Torino, Teatro Regio: “Csarskaja Nevesta” (La sposa dello Zar)

Torino, Teatro Regio, Stagione d’Opera 2023
“CSARSKAJA NEVESTA” (La sposa dello Zar)
Opera in quattro atti. Libretto di Il’ja Tjumenev
Musica di Nikolaj Rimskij-Korsakov
Vasilij Stepanovič Sobakin GENNADY BEZZUBENKOV
Marfa NADINE KOUTCHER
Grigorij Grigor’evič Grjaznoj ELCHIN AZIZOV
Grigorij Luk’janovič Maljuta GIORGI CHELIDZE
Ivan Sergeevič Lykov SERGEY RADCHENKO
Ljubaša KSENIA CHUBUNOVA*
Elisej Bomelij THOMAS CILLUFFO*
Domna Ivanovna Saburova IRINA BOGDANOVA*
Dunjaša VETA PILIPENKO
Petrovna IRINA BOGDANOVA
Fuochista dello zar VETA PILIPENKO
Cameriera VETA PILIPENKO
*Artisti del Regio Ensemble
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino
Direttore Valentin Uryupin
Maestro del coro Andrea Secchi
Esecuzione in forma di concerto
Torino, 26 & 28 aprile 2023
La serata si presenta né facile né agevole vista l’opera, in lingua originale e da noi pressoché sconosciuta. Previste sole due recite, in forma di concerto, il cast poi non ha, sulla carta, nessuna attrattiva.
Il libretto è un coacervo, moderatamente passionale, in salsa folkloristica, la musica è piacevole ma, alla lunga, non poco stucchevole. Mancano sostanzialmente quelle attrattive, soprattutto nel canto, che danno vitalità alle passioni narrate. Siamo ad un racconto figurato, con ottimo accompagnamento di fondo. Nikolai Rimskij-Korsakov, nato nel 1844, ufficiale della marina imperiale russa, con la passione della musica, viene associato ai musicisti innovatori (gruppo dei 5) da Balakirev, membro autorevole del Gruppo. Ha una grande amicizia personale ed artistica con Modest Mussorgskij, il travolgente genio dei Cinque, anch’egli di professione ufficiale dell’esercito imperiale. Mussorgskij innova e Rimskij riporta il prodotto all’onor del modo e della tradizione. L’attività del revisore sfocia così nella cattedra di armonia e orchestrazione del conservatorio pietroburghese. Tantissimi musicisti di prestigio sono stati suoi allievi, Stravinskij, Prokofiev e il nostro Respighi. Compone anche molto, musiche per orchestra, da camera e per voce, 14 opere di cui la Sposa (Fidanzata, Promessa sposa) dello Zar, del novembre 1899, è l’ottava.Per Rimskij si parla di un ritorno a Glinka e all’opera italiana; quindi alla prassi delle forme chiuse. I suoi riferimenti non paiono essere quelli ottocenteschi dell’opera romantica ma quelli suoi contemporanei del verismo. La scena ( VI atto 1°) del duetto della gelosia tra Grjaznoj e Liubaša è sicuramente modellata, pur se indebolita a sbiadita fotocopia, su quella analoga tra Turiddu e Santuzza. Allo stesso modo il delirio di Marfa avvelenata rimanda, con precario convincimento, alle quasi contemporanee morti di Fedora ed Adriana, niente a che vedere con le prodezze vocali delle eroine romantiche dell’Ottocento.
Dall’ascolto di questa Sposa dello Zar ci pare di rilevare, anche grazie all’accortissima e in alcune fasi trascinante lettura di Valentin Uryupin, direttore ucraino-russo trentottenne, con formazione a Pern presso Musica Aeterna e vincitore di premi e concorsi, la grande rilevanza della parte orchestrale. La perizia dell’orchestratore è suprema, la magnifica Orchestra del Teatro Regio di Torino, posta in gran schieramento sul palco, la esalta all’inverosimile. Passano temi lucidati e ripescati dai soliti Borodin e Mussorgskij, non manca Čaikoskij come non mancano fanfare wagneriane cavate dagli splendidi ottoni e dai patetici legni dell’orchestra. Quando deve lavorare sulle idee altrui Rimskij si esalta, non sempre quando sono le sue a doversi imporre. Quando Ivan (il Terribile), ancor oggi, in Russia, tanto amato e venerato da clero e popolo, tacendo si affaccia in scena risuonano le note e i cori che già avevano accolto Boris all’incoronazione e l’Imperatrice Elisabetta nella festa della Dama di Picche. La Passeggiata dei Quadri mussorgskiani è l’entrata contundente al terzo atto, in contrasto con l’elegante versione di Ravel. Il Coro del Teatro Regio, Andrea Secchi inappuntabile reggitore e conduttore, con più convinzione al maschile e maggior prudenza al femminile, si butta sulle parti corali che ci par di aver già ascoltato le mille volte. Sono indubbiamente piacevoli e fanno colore locale, crediamo comunque che la loro genialità, qualora ce ne fosse, la potrebbe cogliere solo un consanguineo.
Due i personaggi forti e a tutto tondo: l’infoiato e depresso per incipiente inaccettata impotenza Grigorij Grigor’evič Grjaznoj  e la di lui amante, ormai trascurata per noia di abitudine, Ljubaša. Il primo, Elchin Azizov, baritono azero, ha voce possente e ben timbrata, non sempre vario nel fraseggio ma assai efficace nell’espressione. Il suo personaggio domina degnamente il primo atto. Dopo una pausa nel secondo, ricompare nel terzo e nel quarto per determinarne il tragico finale. Ksenia Chubunova, è un giovane e avvenente mezzosoprano, membro del Regio Ensemble, un gruppo praticamente stabile di artisti del teatro, protagonista quasi assoluta nei primi due atti. Ha timbro e carattere trascinanti. La sua aria a cappella “presto, presto, o cara madre” è forse la perla dell’opera e lei l’esegue con sconvolgente attrattiva. Nel prosieguo dell’opera pare soffrire per uno strumento che va incontro ad un progressivo affievolimento. Nadine Koutcher è Marfa, l’intestataria del titolo, soprano leggero alla russa, dalla voce in bilico tra lirismo e stentata coloratura. Ha carattere altrettanto ambiguo e debole. Non affascina il timbro e non incanta il vibrato. Le note paiono esserci tutte e di imprecisioni non se ne colgono. Complice Rimskij, l’emersione a personaggio è quanto mai stentata e faticosa. Gennady Bezzubenkov è Vasilij il padre, crediamo sia un navigato Basso di quelli che momentaneamente attraversano un’iconostasi per salire sul palcoscenico. Bella voce di pacioso padre russo che si trova a meraviglia nella sua parte, crediamo che sia improbabile trovare chi possa riuscire meglio in quelle vesti. Sergey Radchenko è il tenore che impersona Lykov, l’imbelle seppur riamato promesso sposo di Marfa. Il timbro chiaro e squillante, da tenore eroico, è vanificato da una voce che inesorabilmente nel salire si altera e s’infossa nel fondo della gola. Il n.3 dell’atto 1° è un suo arioso in cui, a richiesta, descrive penosamente come sia bella la vita in Germania. Qui si annida una sfida a trovar di peggio, come testo e come musica, in tutto il repertorio operistico. Il tenore Thomas Cilluffo è Bomelij, il tedesco medico stregone dello Zar, dedito a confezionare pozioni mortifere a pro’ di chiunque gliele richieda. Membro del Regio Ensemble, ha egregiamente interpretato la sua parte. Stupiva vederlo cantare a memoria, in russo, quanto forse non ripeterà mai più dopo queste due recite della produzione torinese. L’altrettanto lodevole membro dell’Ensemble, il soprano Irina Bogdanova, disbrigava con professionale diligenza due parti di contorno. Così anche Veta Pilipenko che di parti ne ha cantate tre, anch’essa le ha offerte, più che dignitosamente, ad un pubblico rarefatto ma manifestatamente soddisfatto. Gli applausi abbondanti hanno premiato con convinzione il direttore, l’orchestra e il coro. Anche gli esecutori vocali sono stati coinvolti nella generale soddisfazione. Si può così constatare che le perplessità espresso sullo spettacolo da chi scrive, pur permanendo, trovano spesso nel pubblico un antidoto assai efficace.