Venezia, Teatro La Fenice: “Ernani”

Venezia, teatro La Fenice, Lirica e balletto, Stagione 2022-2023
“ERNANI”
Dramma lirico in quattro atti, Libretto di Francesco Maria Piave, dal dramma Hernani di Victor Hugo.
Musica di Giuseppe Verdi
Ernani, il bandito PIERO PRETTI
Don Carlo, re di Spagna ERNESTO PETTI
Don Ruy Gomez de Silva, Grande di Spagna MICHELE PERTUSI
Elvira, sua nipote e fidanzata ANASTASIA BARTOLI
Giovanna, di lei nutrice ROSANNA LO GRECO
Don Riccardo, scudiero del re CRISTIANO OLIVIERI
Jago, scudiero di Don Ruy FRANCESCO MILANESE
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Direttore Riccardo Frizza
Maestro del Coro Alfonso Caiani
Regia Andrea Bernard
Scene
Alberto Beltrame
Costumi Elena Beccaro
Light designer
Marco Alba
Nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice in coproduzione con Palau de les Arts Reina Sofía di Valencia
Venezia, 16 marzo 2023
Si rappresenta, in questo periodo, sul palcoscenico della Fenice, dopo più di trent’anni di assenza, l’Ernani. Nata nei cosiddetti “anni di galera” – il periodo che va dal 1843 al 1850, in cui Verdi compose senza sosta ben dodici partiture operistiche – l’opera consentì al Maestro di affermarsi anche fuori Milano. Il successo ottenuto alla Scala con il Nabucco e I lombardi alla prima crociata (rispettivamente 1842 e 1843) contribuì a creargli un buon nome con conseguenti nuove offerte di contratto, che gli giunsero da più parti: tra le tante egli scelse quella proveniente dal Teatro La Fenice di Venezia. Ne nacque l’Ernani (1844), che segnò una tappa decisiva nella carriera di Verdi, in quanto, oltre ad essere la prima opera composta per un teatro diverso dalla Scala – è frutto della collaborazione tra il bussetano e il muranese Francesco Maria Piave, dando inizio a quel proficuo sodalizio, che avrebbe prodotto tante altre opere fortunate. Ma l’Ernani – come notò a suo tempo Massimo Mila – segna anche il passaggio dall’opera “corale” all’opera romantica “a personaggi”, caratterizzata da grandi figure tragiche , dominate da passioni smisurate, che sono alla base di una teatralità, fatta di “violenti effetti scenici”. Nello specifico, quest’opera si segnala per la particolare situazione drammaturgica – tre personaggi maschili corteggiano la stessa donna –, che ha permesso al compositore di sfruttare in modo anche innovativo le potenzialità dei tre registri maschili, mentre per il ruolo di Elvira ha creato uno dei più straordinari esempi di soprano drammatico d’agilità. Verdi – esperto uomo di teatro – volle che il dramma originale di Hugo fosse alleggerito, per creare un libretto fluido e snello, adeguato alla propria – geniale – capacità di sintesi, senza, peraltro, trascurare i colpi di scena e gli aspetti politico-sociali della vicenda. In particolare il musicista si concentra sui caratteri dei personaggi, sul loro intimo sentire, per cogliere i motivi profondi del loro agire. La musica si incarica di svelare ciò che le parole non bastano ad esprimere. In linea con le intenzioni dell’autore – che fa morire, nel finale solo il protagonista, mentre in Hugo trovano la morte anche Elvira e Silva – Bernard si concentra su Ernani e sul suo percorso dalla vendetta alla disperata ricerca delle proprie origini. Ne offre testimonianza, nello spettacolo, un video in bianco e nero, proiettato mentre l’orchestra esegue il preludio, in cui si rievoca il trauma infantile provocato nel protagonista dalla morte del padre e dalla distruzione dell’avito castello. Il video ritorna nell’ultimo atto, ad esprimere simbolicamente gli ultimi sussulti di un’anima prossima a ricongiungersi con quella del padre e a trovare la pace nella morte. I traumi del passato pesano su Ernani come macigni: sulla scena, caratterizzata dal fondale nero – in cui si vedono le rovine del Castello degli Aragona bruciato da Filippo “il bello”, padre di Carlo –, si svolge lo sviluppo psicologico di Ernani. Vi si aggiungono di volta in volta significativi elementi: in particolare, frammenti marmorei dell’oppressivo Castello di Silva, oltre che – nei sotterranei che ospitano la tomba di Carlo Magno – una pila d’acquasanta e un gigantesco stendardo con l’aquila bicipite asburgica, che fa da sfondo al patriottico “Si ridesti il Leon di Castiglia”. Più scontate risultano altre trovate registiche come i gigli, notoriamente simbolo di purezza, con cui si accompagna Elvira, o l’angelo vendicatore con tanto di ali e di corazza che ricorre sulla scena (forse l’anima del padre di Ernani). Ma nel complesso lo spettacolo funziona nel suo parziale ossequio alla tradizione e nella sua conseguente presa di distanza da certe forzate eccentricità dell’imperante regietheater. Determinante il contributo di Alberto Beltrame per le suggestive scene, di Elena Beccaro per i colorati costumi – rosso quello di Elvira – e di Marco Alba per le luci generalmente soffuse. Sul versante musicale, l’impostazione di Riccardo Frizza – supportato da un’orchestra in gran forma – ci ha regalato un Verdi rapido, scattante, ricco di contrasti, mettendo in valore l’orchestrazione particolarmente brillante della partitura con una particolare cura del suono diffusamente vigoroso, anche per il potenziamento – ci pare – delle percussioni e in particolare del tamburo. Esperto conoscitore del teatro musicale, ha accompagnato i cantanti con intelligente considerazione delle loro esigenze. Di tutto rispetto si sono rivelati gli interpreti vocali. Piero Pretti, nel ruolo eponimo, ha sfoggiato una voce omogenea, oltre che sicura negli acuti, confermandosi un ottimo tenore dal carattere lirico spinto, dotato di squillo e capace di inflessioni sentimentali così come eroiche. Una voce potente, dal timbro cristallino e omogeneo nei vari passaggi di registro, ha caratterizzato l’Elvira di Anastasia Bartoli, che ha saputo pienamente corrispondere al ruolo di soprano drammatico di coloratura, concepito dall’autore. Eccellente la prestazione di Michele Pertusi, quale Silva, che si è confermato un interprete dotato ed esperto nell’affrontare questo come tanti altri ruoli di basso verdiano. Dignitosa la prova di Ernesto Petti, che ha tratteggiato un Don Carlo credibile, pur con qualche forzatura nell’emissione. Di buona professionalità le prestazioni offerte da Rosanna Lo Greco (Giovanna), Cristiano Olivieri (Don Riccardo) e Francesco Milanese (Jago). Una menzione anche per il Coro, che ha svolto con duttilità ed efficacia interpretativa il ruolo importante che gli compete nell’opera. Applausi a scena aperta e, in particolare, a fine serata.