Roma, Galleria Borghese: “Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma”

Roma, Galleria Borghese
IL TOCCO DI PIGMALIONE. RUBENS E LA SCULTURA A ROMA
a cura di Francesca Cappelletti e Lucia Simonato
14 novembre 2023 – 18 febbraio 2024
La Galleria Borghese ha inaugurato la seconda tappa del progetto “RUBENS! La nascita di una pittura europea” con la mostra “Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma”, curata da Francesca Cappelletti e Lucia Simonato. Questo progetto, realizzato in collaborazione con la Fondazione Palazzo Te e il Palazzo Ducale di Mantova, esplora i legami tra la cultura italiana e l’Europa attraverso la prospettiva del Maestro della pittura barocca. Inoltre, si inserisce all’interno di una più ampia ricerca della Galleria Borghese focalizzata sui momenti in cui Roma, nei primi anni del Seicento, assumeva un ruolo di città cosmopolita. La mostra presenta oltre 50 opere provenienti dai principali musei mondiali, tra cui il British Museum, il Louvre, il Met, la Morgan Library, la National Gallery di Londra, la National Gallery di Washington, il Prado, il Rijksmuseum di Amsterdam, solo per citarne alcuni. La sua struttura è articolata in 8 sezioni, di cui “Il tocco di Pigmalione” pone l’accento sul contributo straordinario di Rubens, agli albori del Barocco, alla ridefinizione dei concetti di antico, naturale e imitazione. La mostra approfondisce la natura rivoluzionaria del suo stile e come lo studio dei modelli antichi costituisca un terreno fertile per un nuovo universo di immagini. “Il tocco di Pigmalione” tiene in considerazione non solo le opere italiane che testimoniano l’appassionato e libero studio degli esempi antichi da parte di Rubens, ma anche la sua abilità nel reinterpretare modelli rinascimentali e confrontarsi con gli artisti contemporanei, esplorando aspetti e generi nuovi. In questo contesto, la mostra si propone come un’analisi approfondita dei processi creativi del maestro barocco nel contesto dell’ambiente culturale del Seicento a Roma. Ovidio, nelle sue Metamorfosi, narra la storia di Pigmalione, uno stimato scultore residente sull’isola di Cipro. Rimasto a lungo senza compagnia a causa della sua percezione delle donne come lascive e indegne del suo amore, Pigmalione decise di dedicarsi completamente alla sua arte. Scolpì con maestria una statua di avorio, conferendole l’aspetto di una donna straordinariamente bella, perfetta e pura – incarnazione della sua donna ideale. La somiglianza con la realtà era tale da far sembrare la statua viva, suscitando nell’artista un profondo amore per la sua creazione. La statua divenne oggetto dei suoi baci, delle sue parole affettuose e dei suoi doni floreali e gioielli. Nel giorno dedicato alla festa di Venere, Pigmalione compì sacrifici in onore della dea, pregandola di concedergli la possibilità che la statua d’avorio potesse trasformarsi in sua moglie. Venere, toccata dall’intensità del suo amore, accettò la supplica. Colmo di gioia, Pigmalione continuò ad accarezzare la statua, temendo di essere vittima di un’illusione. Tuttavia, la statua si trasformò in un corpo vivo e pulsante. Il desiderio del protagonista venne esaudito, i due sposarono, vivendo una vita felice e appagante, come avviene nelle favole. Nelle istituzioni museali contemporanee, l’opera d’arte viene generalmente preservata a distanza dall’osservatore, avvolta nella sua inaccessibilità dietro vetri protettivi. Tuttavia, in questa circostanza, si verifica una rottura di questa consuetudine, poiché è proprio attraverso il tocco che il protagonista acquisisce la consapevolezza che l’opera, anziché rimanere in uno stato di mera esibizione, sta intraprendendo il cammino verso la vitalità. Questo mito, riflette sulla nostra percezione dell’arte e sul legame che instauriamo con essa.  Questo mito trova riscontro in molte rappresentazioni pittoriche nella storia dell’arte, con la figura della donna/scultura spesso chiamata Galatea nelle versioni successive. Il concetto di “tocco di Pigmalione” è reinterpretato in opere come quelle di Rubens, che trasforma il marmo in una materia pittorica vibrante attraverso una mirabile capacità di traduzione dei valori formali dalla scultura alla pittura. Rubens, nel suo trattato “L’imitazione delle statue”, descrive il processo di trasposizione formale dalla scultura alla pittura come “transmediale”. Suggerisce di evitare un’imitazione pedissequa del modello antico per non produrre semplici raffigurazioni di statue dipinte. Nel suo lavoro grafico, Rubens enfatizza le “maccaturae”, le pieghe morbide della pelle umana e animale, creando un effetto di vita piuttosto che di scultura. Rubens si ispira all’Antico, riconoscendo la vitalità già presente nei frammenti restaurati e nelle copie moderne. La sua indagine sulla statuaria classica si integra armoniosamente con la ricerca del naturalismo, diventando la fonte primaria per soluzioni compositive che il pittore riflette e perfeziona nel corso degli anni. La mostra si dispiega con eleganza lungo le prestigiose sale della Galleria Borghese, inserendosi armoniosamente nel contesto della collezione permanente del museo. I pannelli di un raffinato colore glicine, sui quali sono esposte le opere, si fondono con maestria ai toni opulenti dell’ambiente circostante, valorizzando con discrezione ma con forza i capolavori  presentati. Le luci, provenienti dall’impianto di illuminazione museale permanente, oscillano tra la sufficienza e, a tratti, una dispersione eccessiva, non sempre impeccabilmente dirette. Manifestando le peculiarità di una mostra di nicchia, la sua leggibilità risulta sfidante, nonostante gli sforzi compiuti per renderla accessibile. L’accentuare la necessità di evidenziare la facilità di lettura spesso emerge quando la chiarezza di insieme non risulta immediatamente evidente. Si distingue innegabilmente per l’eccellenza del suo allestimento e per le competenze scientifiche delle due curatrici, che hanno sapientemente orchestrato un’esperienza espositiva di alto livello. Le didascalie presenti risultano impeccabili, offrendo una spiegazione dettagliata e chiara di ciascuna opera, mentre i riferimenti al catalogo, di notevole qualità estetica, agevolano ulteriormente la comprensione dell’esposizione. Particolarmente degne di nota sono le fasi di rimando alle opere esposte, dove l’impostazione del catalogo si distingue per la chiarezza nelle citazioni e nelle influenze circolari, contribuendo a rendere l’intera mostra non solo un’occasione di fruizione artistica, ma anche un’opportunità di approfondimento e studio. PhotoCreditA.Novelli  ©GalleriaBorghese.