Milano, MTM – Teatro Leonardo, Stagione 2023/24
“LE TROIANE”
da Euripide
Ecuba BENEDETTA MARIGLIANO
Taltibio FRANCESCA BIFFI
Cassandra CINZIA BROGLIATO
Andromaca CAROLA BOSCHETTI
Astianatte ALESSANDRO SIMONINI
Elena ELEONORA IREGNA
Menelao CLAUDIO ORLANDINI
Regia Claudio Orlandini
Scene e costumi Valentina Volpi
Musiche originali Gipo Gurrado
Luci Alessandro Bigatti
Produzione Comteatro
Milano, 16 aprile 2024
Ci sono recensioni negative che non farebbero bene a nessuno, poiché la riuscita dell’opera, nella sua totalità, risulta irrimediabilmente compromessa; e ci sono stroncature che sono originate da difetti molto specifici, che si spera possano venire emendati tramite la critica. La presente è una di queste, giacché “Le Troiane” recentemente in scena al Teatro Leonardo è uno spettacolo che raggiunge risultati tanto alterni nell’arco di settanta minuti da essere quasi disorientante. Ad esempio, troviamo le scene e i costumi di Valentina Volpi interessanti ed efficaci: le tende ai quattro angoli del palco, i mobili rovesciati, la commistione di stili e periodi, aiutano ad uscire da un modello specifico alla ricerca dell’universalità del dramma, così come la palette su toni acromatici – beige, grigio, carne, cipria, seppia ecc – contribuisce alla cancellazione dei corpi e delle coscienze, effetto e causa di ogni guerra. Molto suggestiva anche la cornice luce/suono: il progetto luminoso di Alessandro Bigatti è puntuale, accompagna il testo senza didascalia e ci propone alcuni effetti affascinanti; le musiche originali di Gipo Gurrado sono una vera chicca, tra elettronico e sinfonico, tra il lamento e la techno, enfatizzano la loro natura extradiegetica per divenire una vera colonna sonora, un sostegno fattuale alla riuscita artistica della produzione. I problemi oggettivi cominciano ad emergere in parte con la regia di Claudio Orlandini: la scelta di un testo simile, infatti, impone in primo luogo di ascoltare questo testo, che ci racconta già una ineludibile regia – gesti, posizioni, espressioni. Se il regista vuole – del tutto lecitamente – allontanarsi da essa, farà bene a stornare dal testo quei passi nei quali compaiono tali indicazioni (un esempio: se un personaggio dice di essere steso a terra, rischia di sembrare ridicolo nel restare in piedi; così come se uno allude a un oggetto in scena, l’oggetto deve esserci, magari simbolizzato, ma non si può eludere); l’alternativa a questi accorgimenti è di costruire una regia completamente astratta, del tutto basata sulla forza impressiva di una parola recitata con grande maestria, ossia nella quale la parola sia l’oggetto in tutto e per tutto. Purtroppo, non è il caso di queste “Troiane“, il cui problema maggiore sta in primis in una regia che non si relaziona autorevolmente col testo – ne è la prova il fatto che su nessun materiale (locandine, programmi ecc) compaiano le diciture di traduzione e adattamento, come se questo testo si sia catapultato dal 415 a.C. al 2024 d.C. per magia – e infatti non si riscontra nemmeno una coerenza interna alla regia, che, in un generale clima declamatorio innesta anche una recitazione più naturalista – come nel caso del personaggio di Elena; a questa grave pecca si aggiunge, imprevedibilmente, una selezione inefficace del cast, sia sul piano dell’età (difficilmente credibile una Ecuba trentenne, con Cassandra e Andromaca sulla cinquantina), sia su quello più basilare della preparazione – abbiamo due interpreti affette da pesanti sigmatismi, una totalmente priva di dizione. Brilla in questo contesto solo la performance di Cinzia Brogliato, una Cassandra dai ritmi precisissimi, impegnata in una prova fisica decisamente coinvolgente e unica, tra gli interpreti, a dare un peso credibile alla parola. Per il resto, tutto il cast si assesta su un livello medio-basso, con lo stesso Orlandini nei panni di un Menelao molto convenzionale, e una serie di prove piuttosto stereotipate quando non fraintese – come l’Andromaca recitata in fretta e senza una vera gamma di intenzioni di Carola Boschetti, o l’Ecuba gelida e povera di colori di Benedetta Marigliano, o ancora l’Elena di Eleonora Iregna, senza alcuna dizione né consapevolezza del personaggio. Purtroppo la scarsità del lavoro sul testo si percepisce chiaramente anche sulla base dei diversi errori di pronuncia delle parole più auliche o più specifiche (“ínfida” al posto di “infída”, “Átridi” invece di “Atrídi” e via dicendo), e comunica una sensazione di straniamento nei confronti di uno spettacolo pesantemente al di sotto delle aspettative e che avrebbe potuto invece rivelarsi molto migliore.