Ferrara, Teatro Comunale: “Rigoletto”

Ferrara, Teatro Comunale di Ferrara, Stagione d’Opera 2022/2023
“RIGOLETTO”
Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave dal dramma Le roi s’amuse di Victor Hugo.
Musica di Giuseppe Verdi
Il duca di Mantova MARCO CIAPONI
Rigoletto AMARTUVSHIN ENKHBAT
Gilda FEDERICA GUIDA
Sparafucile CHRISTIAN BARONE
Maddalena ROSSANA RINALDI
Giovanna ELENA BORIN
Il conte di Monterone WILLIAM ALLIONE
Marullo STEFANO MARCHISIO
Matteo Borsa MARCELLO NARDIS
Il conte di Ceprano JULIUSZ LORANZI
La contessa di Ceprano EMANUELA SGARLATA
Un usciere LORENZO SIVELLI
Un paggio AGNES SIPOS
Orchestra Filarmonica Italiana
Coro del Teatro Municipale di Piacenza
Direttore Gaetano Lo Coco
Maestro del coro Corrado Casati
Regia Leo Nucci
Scene Carlo Centolavigna
Costumi Artemio Cabassi
Luci Michele Cremona
Allestimento del Teatro Municipale di Piacenza
Coproduzione Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione Teatro Comunale di Ferrara
Ferrara, 14 aprile 2023
Fra una ribalta di conchiglie e un fondale dipinto sta un Rigoletto senza troppe pretese, che si presenta come “Babbo l’ha fatto”. Un allestimento retrò, ma senza nemmeno il puntiglio di una ricostruzione storica. Le scene di Carlo Centolavigna gravitano pericolosamente vicino al presepio in scala 1:1, mentre i costumi di Artemio Cabassi ne colorano il buio con esuberanza “carnevalesca”: ma la sincerità, la spontaneità da cui l’allestimento zampilla ne fanno perdonare la cifra visiva decisamente naïf. Dove sta la regia invisibile (ma non assente) di Leo Nucci? La si ricerchi nell’assoluta preminenza della musica e del canto. Nel raro evento di cantanti a proprio agio in scena. In quella corte retta da tediosa ed ipocrita etichetta invece del solito orgiastico mercato (in aperto contrasto con una buca che tace). La si ricerchi, ancora, nella liberazione dal flagello dei sopratitoli, una autentica piaga del teatro musicale: il pubblico, che si sa dispensato dalla lettura preventiva del libretto, passa la serata leggendo con la testa all’insu. Così si depotenzia la fruizione dell’opera a svantaggio di tutti, pubblico e artisti. Quanto, invece, senza sopratitoli, si sente crescere la tensione in sala! Il pubblico attento a non perdere una sillaba, i cantanti attenti a schiarire al meglio la dizione. Il rapporto non è più mediato. La si ricerchi, infine, nella varietà di fraseggio dei protagonisti. E la si ritroverà. Non che il più recente dei suoi molti Rigoletti, quello scaligero dell’estate scorsa, fosse monotono o generico, al contraio. Ma qui Amartuvshin Enkhbat, sprigiona un’energia drammatica nuova, un’esuberanza che gli era estranea: talvolta i “Divi” non hanno da insegnare solo i difetti che li hanno resi celebri e per i quali li abbiamo tanto amati. Enkhbat, come sapevamo anche prima di questa sera, è un cantante completo: dotato di un mezzo vocale di eccezionale volume e bellezza, dal timbro fascinosissimo, brunito, morbido e pieno, emissione generosa e rilassata, dizione perfetta, fraseggio vario, ingegnoso, rivelatorio del testo, e non sarà forse un attore ma è indubbiamente una presenza scenica. La nobiltà della linea di canto resta decisamente la sua cifra più personale. È senza discussione una delle voci più importanti a livello internazionale e per i grandi ruoli verdiani è oggi il baritono ideale. Federica Guida (Gilda) ha una qualità nient’affatto comune: nel timbro della sua voce riluce una freschezza, una luminosità, un candore, un non so che di infantile. Forse non lo vorrebbe e cerca di non metterlo troppo in risalto perché corrisponde più ad un gusto passato, ma sarebbe un errore nasconderlo perché invece è molto appropriato per i ruoli del suo attuale repertorio che ci auguriamo continui a frequentare. Sarebbe infatti un peccato accantonare questo colore affatto particolare e personale per dedicarsi a ruoli più drammatici che comunque la rotondità e la pienezza della voce le permetterebbero di affrontare. Marco Ciaponi è un Duca ricco di squillo, dotato di voce brillante, sfavillante, proiettatissima, solida ed elastica, che mantiene il timbro lucido ben omogeneo su tutti i registri. Per eleganza rimanda, lo Sparafucile di Christian Barone, alla nobiltà spagnola d’un Silva: suggerendoci curiose divagazioni critiche. Anche la sua sorella e socia in affari, la Maddalena di Rossana Rinaldi, è una prostituta di garbo, che cade ai piedi del Duca ma non nel cattivo gusto. Con buona pace di Hugo e del gusto per l’orrido. Il Monterone di William Allione non manca certo di voce ma, per gusto personale di chi scrive, è un basso piuttosto luminoso per questo ruolo. Nel complesso molto buona la compagnia di canto, e ottimo il coro piacentino del Maestro Casati, che brilla per il nitore della dizione. Francesco Ivan Ciampa è stato sostituito per improvvisa indisposizione da Gaetano Lo Coco: il quale logicamente non ha avuto la possibilità di costruire una lettura personale ed organica insieme all’Orchestra Filarmonica Italiana, ma si è distinto per il gesto pulito, guizzante, energico e puntuale. Gesto la cui efficacia è comprovata dalle orecchie.Il teatro gremito e festoso gli ha tributato un giusto trionfo accanto ai tre protagonisti.