Milano, Teatro alla Scala: “La fille mal gardée”, spettacolo della scuola di ballo

Milano, Teatro alla Scala, Stagione lirica 2022/23
“LA FILLE MAL GARDÉE”
Coreografia Frédéric Olivieri
Musica di Peter Ludwig Hertel (edizione Mario Bois, Parigi)
Lise REBECCA LUCA
Colas FILIPPO FERDINANDO PAGANI
M.me Simone GISÈLLE ODILE GHIDOLI
Alain ANTONINO MODICA
Allievi dell’accademia di ballo Teatro alla Scala
Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala
Direttore David Coleman
Scene e costumi Luisa Spinatelli, rielaborati da Angelo Sala e Maria Chiara Donato
Luci Andrea Giretti
Milano, 14 aprile 2023
La Fille mal gardée – cosa risaputa nell’ambiente ballettistico – ha una storia antica, la più antica arrivata sino a noi. Il balletto è andato in scena a Bordeaux solo due settimane prima della presa della Bastiglia. Ad oggi, però, due sono le partiture esistenti. Il direttore Olivieri, per questa sua coreografia, ha scelto quella di Hertel, nata nel 1864, nell’alveo dei balletti imperiali russi, sotto la direzione dell’onnipresente Petipa, invece che quella riarrangiata nel Novecento per la versione di Ashton, il quale reputava di maggior gaiezza la versione parigina di Hérold del 1828. Avendo subìto questo plurimo filtro, con tanto di aggiunte successive, poco sappiamo invece di come fosse, sostanzialmente, nella musica e nell’estetica, il balletto al suo debutto. Però, le tracce che restano impresse nelle versioni che abbiamo sotto gli occhi ci permettono di dire che, ancora oggi, La fille mal gardée manifesta ben delineati i tratti della danza Settecentesca, come mostrano: la presenza del danseur noble – il ruolo dell’innamorato, Colas; quello di demi-caractère – il ruolo del pretendente, Alain; e infine il grottesco – il ruolo en travesti della madre di Lise, Simone. Parte, quest’ultima, che nel 1803 doveva già essere avvertita forse come una stranezza, se Hus nella rimessa in scena di questo balletto, in una nota specifica che “dal momento che questo ruolo è del genere di caricatura, essendo stato creato per un uomo, ho creduto di non dover cambiare nulla all’impianto dell’opera”. Questi tratti, poi, verranno così pian piano in parte spazzati via dalla danza ottocentesca, come sarà anche per l’accentuata presenza maschile, con il ruolo preminente della donna (di questo abbiamo parlato nella recensione di questo libro). È quindi un vero peccato che La Fille mal gardée non sia stato messo in scena sul palco della Scala dagli anni 80! Insomma, colorato e frizzante, storico, ma da sempre rimaneggiato, come accade spesso ai balletti, La fille mal gardée, nella sua stratificazione, ma anche nella gioia del ballare, è un’ottima scelta per degli allievi di una scuola di danza. I due protagonisti di questa rappresentazione, Rebecca Luca e Filippo Ferdinando Pagani, hanno dato un ottimo esame: spirito e tecnica sono stati consolidati. Se un appunto dobbiamo fare, resta da perfezionare il velo di naturalezza nei movimenti, che evidentemente si acquisisce, quando si hanno ruoli con alte difficoltà tecniche, solo con il frequente rapporto con il palco. Rebecca Luca ha una tecnica solida, ma talvolta lascia trasparire l’eccessiva attenzione nel dover fare o chiudere il passo in maniera ineccepibile – proposito didattico inoppugnabile – piuttosto che, diciamo, renderlo più andante e legato, dato anche il ruolo sbarazzino affidatole. E un consiglio similare possiamo suggerire anche a Pagani. Passando ad Antonino Modica, possiamo dire sia stato ineccepibile. Il personaggio parodistico del pretendente Alain, ricco, voluto dalla madre per Lise, ma che passa il tempo ad acchiappar farfalle, non era facile. Vis comica, tecnica adattata al ruolo e interpretazione sono stati molto ben tratteggiati tanto che la sua variazione è stata applaudita calorosamente ancor prima che fosse terminata. Curiosa, dato anche quanto detto prima, la scelta di dare il ruolo della madre ad un’allieva, Gisèlle Odile Ghidoli, invece di proporre un ruolo en travesti; ma capiamo che dev’essere stata una scelta dettata dalla volontà di dare spazio anche alle allieve nei ruoli principali – almeno così crediamo. Anche questo personaggio è comunque riuscito. La coreografia di Olivieri, tagliata per le esigenze degli allievi, riduce lo spettacolo a due atti da 40 minuti.Gli ultimi 15-20 minuti del secondo atto sono festanti e piene di danze à grand spectacle, e sono stati l’occasione per dare spazio anche a tutti gli altri allievi della scuola, anche i più piccoli; ma non rinunciano al pas de deux, unica sezione invariata, perché, dice Olivieri: “non ho trovato appropriato modificare un momento così celebre che, oltretutto, è spesso proposto nei gala e nei concorsi di danza”. Una costruzione di tal genere sembra in linea, oltre che con le esigenze didattiche, anche con la messa in scena di scuola russa, e sembra cara al direttore Legris – lo abbiamo visto nel recente Corsaire andato in scena il mese scorso. Lo spettacolo presenta, tuttavia, in ogni versione messa in scena, oltre che un aspetto ludico, anche delle interessanti interconnessioni con l’orchestra: nel primo atto Lise batte la zangola, per ottenere il burro, svogliatamente, ma a tempo; nel secondo la madre Simone suona il tamburello, come se facesse parte dell’orchestra, per fare danzare la figlia. Quel che poi, infine, ci ha colpito è anche l’affetto del pubblico, che ha persino risposto con gridolini maliziosi al bacio che i due protagonisti si sono scambiati in una scena. Un tifo cameratesco, e a tratti da stadio, come non ne abbiamo quasi mai sentiti, quando ci sono stati gli applausi finali. Un clima piacevole, e che ci ha ricordato, insieme a tutto il resto, le parole scritte da Margot Fonteyn in un libretto, A dancer’s world, destinato proprio agli studenti di danza, e che vogliamo comunicare a questi ragazzi: “quando ero giovane non c’era alcun tipo di pressione. Se mi iscrivevo ad un esame o una competizione, o se dovevo ballare in uno spettacolo scolastico, c’era molta eccitazione nella preparazione – ed ero anche inconsciamente nervosa, ma faceva tutto parte del divertimento. Era interessante, ma mai troppo serio. Soprattutto penso che ballare dovrebbe essere una cosa felice. È, in fondo, l’espressione più spontanea dell’euforia. Saltare di gioia è una reazione umana molto elementare, e un bambino che saltella per strada è semplicemente un ballerino inesperto”.  Si replica domenica 16 aprile.