(Non) il classico barocco: Alessandro Cadario dirige Bach e Stravinsky al Teatro Filarmonico di Verona

Verona, Teatro Filarmonico, Stagione Sinfonica 2023
Orchestra della Fondazione Arena di Verona
Direttore Alessandro Cadario
Johann Sebastian Bach: Ouverture n. 3 in re maggiore BWV 1068; Concerto brandeburghese n. 3 in sol maggiore BWV 1048; Igor Stravinsky: Concerto in mi bemolle maggiore “Dumbarton Oaks”; Pulcinella, suite da concerto (revisione 1949)
Verona, 5 maggio 2023
Tema conduttore dell’ottavo concerto sinfonico della Fondazione Arena è stato il duplice Settecento: quello tardobarocco di Bach e quello evocato e rielaborato con gusto novecentesco da quel musicista geniale ed iconico che è stato Igor Stravinsky. In apertura la solenne Ouverture n. 3 in re maggiore BWV 1068 che come le altre tre riveste il carattere aulico e celebrativo con uno sguardo, nella sua stesura, al ridondante gusto francese. Il tono solenne dato dalle tre trombe e i timpani contraddistingue l’intera composizione, che in realtà è una suite strumentale di danze, preceduta dall’ampia ed imponente Ouverture ma si riduce nella celebre Air, affidata alla sottile trama dei soli archi; qui Bach prende in consegna un genere di consumo (pensiamo solo ai fasti della corte di Versailles) e lo eleva al rango di alta, raffinata e colta dissertazione musicale. Altrettanto si può dire del Concerto Brandeburghese n. 3 in sol maggiore BWV 1048, facente parte del corpus dei sei concerti ad organico variabile; in questo caso il dotto contrappunto e il tessuto polifonico sono affidati agli archi in tre distinti gruppi sonori (3 violini, 3 viole e 3 violoncelli) più il basso continuo. Sul podio del Filarmonico l’eclettico Alessandro Cadario, che tornava a Verona dopo la Missa pro defunctis di Cimarosa eseguita nel 2019, il cui approccio ai due lavori bachiani ha rispecchiato il giusto rispetto devozionale che si deve al Kantor di Lipsia senza tuttavia rimanerne sopraffatto; anche la scelta di dirigere senza bacchetta, secondo la filosofia del primus inter pares entrando così in sinergia con i musicisti, si è rivelata efficace ai fini interpretativi. L’orchestra della Fondazione Arena, con l’organico adeguatamente commisurato ai canoni stilistici, da parte sua ha eseguito le due partiture con un’ottimo suono degli archi, esemplare per cavata e sostanza sonora, bene raddoppiati dagli oboi; qualche lieve imprecisione delle trombe non ha minimamente inficiato una prova davvero convincente. Il Terzo Brandeburghese, con la forte caratterizzazione dei tre gruppi solistici e le differenti identità sonore, ha poi messo il sigillo ad un’esecuzione attenta e stilisticamente godibile della compagine veronese (e al suo Konzertmeister, impeccabile nei passaggi a solo). La seconda parte del concerto comprendeva, come detto sopra, l’omaggio di Stravinsky ai maestri del Settecento: a Bach con Dumbarton Oaks (chiaro richiamo ai brandeburghesi) e a Pergolesi con la Suite da concerto del balletto Pulcinella. In entrambi i lavori, di ispirazione originale Dumbarton Oaks e rielaborazione delle musiche di Pergolesi per Pulcinella, Stravinsky evoca un Settecento che non è pedestre imitazione ma rielaborazione personale con opportune manipolazioni soprattutto nella metrica e negli accenti che conferiscono alla composizione una certa fluidità ritmica. Cadario, che in questa seconda parte ha impugnato la bacchetta, ha saputo infondere all’orchestra i suoi esiti migliori per compattezza di suono ed una certa ruvidità tagliente propria della scrittura del compositore russo; ne è perciò scaturita un’interpretazione vivida, vivace ed estroversa, ampiamente riconosciuta dai vibranti applausi di un pubblico ancora una volta poco numeroso ma egualmente attento ed entusiasta.Foto Ennevi per Fondazione Arena