Venezia, Palazzetto Bru Zane: Fauré e le sue “Discendenze” con l’Ensemble da camera dell’Accademia Teatro alla Scala

Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival “Il Filo di Fauré”, 23 Marzo-23 Maggio 2024
DISCENDENZE”
Ensemble da camera dell’Accademia Teatro alla Scala
Violino Chiara Rollini
Viola Yanina Prakudovich
Violoncello Andrea Cavalazzi
Pianoforte Riccardo Stiffone
Gabriel Fauré: Quatuor avec piano en sol mineur n° 2; Léon Boëllmann: Quatuor avec piano en fa mineur
Venezia, 23 maggio 2024
Si è felicemente conclusa anche quest’ultima avventura musicale, promossa dal Palazzetto Bru Zane-Centre de Musique Romantique Française, con lo scopo di ridefinire ed arricchire il ritratto di un compositore come Gabriel Fauré – la cui notorietà è tradizionalmente limitata al Requiem e a poche altre composizioni –, attingendo al mondo intimista e raffinato della musica da camera, del pianoforte e della mélodie, dove il musicista francese sviluppò gli aspetti più innovativi del suo stile. Protagonisti della serata finale del Festival, sotto l’aspetto interpretativo, erano i componenti dell’Ensemble da camera dell’Accademia Teatro alla Scala, che si sono recentemente impegnati nello studio dei quartetti con pianoforte di Gabriel Fauré e dei suoi eredi, riservando – tra questi ultimi – un posto speciale a Léon Boëllmann, che come Fauré studiò presso l’École Niedermeyer, per poi intraprendere la carriera di organista. Forse anche per questo comune percorso i quartetti con pianoforte del compositore alsaziano mostrano un’innegabile affinità con quelli del musicista dedicatario di questo festival. È quello che si proponeva di dimostrare il concerto di cui ci occupiamo, ponendo a confronto due lavori coevi: il Quartetto con pianoforte in sol minore n. 2, op. 45 di Gabriel Fauré con il Quartetto con pianoforte in fa minore, op. 10 di Léon Boëllmann.
Della genesi del Secondo Quartetto con pianoforte di Fauré non si sa quasi nulla, anche perché il compositore non ne parlò mai prima di presentarlo al pubblico (1887), dimostrando un insolito riserbo. Probabilmente composto da Fauré nel 1885 o nel 1886 – subito dopo essersi aggiudicato il Premio Chartier dell’Accademia di Belle Arti per la musica da camera –, questo lavoro, di superba fattura e grande ricchezza melodica – tra l’altro dedicato a Hans von Bülow –, costituisce uno dei vertici della sua produzione cameristica, sicché risulta difficile comprendere perché non abbia mai raggiunto la popolarità del primo Quartetto, a cui peraltro è abbastanza simile, sia per le tessiture spesso sinfoniche sia per lo Scherzo capriccioso. Diversamente il suo linguaggio armonico dimostra una notevole evoluzione..
Quanto all’esecuzione di questo Quartetto – che come certe composizioni di Franck rivela una forma ciclica –, una forte intensità espressiva si è colta nel primo movimento, Allegro molto moderato, aperto da un’ardente melodia all’unisono degli archi, dalla quale, nel prosieguo della composizione, derivano numerosi temi; seducente la coda con le sue raffinate armonie, tipiche del Fauré della maturità. Caratteri decisamente contrastanti hanno rivelato i due movimenti intermedi: veemente lo Scherzo in do minore, dove il pianoforte si è imposto con un tema sincopato e affannoso, mentre gli archi si sono prodotti in vivaci pizzicati, generando un senso di inquietudine; sereno l’Adagio, aperto da un motivo dolcemente ondeggiante del pianoforte, ispirato – come il compositore stesso confessò alla moglie – dal ricordo delle campane che, da bambino, ascoltava la sera a Montgauzy, una località presso Bordeaux, dove trascorse l’infanzia, in quanto, all’epoca, il padre vi lavorava in qualità di funzionario della pubblica istruzione. Nel Finale, Allegro molto, i quattro concertisti – formidabili per l’affiatamento e il piglio vigoroso – hanno dato ancora una volta libero sfogo alla passione e all’energia, mantenendo alta la tensione fin nella coda: un crescendo elettrizzante, concluso dall’imponente ripresa – con l’indicazione: Più mosso – del secondo tema, in una manifestazione di puro piacere.
Passando al Quartetto con pianoforte in fa minore op. 10 di Boëllmann, si tratta di uno dei primi lavori conosciuti dell’autore, all’interno di un catalogo incompleto di quaranta titoli. Composto probabilmente nel 1886, fu pubblicato l’anno successivo e vinse il concorso della Société des Compositeurs de Musique. Autorevole l’Ensemble scaligero anche nell’esecuzione del secondo brano in programma. Particolarmente suggestivo è risultato l’inizio del primo movimento, Allegro un poco moderato, con un ondeggiante mormorio degli archi, al di sopra del quale il pianoforte, assumendo il ruolo di solista, ha dispiegato un tema risoluto ma intriso di tenera nostalgia, ripreso poi dal violoncello e – dopo una sequenza di scambi tormentati – anche dalla viola, ben presto raddoppiata dal violino. Un tema energico e ostinato agli archi, punteggiato dai commenti, prima staccati e poi arpeggiati, del pianoforte, è risuonato nel secondo movimento, Scherzo. Presto, percorso da passaggi molto concitati in terzine. Le dolci fantasticherie del violoncello – che intona un bel tema lirico cantabile –, riecheggiate dal violino nel registro acuto, hanno incantato nel terzo movimento, Andante, mentre un tono diffusamente brioso si è colto nell’ultimo movimento, Allegro, in cui – dopo alcune iniziali strappate degli archi – l’Ensemble ha brillato nell’intessere un discorso concertante, che ha impegnato il pianoforte e gli altri strumenti, prima all’unisono e poi in un intreccio, alla maniera di un fugato. Caloroso successo alla fine del concerto e di questa affascinante avventura, targata “Palazzetto Bru Zane”.