolo nella stessa produzione, quasi a sottolineare quanto questi due tòpoi femminili pucciniani siano più complementari che diametralmente opposti. Vogliamo riportare un’analisi interessante di Renata Scotto, che altresì nel ‘77 cantò entrambe al MET con la direzione di James Levine: “Mimì può diventare Musetta e Musetta può diventare Mimì. […] Mimì e Musetta sono la stessa donna, solo che una è malata”. Una chiave di lettura affascinante, anche dal punto di vista vocale: il soprano russo rompe infatti il cliché della voce sottile di soprano leggero associata solitamente al ruolo, esaltandone piuttosto lo spessore emotivo ed empatico. Questo non significa rinunciare a un frizzante “Quando m’en vo’” dal sapore leggero e spensierato, supportato da un approccio teatrale fresco, divertente e divertito. Altra certezza è il Rodolfo di Freddie De Tommaso che, reduce dai numerosi successi internazionali, si dimostra nuovamente tenore pucciniano di razza. Lo strumento del giovane cantante italo-britannico è potente e altrettanto facile all’acuto (notevole il Do nell’aria “Che gelida manina”). Ad una certa acerbità scenica sopperisce ampiamente una spiccata musicalità unita alla raffinata ricerca dei colori vocali (particolarmente toccanti i suoi interventi nel duetto “O soave fanciulla”).Luca Micheletti, anch’egli reduce di grandi prove nei recenti Vespri scaligeri, ridona al personaggio di Marcello la dignità che merita, con un’altra prova maiuscola per generosità e capacità interpretative tanto musicali quanto scenico-teatrali, mattatore indiscusso negli amabili siparietti tra i quattro amici in soffitta. Completano l’ottimo cast il brillante Schaunard di Alessio Arduini e l’elegante Colline di Jongmin Park, intenso nella sua “Vecchia zimarra” accolta da convinti applausi a scena aperta. Efficace Andrea Concetti nel doppio ruolo di Benoît e Alcindoro, entrambi ben cantati e scevri dai ritriti e superflui scivoloni caricaturali cui siamo abituati.La concertazione di Eun Sun Kim è fortemente improntata a scelte dinamiche vigorose e agogica incalzante, non senza parentesi drammatiche ove tende efficacemente a imprimere un respiro più ampio. Il risultato è lettura variegata che difficilmente annoia nel corso dell’opera, mantenendo inoltre un ordine piuttosto costante tra buca e palcoscenico. Ottima la prova del Coro preparato da Alberto Malazzi e degni di nota soprattutto gli interventi del Coro di Voci Bianche diretto da Bruno Casoni.
Ancora una volta cala il sipario su questo Zeffirelli accolto da unanime festa grande, ennesima riconferma dell’inconfutabile eternità di quest’opera d’arte. Numerose le occasioni per riascoltare dal vivo il capolavoro pucciniano: si replica il 14, 16, 19, 22 e 26 marzo. Foto Brescia & Amisano