Roma, Teatro Quirino Vittorio Gassman: “Racconti disumani” uno spettacolo di Alessandro Gassman

Roma, Teatro Quirino Vittorio Gassman
RACCONTI DISUMANI
da Franz Kafka
uno spettacolo di Alessandro Gassman
Con Giorgio Pasotti
adattamento Emanuele Maria Basso

musiche Pivio e Aldo De Scalzi
scene Alessandro Gassmann
costumi Mariano Tufano
light designer Marco Palmieri
videografie Marco Schiavoni
aiuto regia Gaia Benassi
sound designer Massimiliano Tettoni
trucco Serena De Pascali
Teatro Stabile d’Abruzzo
in coproduzione con Stefano Francioni Produzioni

Roma, 30 gennaio 2024
I romanzi dell’Assurdo, inclusi quelli di Franz Kafka, sono notoriamente considerati letture impegnative, e tale complessità si manifesta vividamente nei capolavori del noto autore. Al termine de “La Metamorfosi”, numerosi lettori, tra cui studenti e appassionati, si ritrovano sconcertati dalla profonda mancanza di senso e realismo che permea le vicende narrate. Ironicamente, è proprio l’assenza di significato a connettere in modo peculiare le opere di Kafka alla realtà. Sia attraverso la dissociazione e il disgusto verso se stessi presenti nella Metamorfosi, l’immobilità dei processi nel “Processo”, o l’alienazione e il mistero che caratterizzano il “Castello”, Kafka abilmente distilla in ogni sua opera una sensazione di confusione che si configura come l’essenza stessa della vita. La condizione umana va ben oltre il tragico o il depresso; è “Assurda”, e tutta l’umanità è semplicemente il prodotto di “uno dei brutti giorni di Dio.” Non c’è un “significato” per dare senso alle nostre vite. Paradossalmente questa assenza di senso ci permette di leggere dentro ai racconti di Kafka qualsiasi senso ci vada di trovare. Ma qualsiasi “significato” si cerchi di dare, esso crolla, perché non vi è una base di senso e di significato a sorreggere i testi di Kafka. Allo stesso tempo la letteratura dell’assurdo ha una missione; affermare che la letteratura è, come qualsiasi altra cosa, senza senso. La disciplina di Kafka e le opere di Samuel Beckett ne sono una dimostrazione: “lo scrittore non ha nulla per esprimersi, non ha nulla da cui esprimersi, non ha potere di esprimersi, non ha desiderio di esprimersi; tutto ciò insieme all’obbligo di esprimersi”. Alessandro Gassmann, attraverso una reinterpretazione della scrittura kafkiana, ha scelto Giorgio Pasotti come strumento per affrontare e rappresentare due racconti meno noti dell’autore – “Una relazione per un’accademia” e “La tana” – collocandoli sotto il titolo di “Racconti disumani”, cercando così di infondere nuova vitalità a tali narrazioni attraverso l’espressione teatrale. Nel primo monologo, l’attore dà vita a una scena intensa, incarnando una scimmia umana vestita con frac porpora e gilet di lustrini su un trespolo illuminato nel buio assoluto. Il palco, dominato da un leggio e da un velo trasparente, proietta videografie della giungla e ricordi della vita da scimmia. In “Una relazione per un’Accademia,” si esplora soprattutto la propensione umana a uniformarsi e confondersi, simile a scimmie ammaestrate. Il tormento della scimmia addomesticata emerge attraverso versi naturali che occasionalmente emergono, esprimendo il rimpianto per la perdita dell’identità ed incarna una sorta di Socrate che mette in discussione le certezze comuni, affermando l’ignoranza profonda riguardo a noi stessi. Nel secondo capitolo, intitolato “La tana”, il protagonista assume la forma di un roditore che elabora una complessa dimora sotterranea, concepita per sfuggire a potenziali minacce esterne. Il suo stato d’agitazione è manifestato attraverso l’utilizzo di un dialetto del settentrione italiano, caratterizzato da un tono chiuso e teso, con discorsi nevrotici e veloci indirizzati sia al pubblico che a sé stesso. La scenografia sottolinea l’inquietudine derivante dal suo isolamento autoimposto e dalla paura dell’ignoto, incorporando un telo ben illuminato che rappresenta gli ingressi delle tane nel terreno. Le luci si concentrano sulle aperture da cui il roditore emerge, coinvolgendosi in una corsa estenuante attraverso il complesso sistema di cunicoli sotterranei. Gli sguardi ansiosi degli spettatori seguono attentamente luci, movimenti e passaggi, immergendosi in una sensazione di affanno condivisa dal protagonista. La scenografia e l’impatto visivo si fondono con le evocative musiche di Pivio e Aldo De Scalzi, contribuendo a delineare le storie in modo simbolico. Le composizioni musicali si rivelano particolarmente significative nei momenti chiave di entrambi i monologhi. In “Una relazione per l’accademia” i suoni seguono l’evoluzione della scimmia ammaestrata, trasportandoci nei ricordi della sua vita in cattività. La musicalità sanguigna e carnale risuona quando l’anima animalesca prende vita. Quando il suono si trasforma in parole di senso compiuto, si manifesta come una conquista, un’ascesa a uno stato potenzialmente più consapevole, esplodendo in un trionfo di toni alti dal forte impatto. Nella sezione dedicata a “La tana”, l’ansia e la paura del roditore si trasmettono allo spettatore. In silenzio, si tendono le orecchie per percepire indizi soffusi di una possibile minaccia esterna. Piccole incursioni sonore forniscono leggeri input, preparando il terreno per il pericolo imminente che si annuncia senza preavviso, cercando di cogliere di sorpresa. L’equilibrio tra la visione registica e la grandiosità scenografica risulta cruciale. Se nella prima parte il regista si manifesta come guida assertiva, nella seconda parte sembra sussistere un rischio di essere sopraffatti dall’elaborato scenario, compromettendo l’armonia complessiva della produzione. Un meticoloso lavoro di equilibrio tra regia e scenografia potrebbe migliorare sensibilmente l’esperienza complessiva dello spettacolo. Questa riflessione, tuttavia, non intende sminuire il successo generale dell’esperimento. Anzi, la regia di Gassman si configura come un risultato apprezzabile e, nonostante le sfide riscontrate, si profila come un pioniere per future esplorazioni teatrali di natura simile. Giorgio Pasotti si distingue notevolmente in questa pièce teatrale . L’attore, infatti, rivela una sorprendente maestria nell’affrontare le due figure animalesche ognuna dalle caratteristiche sfaccettate. Dotato di una versatilità sia fisica che vocale, Pasotti incarna con convinzione l’umano dalle peculiarità rozze e animalesche, narrando con distacco la sua metamorfosi. Attraverso una performance coinvolgente, esprime la rabbia iniziale, la successiva rassegnazione e, infine, l’accettazione dell’unica via di fuga. Nel corso dello spettacolo, si distingue per la sua abilità nel ridicolizzare e accusare gli umani e le loro abitudini, conferendo al racconto un tono critico e satirico. La rapidità con cui l’attore si trasforma, tanto fisicamente quanto emotivamente, rivela l’onestà della sua interpretazione. Questa versatilità ha contribuito in modo significativo a creare un’esperienza teatrale coinvolgente e poliedrica per il pubblico che ha saputo premiarlo con applausi  più che calorosi. Recite sino al 04 Febbraio 2024.