Teatro dell’Opera di Roma: Serata Coreografi Contemporanei

Roma, teatro dell’Opera, stagione 2022/23, Serata Coreografi Contemporanei
“WITHIN THE GOLDEN HOUR”
Coreografia Christopher Wheeldon
Musica Ezio Bosso, Antonio Vivaldi
Coppie principali: Federica Maine, Alessio Rezza (Waltz), Alessandra Amato, Claudio Cocino (Slow), Rebecca Bianchi, Michele Satriano (Vivaldi)
Costumi Anna Biagiotti
Luci Peter Mumford
“CHACONA”
Coreografia Goyo Montero
Musica Johann Sebastian Bach
Scene e costumi Verena Hemmerlein, Goyo Montero
Luci Nicolás Fischtel, Goyo Montero
Violino Vincenzo Bolognese
Pianoforte Enrica Ruggiero
Chitarra Sergio Segato
“BOLERO”
Coreografia Krzysztof Pastor
Musica Maurice Ravel
Scene e costumi Tatyana van Walsum
Luci Bert Dalhuysen
Coppia principale Marianna Suriano, Giacomo Castellana
Corpo di ballo dell’Opera di Roma
Roma, 20 settembre 2023
Da tempo sulla scena capitolina del Teatro dell’Opera di Roma la direzione del corpo di ballo di Eleonora Abbagnato ha manifestato la volontà di rinnovare il repertorio e la compagnia, ponendola a confronto con la coreografia contemporanea. Il trittico presentato dal 19 al 24 settembre sotto il titolo di Serata coreografi contemporanei riprende questa linea, precisandone uno degli ambiti più importanti, ovvero la coreografia non narrativa nata dallo stretto intreccio con la musica. Da un omaggio al recentemente scomparso Ezio Bosso nasce Within the Golden Hour di Christopher Wheeldon, creato nel 2008 per il San Francisco Ballet dall’attuale Artistic Associate del Royal Ballet e qui presentato ad inizio di serata. In un’atmosfera rarefatta che rimanda al sorgere del sole e al suo tramonto, tra il vibrato degli archi, il riverbero delle proiezioni luminose sullo sfondo e lo scintillio dei costumi, due danzatori con i loro port de bras e i piegamenti sinuosi sul pavimento sembrano muoversi lentamente nell’acqua, raggiunti dal susseguirsi di tre coppie in cui il partner maschile fa volteggiare in aria la donna. Prende dunque il via una coreografia articolata che attraverso l’uso dei lifts trasmette pacatamente un’idea di leggerezza. Tra le architetture complesse che si formano e si disfano davanti agli occhi dello spettatore, prevale la costruzione del cerchio che anticipa il concatenarsi dei duetti e dei quartetti successivi, senza voler imporre una definizione conclusiva. Sollevando orizzontalmente le partner, gli interpreti escono dalle quinte sulla scia della musica. Emerge quindi la coppia formata da Federica Maine e Alessio Rezza che in risposta al pizzicato degli strumenti danza un valzer scherzoso contaminato da ricordi di danze più sensuali e movimentate. In lieve contrasto il successivo duo maschile, basato su salti, contrapposizioni ed espressivi movimenti con le spalle. Lento fin dal titolo, oltre che statuario e respirato, il successivo slow danzato da Alessandro Amato e Claudio Cocino, che in alcune pose sembra richiamare l’Apollo balanchiniano. Si distingue quindi un quartetto femminile che sembra presentare uno studio di movimenti, lasciando infine spazio al carezzevole e cantilenante duetto danzato da Rebecca Bianchi e Michele Satriano, molto centrato sull’off-balance e concluso dal susseguirsi di lifts volteggianti in cambré. Un quartetto maschile riprende temi già usati nella coreografia, donando loro una nuova plasticità, per poi aprirsi all’intervento degli altri interpreti che nella loro danza trasmettono l’impressione di un movimento che continua all’infinito. Diverso l’interagire dei danzatori nella Chacona del coreografo spagnolo Goyo Montero, ispiratosi a Bach. Vestiti di nero e disposti in quattro file illuminate dalle luci, gli interpreti rispondono all’assolo passionale del violino eseguito da Vincenzo Bolognese con dei movimenti della schiena, per poi compattarsi gradualmente in un’unica fila, da subito scomposta nelle componenti maschili e femminili attraverso l’uso delle braccia. Giochi ottici e interazioni tra i due sessi, dunque, per arrivare infine a un’idea di gruppo in cui il singolo non perde mai la sua individualità. Più calma e riposante la musica della chitarra eseguita da Sergio Segato, che permette alle coppie di alternarsi in evoluzioni più voluttuose amplificate dalle luci. Intensa, infine, la musica del piano eseguita da Enrica Ruggiero, che accompagna l’avanzare deciso dei duetti che si snodano dal fondo al proscenio. E quando gli strumentisti prendono a suonare tutti insieme, la coreografia riflette il crearsi dell’armonia. Fondato su un’idea di gruppo è il conclusivo Bolero del coreografo polacco Krysztof Pastor, che lo ha creato nel 2012 per il Dutch National Ballet. Nel suo utilizzo di uno spazio rettangolare affidato al corpo di ballo, coinvolge immediatamente il pubblico grazie al forte impatto visivo di coreografia e costumi. Dal corpo di ballo si distaccano uno alla volta i due interpreti principali che nella loro danza incarnano la melodia sinuosa di Ravel. E quando i due rimangono al centro della scena, la coreografia riflette maggiormente il tema dell’erotismo e della seduzione, presentata come una sfida giocosa in cui i due sessi sono complici e realmente coprotagonisti. Il legame con la musica non si perde, ma anzi viene amplificato dall’entrata in scena in diagonale degli altri danzatori, che agiscono da contrappunto coreografico, relazionandosi in vario modo con la coppia principale, per poi riunirsi ad essa nel crescendo finale. Dopo l’intensa interpretazione dell’étoile Rebecca Bianchi e del primo ballerino Claudio Cocino alla prima del 19 settembre, i protagonisti del secondo cast – ovvero i due solisti del Teatro dell’Opera di Roma Marianna Suriano e Giacomo Castellana – si sono distinti per talento e sensualità. Foto Opera di Roma