Malta, XII° Valletta Baroque Festival: “San Giovanni Battista” di Alessandro Stradella

La Valletta (Malta), Co-cattedrale di San Giovanni Battista, XII Valletta Baroque Festival
SAN GIOVANNI BATTISTA”
Oratorio su libretto di Ansaldo Ansaldi
Musica di Alessandro Stradella
San Giovanni Battista FILIPPO MINECCIA
Erodiade la Figlia GILLIAN ZAMMIT
Erode ALBERT BUTTIGIEG
Erodiade la Madre ALESSANDRA VAVASORI
Consigliere d’Erode CLIFF ZAMMIT STEVENS
Valletta Baroque Ensemble
Direttore Steven Devine
La Valletta (Malta), 23 gennaio 2024
Da ormai diversi anni Malta ospita nella sua capitale uno dei più importanti appuntamenti per la musica barocca, il Valletta Baroque Festival, che intende creare un preciso dialogo tra il ricco patrimonio Sei e Settecentesco della città e l’universo musicale del medesimo periodo. Il fitto calendario d’eventi si snoda nel mese di gennaio, sebbene già in autunno alcune manifestazioni lo anticipino (nel 2023 la messa in scena di “Apollo e Giacinto“ di Mozart). Abbiamo avuto la fortuna di poterci recare a Malta in questi giorni e testimonieremo quattro eventi che ben incarnano lo spirito di questa splendida iniziativa, a cominciare dalla proposta in forma di concerto dell’oratorio “San Giovanni Battista” di Alessandro Stradella, compositore che negli ultimi anni sta giustamente venendo riscoperto, splendido rappresentante di quel periodo che va da Monteverdi a Scarlatti e dal quale – a torto – ancora poco attingono i teatri. Questo oratorio ha tutte le carte in regola per entrare nel grande repertorio barocco: parti vocali scritte mirabilmente e ben variate, una partitura estremamente equilibrata, né troppo scarna né pretenziosa, che si nutre dell’interessante mélange tra strumenti a corde (siano essi archi, cembalo o tiorba), e una tensione drammatica che potrebbe benissimo favorire la messa in scena. Questa è probabilmente l’unica pecca della recita cui abbiamo assistito: se si fosse lavorato nella direzione di una drammatizzazione probabilmente avremmo goduto ancora di più della gemma stradelliana. Anche perché attenta alla resa drammatica è stata in primis la conduzione del maestro Steven Devine, che dalla partitura ha chiaramente ricavato le molte sfumature che caratterizzano i personaggi – e le ha comunicate con diverse rese strumentali nei recitativi. Devine imprime il suo appassionato tocco a entrambe le formazioni che ha davanti, sia quello di Concertino che quello di Ripieno, costruendo linee musicali coese e coerenti con le linee di canto dei solisti. Fra di essi, tutti di livello alto, spiccano i fulgidi talenti di Gillian Zammit e Albert Buttigieg, soprano e basso: la prima è la vera star della serata, sia in quanto autoctona, sia per il ruolo assai impegnativo di Erodiade la Figlia (giacché il libretto non riporta il nome di Salomè, forse in ottemperanza alla tradizione strettamente evangelica, che ne omette il nome); con una bella vocalità, piacevolemente piena, associata all’assoluta precisione nell’intonazione, anche nelle agilità più ardite, la Zammit conferisce all’interpretazione un che di malioso, distante dalla solita – e spesso poco opportuna – espressività barocca. Accanto a lei Buttigieg ha da affrontare l’altrettanto difficile ruolo di Erode che si estende su quasi tre ottave: l’emissione è vigorosa e l’attenzione a una varietà della resa coloristica sono gli assi nella manica di questo interprete locale che ci auguriamo di poter risentire anche fuori dalla sua isola, giacché meriterebbe senza dubbio di essere apprezzato in altre sedi teatrali e concertistiche. Accanto a loro l’italiano Filippo Mineccia, nel ruolo eponimo, certo non sfigura, sebbene la parte smaccatamente contraltile del Battista lfaccia emergere un certo disagio proprio nella zona più centrale della voce, rispetto al regstro acuto ben sostenuto e dal piacevole smalto; in ogni caso la linea di canto è elegante e la bella gamma espressiva garantisce il pieno apprezzamento della sua performance. Ad Alessandra Vavasori è toccato il “cerino corto” di Erodiade la Madre, la parte più breve dell’oratorio, che comunque il mezzosoprano rende correttamente; esprimiamo invece qualche riserva sul tenore maltese Cliff Zammit Stevens, che, per quanto attento al fraseggio e dotato di una vocalità tutto sommato piacevole, non sembra del tutto a suo agio nel registro acuto, con suoni si sfilacciano e talvolta perdono forza o intonazione. Il bel successo delle due repliche di questo oratorio è sancito dal chiaro e caloroso apprezzamento del pubblico, ammaliato dalle vertiginose geometrie stradelliane tanto quanto dai due Caravaggio mozzafiato ed enormi di fronte ai quali si è tenuta l’esecuzione, a loro volta nel contesto sontuoso della Co-cattedrale di San Giovanni Battista, vero gioiello d’arte barocca affrescato, tra gli altri, da Mattia Preti. Un luogo che parla – anzi, che canta – da sé. Foto Rob Matthew