Milano, Teatro Franco Parenti: “Così è (se vi pare”

Milano, Teatro Franco Parenti, Stagione 2023/34
COSÌ È (SE VI PARE)”
di Luigi Pirandello
Signora Frola MILENA VUKOTIČ
Signor Ponza GIANLUCA FERRATO
Signor Laudisi PINO MICOL
Amalia Agazzi MARIA ROSARIA CARLI
Consigliere Agazzi MASSIMO LELLO
Dina GIULIA PAOLETTI
Signor Prefetto MARCO PROSPERINI
Signor Sirelli ANTONIO SARASSO
Signora Sirelli STEFANIA BARCA
Signora Cini ROBERTA ROSIGNOLI
Signora Nenni VICKY CATALANO
Commissario Centuri WALTER CERROTTA
Regia 
Geppy Gleijeses
Videoartist Michelangelo Bastiani
Scene
Roberto Crea
Costumi
Chiara Donato
Musiche
Teho Teardo
Light designer
Francesco Grieco
Produzione Gitiesse Artisti Riuniti
Milano, 08 dicembre 2023
Geppy Gleijeses, attore e regista dalla carriera indiscutibilmente votata al teatro letterario e di parola, ha scelto di portare in scena uno dei testi di Pirandello più famosi, ma anche meno semplici, quel “Così è (se vi pare)” che è assurto a testo-feticcio del suo autore. Proprio per il suo portato filosofico, tuttavia, il testo pirandelliano non è di immediata comunicativa drammaturgica: ogni concetto viene ribadito, enucleato, con uno stile che si protende spesso pericolosamente verso il pedantesco, com’è naturale in un’opera più interessata a veicolare messaggi che ad adempiere alla sua effettiva vocazione drammaturgica. Insomma, sì un’opera celeberrima, ma pure una piena di insidie – non ultima, la noia del pubblico. Gleijeses sembra conoscere perfettamente queste difficoltà, e le aggira con semplicità ed efficacia: la sua è una regia di impianto solo apparentemente tradizionale, quando, invece, gioca con intelligenza su ciò che è e ciò che pare, sia nel continuamente rispecchiare l’assetto della scena precedente, sia costruendo un labirinto di specchi magici da cui provengono e in cui si dissolvono i personaggi principali (il signor Ponza e la signora Frola), potente e chiara metafora della mente umana, sede del giudizio e della sua fragilità – splendida e suggestiva realizzazione di Roberto Crea. Ciò che avviene dinnanzi a questo labirinto è a sua volta tutto giocato in parallelismi e simmetrie, in un continuo rimando metatestuale in grado di appagare anche lo spettatore sine nobilitate. Molto interessante – e riuscito, grazio all’apporto di Michelangelo Bastiani – è anche proporre l’intera prima scena su degli schermi in cui i personaggi risultano alti circa mezzo metro, come lo stesso Pirandello dichiara di immaginarli al germe del suo processo creativo. Il cast, dal canto suo, dà un apporto importante, grazie a una recitazione certamente accademica, forse un po’ blasé, ma senza dubbio né ampolloso né criptico. L’omogeneità del cast riesce a ricreare una versione gretta e borghese di un coro tragico, talvolta buffonesca (come nei personaggi delle signore Cini e Nenni, perfettamente incarnate da Roberta Rosignoli e Vicky Catalano), altre illuminante (soprattutto nel personaggio di Laudisi, interpretato da Pino Micol). Superfluo, ma forse non del tutto, sottolineare come sopra tutto si stagli la figura minuta e al contempo potentissima di Milena Vukotič, che, più che una prova d’attrice, dà qui una vera lezione di recitazione (che speriamo le nuove generazioni colgano): la voce, l’inflessione, la fisicità, la mimica facciale, tutte le mezzetinte dell’espressività vengono usate, sviluppate, prendono vita di fronte ai nostri occhi attraverso l’ottantottenne Vukotič. Ascoltarla è un’esperienza totale del teatro italiano del Novecento, un teatro che ci auguriamo non venga affondato totalmente da pose e nevrosi così di moda di recente. Fra i molti bravi interpreti che la circondano, ovviamente emerge Gianluca Ferrato, un signor Ponza che giustamente non scade mai nell’istrionico, ma si trattiene costantemente senza nemmeno troppa maniera, ma con una franca resa scenica che non lascia propendere il pubblico né per la follia né per la sanità mentale. Anche l’Amalia Agazzi di Maria Rosaria Carli si nutre di equilibrio ed eleganza, in un’interpretazione sorretta da una vocalità fascinosa; tra i ruoli maschili di lato spiccano l’affettato e distaccato Signor Sirelli di Antonio Sarasso e il Commissario Centuri di Walter Cerrotta, che la regia ha gustosamente caratterizzato in maniera simpatica e macchiettistica. Infine, a coronamento della compiutezza della produzione, ma anche partecipe dello sviluppo di alcune scene, specie quelle di disquisizione su realtà e invenzione, le raffinatissime musiche di Teho Teardo gettano sui colori fané di scena e costumi un’inquietante ombra contemporanea, crando una tensione quasi da thriller – probabilmente l’unico modo possibile per riproporre oggi un testo tanto cerebrale. In replica fino al 13 dicembre, poi in una nutrita tournée qui.