Napoli, Teatro di San Carlo: “Romeo e Giulietta”

 
Napoli, Teatro di San Carlo, stagione di Opera e Danza 2023/2024
“ROMEO E GIULIETTA”
Musica Sergei Prokof’ev
Coreografia Kenneth MacMillan ripresa da Robert Tewsley
Giulietta CLAUDIA D’ANTONIO
Romeo DANILO NOTARO
Tebaldo RAFFAELE VASTO
Mercuzio SALVATORE MANZO
Lady Capuleti ANNALINA NUZZO
Lord Capuleti GIUSEPPE CICCARELLI
Lady Montecchi FABIANA ISOLETTA
Lord Montecchi RAFFAELE DE MARTINO
Nutrice NATALIA MELE
Benvolio FERDINANDO DE RISO
Frate Lorenzo RAFFAELE DE MARTINO
Orchestra, Étoiles, Solisti, Corpo di ballo e scuola di ballo del Teatro di San Carlo
Direttore Paul Connelly
Scene e costumi Paul Andrews

Luci John B Read
Maestro d’Armi Renzo Musumeci Greco
Direttore Paul Connelly
Napoli, 3 maggio 2024
Dopo due anni esatti torna al San Carlo un titolo che, inevitabilmente, attira pubblico senza mai deludere, regalando il tutto esaurito (o quasi) per ogni recita. Si tratta della ripersa di Romeo e Giulietta del grande coreografo scozzese Kenneth MacMillan, realizzata con il Royal Ballet alla Royal Opera House – Covent Garden, nel febbraio del 1965, con Margot Fonteyn e Rudolf Nureyev primi interpreti (benché il coreografo avesse scelto come primo cast Lynn Seymour e Christopher Gable), scene e costumi di Nicholas Georgiadis. Quello proposto dal Teatro di San Carlo anche per questa stagione è l’allestimento del Birmingham Royal Ballet (2021), ovvero la versione che lo stesso MacMillan ricreò nel 1992, sei mesi prima della sua morte, con scene e costumi rinascimentali di grande effetto del giovane Paul Andrew, curata oggi dall’inglese Robert Tewsley. Il valore indiscusso di un prodotto coreografico che sposa la musica di Prokofiev ha generato un “classico” del balletto moderno e una evoluzione del modo di portare in scena la tragedia shakespeariana di grande impatto sul balletto narrativo del Novecento. Come spiegano le note di sala (che tutto il pubblico dovrebbe leggere prima di assistere a uno spettacolo per capire come inquadrare la visione senza limitarsi alle gambe dei danzatori, come per lo più accade), la poetica di MacMillan costruisce attraverso il sapiente uso antitetico di solisti e corpo di ballo una visione ‘reale’ del raccontar danzando (e segnaliamo a tal proposito, per approfondire, proprio il volume da cui abbiamo preso in prestito questa locuzione, ovvero Raccontar danzando. Forme del balletto inglese nel Novecento, di Annamaria Corea, Sapienza Università Editrice, 2017).
Una ripresa, in tal senso, giova al botteghino e i classici vanno sempre riproposti per la formazione del pubblico (nuovo o vecchio che sia). Nella scorsa recensione allo stesso titolo ci compiacevamo del miglioramento collettivo del Corpo di ballo e della nomina delle prime étoiles (di fatto Luisa Ieluzzi e Alessandro Staiano furono nominati proprio con questo balletto), anzi, scrivevamo della possibilità che finalmente aveva anche il San Carlo di non dover ricorrere a ospiti per avere un buon livello di danzatori. Sono passati due anni e gli ospiti non si sono, però, proprio più visti. Va più che bene, dunque, avere étoiles interne sempre impegnate come finalmente anche Napoli può vantare, ma la crescita per un danzatore si verifica anche attraverso il confronto con partner diversi. Trasformare il movimento in esperienza è difficile, ma a questi livelli di aspettativa da parte di étoiles di un grande teatro non accontentarsi è d’obbligo e se i giovani non si confrontano in continuazione con altri artisti nel condividere la “bottega” del palcoscenico, il grande passo tarderà ad arrivare. Ma non è solo per i danzatori. Lo stesso pubblico, osservando tecniche e stili diversi, cresce nel giudizio di ciò che vede, operando distinzioni stilistiche e tecniche. Insomma, è come leggere sempre lo stesso libro (anche se di volta in volta l’immaginazione offre alla mente del lettore immagini differenti) o leggerne di diversi.
Alla visione di questa recita, tutto questo è apparso davanti agli occhi di chi, finalmente, dopo tredici anni di militanza nella critica partenopea, non deve finalmente discutere più di tecnica quanto piuttosto di stile. Nonostante l’ottimo lavoro svolto dalla Direttrice Vayer e dalle étoiles in scena, probabilmente quello che manca ad oggi è questo. Di certo i paragoni non vanno mai fatti, soprattutto con i mostri sacri che hanno creato il personaggio di Giulietta in passato; tuttavia i danzatori sancarliani non possiedono (ancora?) la forza drammatica richiesta da ruoli come questi. Disciplinati e precisi nella difficile ‘poesia danzata’ di MacMillan, grazie alla loro solida preparazione acquisita alla Scuola di Anna Razzi con maestri che il San Carlo ha oggi purtroppo perso, sia Claudia D’Antonio (alternatasi nel ruolo di Giulietta con Martina Affaticato e Vittoria Bruno) che Danilo Notaro (Romeo in alternanza con Alessandro Staiano, Daniele Di Donato, Stanislao Capissi) non hanno di certo deluso il loro pubblico. Perfetta Giulietta nelle fattezze lei, sicura e sempre affidabile nelle esecuzioni, la D’Antonio presenta talvolta transizioni poco fluide da un movimento all’altro, una sintassi ancora ‘trattenuta’; ottima performance anche per Notaro, dal punto di vista tecnico soprattutto negli assoli, ma spesso su un piano parallelo e non incidente rispetto al dramma. A un’analisi sottile, entrambi non hanno ancora raggiunto la padronanza drammatica di un balletto così complesso, soprattutto in relazione al “metabolismo” della musica in scene come quelle del terzo atto, ma si confermano validissimi danzatori in crescita. Salvatore Manzo è stato un Mercuzio brillante nella tecnica, e in tal senso non delude mai, ma mancante dell’ironia tipica del personaggio. Corpo di ballo dalla composizione piuttosto disomogenea ma ben curato, visibilmente a proprio agio nelle scene cittadine. Bella prestazione dell’orchestra sancarliana sotto la direzione di Paul Connelly, che ha fatto vibrare con efficacia le note penetranti di Prokofiev, compositore che, grazie ai contrasti timbrici dell’organico impiegato, ha saputo dipingere la psicologia dei personaggi nell’indefinito spazio di un suono che resta nella mente di chi ascolta. Scene rinascimentali e costumi di indiscussa bellezza. 
Soddisfazione senz’altro per gli esiti e per la bellezza regalata al pubblico che, un po’ alla volta, dovrebbe imparare a leggere la difficile arte della danza, perché di fronte a qualsiasi spettacolo ognuno vede soprattutto quello che sa. (Foto Luciano Romano)