Roma, Teatro Vascello: ” Description (of a description)” di Lucinda Childs

Roma, Teatro Vascello
DESCRIPTION (OF A DESCRIPTION)
Interprete e coreografa Lucinda Childs
Testo Susan Sontag
Musica, Set e Light Design Hans Peter Kuhn
Direttore tecnico Reinhard Bichsel
Direzione di progetto Marta Dellabona
Direzione di produzione Martina Galbiati
Produttore Franco Laera
SCHRÖDINGER HAD CAT NAMED MILTON
Coreografia Michele Pogliani in collaborazione con i danzatori
Interpreti Agnese Trippa, Nicolò Troiano, Mattia Romano, Michele Pogliani
Special Guest Lucinda Childs
Visual Design Michele Innocente
Sound Design Maurizio Bergmann
Light Design Stefano Pirandello
Costumi e scenografia Tiziana Barbaranelli
Riprese video Daniele Lazzara
Coordinatore di produzione Fabrizio De Angelis
Roma, 7 aprile 2024
Si intitola Description (of a description) il monologo danzato il 7 aprile scorso da Lucinda Childs al Teatro Vascello su testo di Susan Sontag. Una narrazione di stati d’animo, un flusso di coscienza interrotto da poche sostanziali azioni. “… Un uomo… improvvisamente collassò, proprio davanti a me”, “… come colpito da un fulmine”. Un urlo. “Nessuno l’aveva colpito in testa con un’accetta. Non c’era stato alcun colpo di pistola. Io non c’entravo niente con la sua sventura”. “Lo tirai su da sola”. “… e mi presi cura di lui”. In scena una figura eterea, incorniciata dall’argento dei capelli che ci suggeriscono la vastità del suo percorso scenico e di vita. Lucinda Childs è in effetti un’icona della danza, nota per la sua partecipazione ai lavori del Judson Dance Theater ed ancor più per aver espresso uno stile di danza minimalista. La traccia lasciata nella storia dello spettacolo e della danza è segnata da titoli come “Officier dans l’Ordre des Arts et des Lettres” e da un “Leone d’Oro alla Carriera” conferitole alla Biennale di Venezia nel 2017. Tra i lavori più noti il famoso Einstein on the Beach nato nel 1976 dalla collaborazione con Robert Wilson e Philip Glass. Un lavoro lungo cinque ore che non si basava su una storia, ma che allo stesso tempo era in grado di esprimere emozioni attraverso i gesti e di visualizzare in modo chiaro la musica.  Seguì nel 1979 Dance, lavoro creato insieme a Philip Glass e Sol LeWitt e ispirato al concettualismo delle forme geometriche. Una danza in grado di ipnotizzare anche se spogliata dai più virtuosi tecnicismi, una danza in grado allo stesso tempo di provocare emozioni pur nella sua astrazione. In realtà, in ogni movimento è nascosta una intrinseca narrazione. È questo il segreto di una coreografa partita dall’aspirazione di voler fare l’attrice e divenuta successivamente autrice-interprete di lavori quali Carnation nel 1964 in cui utilizza oggetti domestici in una maniera ‘post-dadaista’. Un lungo interrogarsi sulla propria vocazione artistica che rintraccia nella danza concettuale il suo punto d’arrivo. Ecco che adesso di fronte all’avanzare dell’età, il corpo nell’associarsi al concetto della caduta evidenzia la potenza significativa della fragilità ed il ruolo del caso. A ciò si riconnette il secondo pezzo della serata, Schrödinger had a cat named Milton, presentato in prima assoluta dal coreografo e danzatore Michele Pogliani, già interprete della compagnia di Lucinda Childs per lungo tempo. In scena con lui i danzatori di MP3 Dance Project: Agnese Trippa, Nicolò Troiano e Mattia Romano, che si muovono in uno spazio astratto in connessione con video installazioni a cura di Michele Innocente. Il nome del pezzo richiama un “celebre parodosso sulla probabilità della meccanica quantistica del gatto di Schrödinger, secondo cui finché non si apre la scatola è impossibile sapere se il gatto all’interno sia vivo o morto”. In scena a tratti anche Lucinda Childs per una ricerca sui casi della danza e della vita. Foto Matteo Bertelli