Roma, Sala Umberto: “Buonanotte Mamma” regia di Francesco Tavassi

Roma, Sala Umberto
BUONANOTTE MAMMA
di Marsha Norman
con Marina Confalone, Mariangela D’Abbraccio
Regia di Francesco Tavassi
Scene Alessandro Chiti
Costumi Maria Rosaria Donadio
Musiche Davide Cavuti
Luci Marco Palmieri
Produzione Stefano Francioni produzioni SRL

Roma, 15 Febbraio 2024
Due donne, madre e figlia, si trovano a confrontarsi, a scontrarsi, tra le pareti di un ambiente domestico che pare soffocante. Il testo “Buonanotte mamma” si dispiega come un atto unico, con soli due personaggi in scena: Jessie Cates, una donna quarantenne divorziata e malata, e sua madre vedova, Thelma. Fin dalle prime battute, la figlia annuncia alla madre le sue intenzioni suicidarie: dopo averle augurato la buonanotte, si rinchiuderà nella stanza e si toglierà la vita. Non è un gesto minaccioso né una richiesta di aiuto; è una decisione lucida e irreversibile. Nonostante la disperazione della madre, che cerca in ogni modo di dissuaderla, raccontando i suoi dolori e le sue amarezze, la figlia rimane ferma nella sua determinazione. Man mano che la storia si dipana, i vecchi fantasmi della vita familiare emergono, svelando un’altra realtà, ma la figlia non vacilla. La tragedia si annuncia con fermezza, e tutti si chiedono fino all’ultimo: riuscirà la madre a fermarla? Il testo, firmato da Marsha Norman e pluripremiato (Pulitzer nel 1983), oscilla tra leggerezza e drammaticità, narrando le due determinazioni: quella di una figlia che vede la sua esistenza come un fallimento e sceglie di porre fine alla propria vita, e quella di una madre che lotta disperatamente per impedirlo. Senza alcun dubbio la drammaturgia del testo la regia di Francesco Tavassi sono coinvolgenti. La resa minimalista e scarna del testo, con l’eliminazione delle introduzioni e delle voci fuori campo ed anche del figlio di Jessie , accelera il ritmo e accentua la sensazione di soffocamento delle due protagoniste. Tutto si svolge entro le pareti domestiche di una casa ricca di dettagli: oggetti domestici, arredi, lampade descrivono l’interno di una abitazione borghese . Mobili, soprammobili  ingombrano la scena eccellentemente strutturata da Alessandro Chiti. In questa apparente tranquillità, le parole colpiscono come pugni nello stomaco.  Un grande orologio in movimento scandisce il tempo che resta, il tempo che scorre ed il tempo che verrà. Il tema del testo è estremamente attuale, considerando l’incremento dei suicidi, specialmente tra le persone disoccupate, in precarie condizioni economiche o affette da depressione. La recitazione delle due donne è intensa e convincente. Marina Confalone si distingue nel ruolo della madre, esplorando con maestria ogni sfumatura emotiva attraverso la propria voce. Dal cinismo all’incredulità, dalla determinazione alla rabbia, passando per la paura, la disperazione, la pietà e infine la rassegnazione, l’attrice offre un’interpretazione magistrale che cattura l’attenzione del pubblico. Mariangela D’Abbraccio porta cuore e intelligenza nel personaggio di Jessie. La sua interpretazione, priva di virtuosismi e ostentazioni tecniche, è caratterizzata da generosità, autenticità e coinvolgimento, senza mai cadere nella retorica. Constatiamo che, sebbene talvolta la proiezione della voce in sala possa risultare insufficiente per garantire una piena comprensione dei passaggi, le intenzioni e la mimica delle due attrici riescono nondimeno a suggerire con chiarezza il filo conduttore della narrazione. Applausi sinceri per le due interpreti. La felicità non è sempre evidente, a volte si nasconde dietro veli sottili che richiedono uno sguardo attento. Bisogna saper riconoscere la magia nelle piccole cose, come fa la madre nel testo. È difficile restare indifferenti durante lo spettacolo, quando il teatro ci spinge a riflettere sulla nostra stessa esistenza. Solo con questa consapevolezza condivisa si può tornare ad apprezzare il senso di comunità e di condivisione. Perché in fondo la vita è meravigliosa come diceva “qualcuno”.
Assolutamente da vedere. Qui per tutte le altre recite.