Roma, Teatro Vascello
TRILOGIA: KABBARETT WEIMAR
di Antonella Ottai
con Chiara Bonome e Bruno Maccalini
Musice dal vivo Pino Cangialosi
DIVA
Roma, 22 Aprile 2024
Tra il 1919 e il 1933, durante la Repubblica di Weimar, la Germania visse un’era di straordinaria espansione culturale, artistica e scientifica, paragonata da Ernst Bloch a una nuova “età di Pericle”. Questo periodo, noto come “cultura di Weimar”, si caratterizzò per una straordinaria diversità e innovazione in campi quali l’arte, la letteratura, l’architettura, il cinema e la musica, nonostante sia stata definita retrospettivamente e criticata per la sua eterogeneità. Il fervore culturale si concretizzò in movimenti come l’espressionismo, il post-espressionismo, la nuova oggettività, e il dadaismo, oltre a fenomeni come il Bauhaus e il cinema di Fritz Lang. Questo dinamismo artistico si sviluppò nonostante le difficoltà economiche causate dai duri termini di riparazione del Trattato di Versailles e un’alta inflazione. Berlino divenne il fulcro di questa rivoluzione culturale, che vide emergere forme d’arte come le caricature politiche e il cabaret decadente, e contributi significativi in musica da parte di Alban Berg e Arnold Schönberg. Parallelamente, la filosofia e le teorie sociologiche e politiche fiorirono, culminando nel lavoro dell’Istituto di Ricerche Sociali della Scuola di Francoforte. Anche il diritto ebbe una fase di profonda riflessione e innovazione, ponendo le basi per una società più inclusiva e organizzata attorno ai principi del sindacalismo. Tuttavia, con l’ascesa al potere di Adolf Hitler nel 1933, molti intellettuali furono costretti all’esilio, e la cultura vibrante della Repubblica di Weimar fu repressa e i suoi libri bruciati, segnando un triste epilogo per uno dei periodi più ricchi della storia tedesca. Il Teatro Vascello ospita “Kabarett Weimar”, una trilogia di spettacoli che riporta in vita l’atmosfera unica dei caffè e dei kabarett dell’epoca, esplorando attraverso canzoni, provocazioni dadaiste, battute e testi famosi, le manifestazioni della modernità e le rivendicazioni femminili del tempo. La serie è iniziata con “Diva”, un’opera teatrale ideata da Ottai che porta in scena una figura immaginaria, Diva, che sintetizza vari simboli delle donne rivoluzionarie degli anni Venti. Ambientato nel Romanisches Café di Berlino, un noto punto di ritrovo intellettuale, lo spettacolo vede Chiara Bonome nei panni di Diva, che insieme a Karl, il capocameriere interpretato da Bruno Maccallini, narra l’epoca di Weimar, un periodo di transizione tra echi del passato e presagi di un imminente declino. Lo spettacolo è arricchito da una colonna sonora che va dal popolare all’avanguardia e una regia che gioca con le figure storiche della scena, da Bertolt Brecht a Valeska Gert, da Claire Waldoff a Erika Mann. Marlene Dietrich, Claire Waldoff, Anita Berber, figure iconiche e molteplici altre ancora, si fondono nella misteriosa figura di Diva, una presenza scenica che catalizza l’attenzione nel cuore vibrante della Berlino degli anni ’30. Diva è un enigma, una presenza sfuggente di cui nulla si sa delle origini né del passato. Non vi sono tracce della sua vita prima che calpeste le assi del palcoscenico, né indizi su ciò che l’ha spinta a intraprendere tale carriera artistica. La sua esistenza è avvolta nel mistero, ma ciò che risplende con certezza è il suo carisma indiscusso quando prende posto al Romanisches Café, epicentro culturale e punto di ritrovo tra i più celebrati di quel periodo storico. Sul palco, la chimica tra Bruno Maccallini e Chiara Bonome è palpabile, evidenziando una relazione che muta dinamicamente al ritmo delle loro esibizioni. La loro interazione oscilla tra la professionalità di impresario e stella e le schermaglie tipiche di una commedia degli equivoci, talvolta assumendo toni quasi familiari, in un confronto generazionale e culturale con un mondo che si trova sull’orlo di un cambiamento drastico – o, meglio, di una catastrofe. Mentre l’Europa si avvicina alla cupa era del nazionalsocialismo, la morte dell’arte e della bellezza, i due artisti danzano e recitano con una libertà che sembra sfidare i confini del tempo e del luogo. I frequenti cambi d’abito di Bonome sono un tributo alla sua capacità di trasformazione e un gioco di anticipazione per il pubblico, curioso di scoprire la sua prossima incarnazione. Le loro performance sono un tessuto ricco di riferimenti culturali, un tributo agli spiriti liberi e bohémien dell’epoca. In particolare, le figure di Tiger Brown e Jenny dei Pirati, tratte dall’ “Opera da tre soldi” di Bertold Brecht, emergono durante la serata come momenti di intensa rappresentazione teatrale. È lo spirito di Brecht che infonde a ‘Diva’ un significato profondo, una narrazione che, attraverso l’umorismo e la satira sociale, espone senza veli le ingiustizie di un mondo in bilico. Nonostante l’aura di umorismo e il calore avvolgente delle scene, l’ombra opprimente del nazionalsocialismo si insinua prepotentemente, proiettando una luce cruda sulla perdita irreparabile di un luogo amato come il Romanisches Café e di un’intera era artistica. In un’epoca segnata dalla repressione brutale della bellezza e dell’arte, ‘Diva’ si afferma non solo come un’opera di intrattenimento, ma come un potente atto di resistenza culturale e memoria storica. In scena sino al 24 Aprile 2024.