Roma, Teatro dell’Opera: Grande ritorno dell'”Otello” di Verdi

Teatro dell’Opera di Roma – Stagione Lirica 2023/2024
“OTELLO”
Dramma lirico in quattro atti

libretto di Arrigo Boito dalla tragedia di William Shakespeare
Musica di Giuseppe Verdi
Otello GREGORY KUNDE

Desdemona ROBERTA MANTEGNA
Jago IGOR GOLOVATENKO
Emilia IRENE SAVIGNANO*
Roderigo FRANCESCO PITTARI
Lodovico ALESSIO CACCIAMANI
Montano ALESSIO VERNA
Cassio PIOTR BUSZEWSKI

Un Araldo LEO PAUL CHIAROT
*diplomata progetto “Fabrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma

Con la partecipazione del Coro di Voci Bianche del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Daniel Oren
Maestro del Coro Ciro Visco
Regia Allex Aguilera
Scene Bruno de Lavénere
Costumi Francoise Raybaud Pace
Luci Laurent Castaingt
Video Etienne Guiol e Arnaud Pottier
Allestimento dell’Opera di Montecarlo e dell’Opera Nazionale di Tbilisi

Roma, 01 giugno 2024
Assente dal palcoscenico del Teatro dell’Opera di Roma dal 2008, torna l’Otello di Verdi in un allestimento affidato alla direzione del maestro Daniel Oren ed alla regia di Allex Aguilera, titolo che nella storia del teatro ha avuto una presenza non rara ma discontinua, basti pensare che nessuno dei tre maggiori interpreti storici del periodo dopo Del Monaco, Cossutta, Vickers e Domingo l’ha eseguito nel teatro della capitale. Il regista e lo scenografo Bruno de Lavénere ambientano la vicenda in uno spazio architettonico fisso per tutti e quattro gli atti che ricorda il bellissimo Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia, immerso in una continua notte grigia e buia e che insieme ai costumi colloca l’opera in un ipotetico rinascimento se non fosse per una scala a chiocciola che conduce ad un praticabile con una ringhiera di metallo che attraversa il palcoscenico e che confonde un po’ la collocazione temporale. Poche idee interpretative sono apparse ma fortunatamente nessun elemento che disturbi lo svolgersi di una vicenda che funziona bene di per sé, ovviamente raccontata alla luce degli emendamenti in voga oggi, con un Moro di Venezia bianco, con i capelli lunghi e lisci e completamente spogliata da qualsiasi elemento che possa ricordare anche solo per un istante i simboli della cattolica Repubblica Serenissima. Dunque niente leoni di San Marco, vessilli, croci. Perfino Desdemona dirà la sua Ave Maria quasi fosse in forma di concerto, ferma in piedi fissando il nulla senza segnarsi né prima né dopo e senza un crocifisso, un’icona o un piccolo santino fra le mani davanti al quale raccogliere i suoi pensieri e confidare la sua premonizione della morte. Tra qualche anno probabilmente più che le note di regia, nei programmi di sala diventerà necessario mettere un saggio di qualche illustre antropologo alla moda che illustri il significato di certi brani musicali. Si starà a vedere. Per il momento però godiamoci il presente che sul versante musicale ha rivelato in maniera eccellente i tanti bei momenti di questa meravigliosa partitura. Il maestro Daniel Oren beniamino del pubblico romano e dell’Opera in particolare ha narrato la vicenda con la consueta sicurezza, chiarezza di concertazione, ricchezza nella timbrica e nella dinamica e soprattutto con un sapiente uso delle pause nell’accompagnare le voci e nel creare il giusto clima di attesa dei tanti arcinoti momenti dell’opera. Il coro in autentico stato di grazia, diretto dal maestro Ciro Visco ha offerto una prova davvero macroscopica. Musicalmente inappuntabile negli attacchi e nella conclusione delle frasi sempre pulite e in sincronia, ha sfoggiato sonorità morbide e rotonde anche negli acuti più estremi e in tutto l’arco della ricca dinamica sonora, compresi i non pochi momenti di “fortissimo” così come nei “pianissimo” e riuscendo a illustrare musicalmente il balenio delle faville del “Fuoco di gioia”. Nel ruolo eponimo il tenore Gregory Kunde ha dato una grande prova in un ruolo che mostra di dominare ancora bene a dispetto della onerosità della parte e della sua età, non ce ne voglia ma crediamo che possa andarne orgoglioso, non più giovanissima. Il suo è un Otello più in linea con uno stile interpretativo basato sulla parola e soprattutto sulla ricchezza del fraseggio musicale che non sulle pur espressive esuberanze della tradizione, di grande fascino, eleganza e profondità. La voce pur soffrendo di qualche assottigliamento nel registro medio grave, in alto squilla ancora magnificamente senza durezze o forzature, libera da qualsivoglia traccia di velatura senile e pronta ad essere piegata efficacemente alle tante sfumature cercate dall’interprete. Al suo fianco abbiamo apprezzato la orgogliosa compostezza della Desdemona cantata da Roberta Mantegna che nella purezza di una linea di canto elegante, solida e priva di sforzo ha trovato una cifra musicale espressiva intensa e convincente. La concentrazione nelle pause del testo dell’ “Ave Maria” in sintonia con il direttore, sembrava veramente lasciar spazio a quei pensieri del personaggio che possono scaturire mentre si mormora una preghiera prima di addormentarsi. Jago era impersonato dal baritono Igor Golovatenko con un giusto equilibrio tra le molte sfaccettature che la parte richiede, senza mai cadere nella facile trappola di una caratterizzazione di genere e soprattutto cantato con voce sicura, ampia e una perfetta dizione. Cassio è stato interpretato con bella voce e la necessaria eleganza scenica da Piotr Buszewski. Tutti infine molto bravi musicalmente e sul piano espressivo gli interpreti dei ruoli minori fra i quali vogliamo ricordare il Montano di Alessio Verna e l’Emilia di Irene Savignano. Alla fine lunghi ed affettuosi applausi per tutti. Photocredit@FabrizioSansoni . Recite fino al 12 giugno 2024.