Roma, Teatro dell’Opera: “La Sonnambula” (Cast alternativo)

Roma, Teatro dell’Opera
“LA SONNAMBULA”
Melodramma in due atti con libretto di Felice Romani, basato sul balletto-pantomima La sonnambule, ou l’arrivée d’un nouveau seigneur di Eugène Scribe
Musica Vincenzo Bellini
Lisa FRANCESCA BENITEZ
Alessio MATTIA ROSSI*
Amina RUTH INIESTA
Teresa MONICA BACELLI
Il Notaro LEONARDO TRINCIARELLI
Elvino MARCO CIAPONI
Il Conte Rodolfo MANUEL FUENTES
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Francesco Lanzillotta
Maestro del Coro Ciro Visco
Regia, Scene e CostumiJean-Philippe Clarac & Olivier Deloeuil “LE LAB”
Drammaturgia Luc Bourrousse
Video Pascal Boudet e Timothée Buisson
Graphic Design Julien Roques
* Dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma

Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Nuovo allestimento Teatro dell’Opera di Roma

Roma, 11 Aprile 2024
Nella rinomata cornice del Teatro dell’Opera di Roma, la produzione della Sonnambula di Vincenzo Bellini continua a catturare l’attenzione del pubblico con l’alternanza di due cast distinti. Il fulcro del nostro approfondimento verte, quindi, sull’elemento più dinamico e potenzialmente trasformativo di questa produzione: gli interpreti. Ogni voce porta con sé un timbro unico, un’intensità e una capacità espressiva che possono variare significativamente l’atmosfera di un’opera, la percezione dei personaggi e, di conseguenza, la reazione del pubblico. Nel caso della Sonnambula al Costanzi, l’alternanza dei cast si traduce in una doppia opportunità di scoperta per gli spettatori: quella di ascoltare le celebri melodie belliniane sotto nuove luci interpretative e quella di assistere a un rinnovato dialogo emotivo tra i personaggi. Jean-Philippe Clarac e Olivier Deloeuil hanno adottato un approccio innovativo, concentrandosi sull’introspezione del personaggio di Amina piuttosto che sull’epifania del suo risveglio, un elemento che emerge già dall’ouverture. La messinscena, collocata nella Galleria Elvezia, una struttura pop-up all’interno del teatro, guida il pubblico in un viaggio attraverso il complesso universo onirico di Amina, con l’ausilio di riprese video realizzate in una camera d’albergo e nel Palazzo Barberini. Numerosi sono i riferimenti artistici nei pannelli di sfondo: dalla “Fornarina” di Raffaello alla “Vestale Tuccia” di Corradini, passando per il “Cristo Velato” di Giuseppe Sanmartino e arrivando alla “Maddalena Penitente” di Charles Mellin. Questa scelta registica offre una nuova dimensione all’opera, puntando su un’interpretazione più intima e psicologica e che tenta di creare un dialogo visivo ricco di affascinazione. Il collettivo Clarac-Deloeuil, noto per il suo approccio multidisciplinare e per l’integrazione di questioni socio-politiche nelle sue produzioni, ha introdotto numerose innovazioni per rinfrescare la narrazione. Tra queste, la reinterpretazione di personaggi come Lisa, che contrasta la fragile innocenza di Amina, creando una tensione narrativa significativa. Questi elementi modernizzanti, tuttavia, hanno ricevuto un’accoglienza mista dal pubblico, abituato a interpretazioni più tradizionali dell’opera belliniana, culminando in numerosi chiacchiericci di disapprovazione durante la recita. La direzione di Francesco Lanzillotta porta in luce l’eleganza nascosta della musica di Bellini, mostrando una sensibilità unica nell’esplorare le dinamiche e le sfumature timbriche. La revisione critica dell’opera sottolinea la necessità di un approccio rifinito e consapevole, liberando la composizione dalle modifiche eccessive e dalle abitudini consolidate negli anni. In questa chiave di lettura, l’orchestra assume un ruolo cruciale, non solo supportando le voci ma arricchendole, integrando le melodie con colori e dettagli sottili. Questa sinergia tra voce e strumenti, arricchita dalle variazioni ritmiche e dalle pause che Lanzillotta infonde con maestria, culmina in momenti di pura emozione, dimostrando la profondità e la complessità dell’opera di Bellini. La performance del Coro del Teatro dell’Opera di Roma, sotto la direzione attenta e infaticabile di Ciro Cisco, ha brillato in una dimostrazione di talento e competenza. Ruth Iniesta, nel ruolo di Amina, dimostra evidenti competenze vocali caratterizzate da una notevole agilità e potenza, unite a una profonda padronanza tecnica. La sua capacità di modulare con precisione la dinamica vocale, spaziando abilmente tra delicatezza dei filati e l’intensità dei fortissimi, nonché attraverso tutti i gradi intermedi, evidenzia una tecnica raffinata e una versatilità notevole. In aggiunta, il suo fraseggio è eseguito con un’intelligenza musicale che contribuisce a una resa emotiva abbastanza intensa e sfaccettata, mentre la sua presenza scenica (compatibilmente con le scelte registiche) è marcata da un’autorevolezza e una convinzione che rafforzano ulteriormente la sua interpretazione. Manuel Fuentes ha dato vita al Conte Rodolfo con una performance vocale di spicco, caratterizzata da una maturità e una dolcezza cantabile che hanno raggiunto il loro apice nell’aria “Vi ravviso o luoghi ameni”. Al suo fianco, Marco Ciaponi nel ruolo di Elvino ha dimostrato una sicurezza e un’intensità notevoli, affrontando con coraggio l’intero arco narrativo del personaggio, nonostante alcuni momenti in cui la brillantezza della sua voce abbia leggermente vacillato. Francesca Benitez, vestendo i panni di Lisa, ha lasciato il pubblico a bocca aperta con una presenza scenica audace e aggressiva, arricchita da una qualità vocale pressoché impeccabile, fatta eccezione per rare imperfezioni nell’aria d’apertura. A completare questo quadro, Monica Bacelli ha interpretato il ruolo di Teresa, distinguendosi per un’ottima dizione e una credibilità scenica di rilievo. Il pubblico ha riservato appalusi ai cantanti e al direttore d’orchestra, ma ha reagito con disapprovazione alla regia. Questa dicotomia suscita una riflessione.
Nell’ambito della regia teatrale, l’obiettivo non è mai stato quello di rimanere nell’ombra o passare inosservati. Al contrario, l’aspirazione è sempre stata quella di lasciare un’impronta indelebile, non tanto attraverso stratagemmi visivi eclatanti o manipolazioni audaci del materiale originale, ma piuttosto mediante la capacità di illuminare le profondità nascoste di un personaggio, di svelare i sottintesi intricati e di navigare le complessità di una situazione con sensibilità e intelligenza. L’arte della regia, quindi, si misura nella sua capacità di rendere comprensibile l’incompreso, di dare voce all’inaudito, senza mai stravolgere l’essenza del testo per mero vezzo di modernità o nostalgia del passato. È in questo equilibrio delicato e rispettoso che una regia si distingue, diventando un ponte tra l’opera e il suo pubblico, una guida che conduce alla comprensione senza mai perdere di vista l’autenticità e la sincerità dell’interpretazione.  Nel caso specifico, pur non brillando per estetica, la regia non ha compromesso l’integrità del linguaggio musicale, il che non è affatto trascurabile. Photocredit@Fabrizio-Sansoni Teatro dell’Opera di Roma.