Parma, Teatro Regio: “Adriana Lecouvreur”

Parma, Teatro Regio, Stagione Lirica 2023
“ADRIANA LECOUVREUR”
Opera in quattro atti su libretto di Arturo Colautti
Musica di Francesco Cilea
Maurizio RICCARDO MASSI
Il principe di Bouillon ADRIANO GRAMIGNI
L’abate di Chazeuil SAVERIO PUGLIESE
Michonnet CLAUDIO SGURA
Poisson STEFANO CONSOLINI
Quinalt STEPONAS ZONYS
Adriana Lecouvreur MARIA TERESA LEVA
La principessa di Bouillon SONIA GANASSI
Mademoiselle Jouvenot VITTORIANA DE AMICIS
Mademoiselle Dangeville CARLOTTA VICHI
Un maggiordomo DAMIANO LOMBARDO
Orchestra dell’Emilia Romagna Arturo Toscanini
Coro del Teatro Regio di Parma
Direttore Francesco Ivan Ciampa
Maestro del coro Martino Faggiani
Regia Italo Nunziata
Scene Emanuele Sinisi
Costumi Artemio Cabassi
Coreografo e regista assistente Danilo Rubeca
Luci Fiammetta Baldiserri
Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma in coproduzione con Teatro Comunale di Modena e Teatro Municipale di Piacenza
Parma, 24 marzo 2023
Adriana: il melomane la ama, l’esperto ne diffida, l’impresario la evita volentieri. Al di là del luogo comune, al di là delle periodiche oscillazioni del gusto, resta un titolo da indagare ancora. Questo allestimento, regia di Italo Nunziata e scene di Emanuele Sinisi, nato a Modena esattamente un anno fa, aggira il problema scenico puntando sull’evocativo, sull’astrazione: e come, se no, ricreare realisticamente decine di ambienti (camerini, quinte, palchetti, villini, giardini, padiglioni, saloni, teatrini, appartamenti) che scivolino uno nell’altro con un montaggio piuttosto estraneo al linguaggio teatrale? E tuttavia l’ossessiva insistenza del libretto, e a suo modo della musica, sulla minuzia, sul ninnolo, vanno nella direzione opposta. In una direzione, appunto, cinematografica più che teatrale. Per lo stesso motivo, Adriana è pressoché impossibile sradicarla dalla sua epoca storica. Un problema appassionante, che non ha certo da temere di essere risolto. Ma questa Adriana puntava tutto, come per certi versi è giusto, sulle voci. Sulla voce, per cominciare, di Maria Teresa Leva, la protagonista, tutt’altra cantante dalla se stessa della recentissima Amelia. La qualità del mezzo vocale è indiscutibile, per volume importante, per timbro morbido e pieno, avvolgente. Ma quel che più è lodevole è la misura: come ha saputo dosare la propria opulenza vocale durante la serata. È una Adriana completa, dagli accenti patetici e scolpiti dei declamati ai filati dolcissimo della celebre ma umile ancella (abolito grazie al Cielo l’insopportabile “morrò” eroico, pur avallato dall’auctoritas di grandi, storiche interpreti; ma pessima l’abitudine di interrompere l’orchestra per chiedere l’applauso: è bello, piuttosto, che il pubblico, incontenibile, si sovrapponga alla musica). L’unico limite di questa Adriana è l’esser un po’ confinata alla voce. Altra grande voce è quella solida e fiera ma sempre femminilissima di Sonia Ganassi. La scrittura della nevrotica principessa insiste sui salti di registro, la cui evidenza non è certo di fastidio: è semmai una (ottima) lezione di canto. Ma la Ganassi del mezzosoprano non ha solo la voce (e quale!): ne ha anche il piglio scenico, feroce, livido, spietato, amante. Claudio Sgura ha tante qualità vocali, ma le fa passare tutte in secondo piano la sua intelligenza scenica, capace di creare un personaggio completo, maturo, convincente e commovente, senza peraltro insistere troppo su certi aspetti ridicoli a cui Michonnet è talvolta esposto, e che lo depotenziano. Nel ruolo ingrato di Maurizio Riccardo Massi. Il timbro vagamente opaco si rasserena nella salita agli acuti, luminosissimi e squillanti. Gli attacchi sempre dolci e ben curati rivelano una squisita musicalità. Resta tuttavia una costante nota di dolore, un’ombra lamentosa che amalgama i colori (di cui, per altro, non pare troppo generoso), rischiando di appiattire il personaggio e compromettere la bellezza del suono. Un singhiozzo doloroso era la costante anche di Corelli, per fare un esempio glorioso, ma in quel caso la lunga e sofferta convivenza con la propria voce lo aveva portato a dosarlo convenientemente. Lo stesso c’è da augurarsi per Massi. Nel resto della compagnia, di buon livello: Vitoriana De Amicis (Mademoiselle Jouvenot), Carlotta Vichi (Mademoiselle Dangeville), Stefano Consolini (Poisson), Steponas Zonys (Quinalt), Damiano Lombardo (Un maggiordomo)  spiccano il Principe di Adriano Gramigni e l’Abate di Saverio Pugliese.Al suo ritorno in buca dopo l’intervallo Francesco Ivan Ciampa è stato salutato da una voce dal loggione che gli intimava: “ciocàr meno!”. Il verbo ciocàr significa produrre rumore cozzando qualcosa contro qualcos’altro; latu sensu: essere rumorosi o semplicemente impacciati nel fare qualcosa (di questo ultimo significato l’esempio canonico è quello del cioca-piàtt). Un commento del tutto immeritato dal Maestro di cui prendiamo senza indugio le difese: una direzione vibrante, appassionata, generosissima nei riguardi del canto e dei cantanti, carica di colori, di contrasti. Con quell’appunto, già avanzato, dell’interruzione dopo “l’umile ancella”.