Milano, Teatro alla Scala: “Andrea Chénier”

Milano, Teatro alla Scala, Stagione Lirica 2022/2023
“ANDREA CHÉNIER”
Dramma di ambiente storico in quattro quadri su libretto di Luigi Illica.
Musica Umberto Giordano
Andrea Chénier YUSIF EYVAZOV
Carlo Gérard ENKHBATYN AMARTÜVSHIN
Maddalena di Coigny SONYA YONCHEVA
La mulatta Bersi FRANCESCA DI SAURO
La Contessa di Coigny JOSÈ MARIA LO MONACO
Madelon ELENA ZILIO
Roucher RUBÉN AMORETTI
Pietro Fléville SUNG-HWAN DAMIEN PARK*
Fouquier Tinville ADOLFO CORRADO
Il sanculotto Mathieu GIULIO MASTROTOTARO
Un “Incredibile” CARLO BOSI
L’Abate PAOLO ANTONIO NEVI
Schmidt/Il maestro di Casa LI HUANHONG*
Dumas EMIDIO GUIDOTTI
*Allievo dell’Accademia Teatro alla Scala
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Direttore Marco Armiliato
Maestro del Coro Alberto Malazzi
Regia Mario Martone ripresa da Federica Stefani
Scene Margherita Palli
Costumi Ursula Patzak
Luci Pasquale Mari
Coreografia Daniela Schiavone
Con la partecipazione del Corpo di ballo del Teatro alla Scala diretto da Manuel Legris.
Produzione Teatro alla Scala
Milano, 21 maggio 2023
Secondo titolo del trittico dedicato a Giordano, questo Andrea Chénier aveva inaugurato la stagione il 7 dicembre 2017, dopo La cena delle beffe del 2016 e seguito da Fedora l’ottobre scorso. Sulle sue mitiche prime delle prime il Teatro concentra il massimo sforzo produttivo: è dunque un bene riprendere questi allestimenti, come si farà a breve anche con il Macbeth del 2021.La rinnovata attenzione rivolta dalla Scala a questi titoli ne ha poi incentivato la presenza nei cartelloni degli altri teatri italiani, e anche questo è senz’altro un bene. L’amore che trascina i protagonisti, nell’esaltazione ideale o nella brutalità erotica, è una forza irresistibile e senza senso, “estranea al principio di ragione”, che “è perché vuole e vuole perché è” (Schopenhauer). Come, del resto, senza senso è il prepotente ed inarrestabile incedere della Storia, che non conduce a nessun arrivo. Ecco l’idea della Storia come “macchina celibe”, da cui muove la regia di Mario Martone; e che trova forma plastica nell’agile monumentalità delle scene di Margherita Palli. I volumi dell’affresco storico, disciplinati con un gusto tutto meneghino per la pulizia, ruotano nel disorientato ed inquietante vuoto nero. Sono popolati di manichini, statue di cera, storicamente e meticolosamente abbigliati da Ursula Patzak, la cui rigidità evoca le lugubri presenze statuarie del primo (e tremendamente bohémien) alloggio milanese di Giordano. Protagonista, come nel 2017, è Yusif Eyvazov. Che malgrado i limiti edonistici del timbro ingrato riceve ovazioni dal pubblico scaligero per il volume, lo squillo, l’atletismo vocale e la sincerità dell’interprete.
Accanto a lui non la moglie, in sala ad applaudirlo, ma Sonya Yoncheva. La voce  corposa, morbida e luminosa insieme, è uno strumento di rara bellezza. Anche di petto, la voce resta fascinosa: il che le consente di insistere, a gusto di chi scrive, un po’ troppo su questo genere di suoni e di emissione. Il “triangolo” si completa con il Gérard di Amartuvshin Enkhbat. Il timbro glorioso è, da solo, sufficiente a giustificarne la carriera. Ma, come è già stato osservato, Enkhbat vi aggiunge varietà d’accenti, proprietà stilistica e interpretativa, e quella che si dice l’introspezione psicologica del personaggio. Personaggio che è forse il più complesso ed interessante dell’opera. La locandina è affollata di ottimi professionisti. Francesca di Sauro, voce fulgida e brillante, molto ben proiettata, nel ruolo di Bersi. Sapientemente toccante la Madelon di Elena Zilio, che questa breve e insidiosa parte conosce come nessuna, e sa far passare in secondo piano il passaggio di registro piuttosto scoperto. Josè Maria Lo Monaco è una Contessa di Coigny di lusso, dalla voce piena e rotonda, dal bel timbro brunito. L’amico Roucher è Rubén Amoretti, autentico basso dalla dizione nitidissima e dal fraseggio scolpito. L’incredibile e il sanculotto Mathieu sono ottimamente e credibilmente tratteggiati nella loro ambigua umanità, rispettivamente, da Carlo Bosi e Giulio Mastrototaro.Tutte voci sonore e dalla dizione chiaramente intellegibile quelle che completano il resto del cast. Magnifico, come sempre, il Coro della Scala diretto da Alberto MalazziLa direzione di Marco Armiliato è sicuramente improntata al canto, ma non per questo timorosa di contrapporgli grandi masse sonore. In generale il colore drammatico è piuttosto cupo, già dal primo atto, con una gavotta da subito venata di tragico. Ultime repliche il 24 e 27 maggio con Jonas Kaufmann nel ruolo del protagonista. Foto Brescia & Amisano