RomaEuropafestival 2023:”Diana, Even” di Kat Válastur

Roma, Teatro Argentina
“DIANA, EVEN”
Ideazione e Coreografia Kat Válastur
Con: Xenia Koghilaki, Malika Lamwersiek, Ogbitse Omagbemi, Tamar Sonn
Pleiades Vocal Group: Aliki Atsalaki, Stella Grigovits, Vassula Delli, Eirini Kyriakou
Luci e Direzione Tecnica Martin Beeretz
Stage Design Leon Eixenberger
Costumi Marie Gerstenberger / werkstattkollektiv
Roma, 7 e 8 ottobre 2023
«Coreografia esperienziale e trasformativa» viene definita nel programma di sala l’arte di Kat Válastur, coreografa di origine greca e di adozione berlinese. All’interno di un Festival che coniuga richiami di diverse provenienze culturali e geografiche, ben si inserisce una creazione come Diana, Even, che traghetta la mitologia nella contemporaneità, il rituale nella sua reinvenzione. «Una freccia colpisce un albero nella foresta. Il colpo impone alla freccia una vibrazione infinita. La vibrazione crea increspature sull’acqua ferma e ne disturba la superficie. In quel momento Diana cade morta. Questo violento reindirizzamento del mito e del suo corso storico crea un nuovo spazio-tempo mitico. Diana esiste simultaneamente come cacciatrice e come preda, uccisa e rinata», così ci presenta il lavoro la stessa coreografa. Nell’intento di cibarsi della preda Diana, le quattro danzatrici in scena (Xenia Koghilaki, Malika Lamwersiek, Ogbitse Omagbemi, Tamar Sonn), affiancate dalle quattro voci dell’ensemble femminile di Salonicco Pleiades (Aliki Atsalaki, Stella Grigovits, Vassula Delli, Eirini Kyriakou) riattualizzano il mito, rivivendolo attraverso la loro stessa corporeità. Nello spazio di un bosco connotato principalmente dall’oscurità, sono gli stessi corpi delle danzatrici a rappresentare quella luce che informa etimologicamente il nome della Dea. Con i loro movimenti morbidi, circolari, accoglienti, volti ad accomunarsi nella fisicità della realtà di gruppo, le interpreti ricreano la dimensione esistenziale delle giovani donne mitologicamente protette e rese fertili dalla signora delle selve. Non ci pare qui di ravvisare il lato vendicativo di colei che trasformò Atteone in un cervo, solo per averla scorta fare il bagno insieme alle compagne. Di certo, però, movimento e canto si fondono per dar vita a un’atmosfera sacrale, ben lontana dai rumori della città circostante che ospita lo spettacolo. Al centro è il femminile e la potenza generatrice in esso racchiusa. E per diventarne consapevoli, bisogna spogliarsi degli abiti casual della vita contemporanea, e immergersi nella nudità di un rito d’iniziazione dal sapore mistico-religioso, ritornando infine a una nuova e matura individualità, sottolineata dalla diversità colorata degli abiti indossati nella conclusione del lavoro. Uno spettacolo all’insegna dell’essenzialità, ma che lascia il segno, lasciandoci sperare in ulteriori positivi confronti con la sua già affermata autrice. Foto Cosimo Trimboli