Claudio Monteverdi: “Disprezzata regina” (“L’incoronazione di Poppea”); Antonio Cesti: “Sinfonia”, “S’un guardo mi vinse” (“Argia”); Luigi Rossi: “Passacaglia del Signor Luigi”; Giovanni Paolo Cima: “Sonoata due, violino e violone”; Filiberto Laurenzi: “O cara libertà” (“Concerti ed arie”); Girolamo Frescobaldi: “Canzo prima a basso solo” (“Canzoni da sonora ad una due tre quattro con il Basso Continuo”); Giovanni Ceresini: “Simulacro d’amore”; Antonio Cesti: “Ecco l’alba che ridente” (“Argia”); Filiberto Laurenzi: “Spero, aspetto e non viene”, “Per far nascere un Chirone”, Stolta Melanto ignuda” (“La finta savia”). Roberta Invernizzi (soprano); Lucia Cortese (soprano), Ensemble Sezione Aurea, Filippo Pantieri (direttore e maestro al cembalo). Registrazione: Sala dell’Arengo del Castello Malatestiano di Longiano (FC), dicembre 2017. 1 CD Brilliant Classics 96716
Cosa sarebbe stata l’opera lirica senza il divismo? Senza le prime donne capaci di creare attorno a se un’aura persino superiore alle proprie qualità effettive? Probabilmente un fenomeno molto più marginale e meno capillarmente diffuso di quello che fu dalla metà del Seicento a quella del Novecento. Un nuovo cd Brilliant ci porta sulle tracce della prima vera diva della storia dell’opera lirica, la romana Anna Renzi (1620 – dopo il 1662) allieva di Laurenzi, prediletta da Monteverdi e autentica dominatrice della scena lirica veneziana intorno alla metà del Seicento quando la città lagunare aveva saputo trasformare gli sperimentalismi accademici e cortesi in un genere di ampio consumo. La Renzi ci appare come archetipo di tutte le dive future. Autentica virtuosa – con lei il recitar cantando comincia sempre più ad animarsi di quei passaggi di bravura che alla fine del secolo porteranno all’affermazione del belcantismo barocco – artista sensibile e convincente, figura scenica affascinante “una suavissima Sirena, che dolcemente rapisce gli animi, e alletta gli occhi, e l’orecchie degli ascoltanti” come la definisce nel 1641 Giulio Strozzi. Il gran numero di dediche da parte di musicisti, poeti e amatori delle arti documentano l’enorme popolarità di cui godeva la Renzi.
A dar voce alla prima diva è Roberta Invernizzi, specialista assoluta di questo repertorio, accompagnata dall’Ensemble Sezione Aurea. La compagine orchestrale impone al prodotto il proprio taglio in modo assai evidente. Si tratta di una formazione molto ridotta, composta quasi solo di solisti che quindi concentra la propria attenzione sul gioco delle singole sonorità. L’approccio è molto rigoroso, non si procede a integrare le scarse indicazioni presenti sulle partiture – normalmente intese come linee guida da adattare caso per caso – ma le realizza in modo rigoroso. In totale la compagine strumentale conta di otto elementi sotto la guida di Filippo Pantieri nel doppio ruolo di direttore e maestro al cembalo.
Il programma si apre con “L’incoronazione di Poppea di Monteverdi, opera della definitiva affermazione della Renzi la cui prima vide la cantante romana impegnata in ben tre ruoli (Ottavia, Drusilla e Virtù) accomunati da tratti simili di scrittura e mai presenti congiuntamente in scene. La scelta cade qui sul lamento di Ottavia “Disprezzata regina” dove la Invernizzi sfoggia una dizione autorevole e autenticamente tragica anche se forse un poco più di dolcezza non avrebbe guastato.
Troviamo poi una serie di arie e canzoni tratte da opere di Cesti e Laurenzi compreso il duetto “Ecco l’alba che ridente” dall’”Argia” di Cesti (1655) in cui la Invernizzi è affiancata da Lucia Cortese membro dell’Ensemble. I brani dell’”Argia” testimoniano la rapida evoluzione del gusto. L’impostazione è tradizionale e non manca di senso drammatico ma il gusto prettamente musicale, la piacevolezza melodica e la presenza sempre più massiccia di fiorettature sono il segno di un’evoluzione cui le doti vocali della Renzi non devono essere state estranee.
La voce della Invernizzi è molto solida, sicura su tutta la linea e facile nelle colorature. Si nota qualche asprezza ma nel complesso non disturba e quasi si adatta al carattere di certi brani. La dizione è sempre molto chiara, elemento fondamentale in questo repertorio.
Il programma è chiuso da tre arie da “La finta savia” di Filiberto Laurenzi del 1643. Il clima è totalmente diverse, prevale qui un taglio gusto e brillante, una sincera alla gioia del fare musica e di farla ascoltare che non può lasciare indifferenti e rende assai curiosi di poter ascoltare integralmente quest’opera così come altri lavori del compositore emiliano. La scrittura vocale è qui particolarmente ricca e brillante, Laurenzi sapeva come esaltare al massimo le qualità della sua alleva e farla brillare nel migliore dei modi.
Mancano estratti da alcuni dei maggiori successi della Renzi come “La finta pazza” di Sacrati e il “Bellerofonte” di Sartori. Il cd è completato da una serie di brani strumentali sia per clavicembalo solo – particolarmente apprezzabile per il suo virtuosismo “Simulacro d’amore” di Ceresini – sia per gruppi strumentali variabili. Si tratta di composizioni di Cesti, Cima e Frescobaldi che vanno da divisione tra i brani cantati e contribuiscono a creare il clima sonoro del tempo.