Venezia, Teatro Malibran: “Il Bajazet” di Antonio Vivaldi

Venezia, Teatro Malibran, Lirica e Balletto, Stagione 2023-24 del Teatro La Fenice
IL BAJAZET”
Dramma per musica in tre atti su libretto di Agostino Piovene
Musica di Antonio Vivaldi
Bajazet RENATO DOLCINI
Tamerlano SONIA PRINA
Asteria LORIANA CASTELLANO
Andronico RAFFAELE PE
Irene LUCIA CIRILLO
Idaspe VALERIA LA GROTTA
Mimi GIOVANNI IMBROGLIA, MARCO MANTOVANI
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore
Federico Maria Sardelli
Regia
Fabio Ceresa
Scene
Massimo Checchetto
Costumi
Giuseppe Palella
Light designer Fabio Barettin
Video designer
Sergio Metalli
Venezia, 7 giugno 2024
Con un nuovo allestimento del Bajazet/Tamerlano di Antonio Vivaldi, nell’edizione critica a cura di Bernardo Ticci, il Teatro La Fenice prosegue – dopo Dorilla in Tempe (2019), Farnace (2021), Griselda (2022) e Orlando furioso (2018, 2023) – nel mirabolante percorso alla riscoperta della produzione operistica del Prete Rosso. Se lo spettacolo sarà un ‘pasticcio’, vorrà dire che avremo fatto centro”: con questo apparente paradosso Fabio Ceresa esprime sinteticamente il criterio in base al quale ha ideato la propria messinscena. Il regista lombardo, insieme agli altri responsabili dello spettacolo, ha inteso affrontare il lavoro di Vivaldi, riproponendo l’edonismo, le tecniche, le “meraviglie”, che caratterizzavano il teatro barocco. Se nel ‘pasticcio’ Bajazet convivono arie da opere di vari compositori insieme ad arie, appositamente composte o mutuate da lavori precedenti, dello stesso Vivaldi, autore anche di buona parte dei bellissimi recitativi, è inevitabile che si crei uno scollamento tra tali arie e i rispettivi recitativi. Lungi dal regista, dunque, cercare una coerenza drammaturgica, che tradirebbe lo spirito originale del lavoro, destinato a un pubblico, che andava a teatro per assistere alla “rivista” delle arie più in voga sulla scena musicale del momento. Nel nuovo allestimento di Ceresa gli interpreti intonano i recitativi – raccontando il progredire della vicenda – in costume neutro come durante una prova o un’esecuzione in forma di concerto, mentre in corrispondenza delle numerose arie è previsto lo schiudersi di altrettanti siparietti, diversi tra loro per ambientazione, interpretazione, linguaggio scenotecnico. Per esempio, durante la prima aria – di Bajazet – “Del destin non dee lagnarsi”, un siparietto coloratissimo rivela il gusto per le turcherìe, in una scena da Le Mille e una notte, tra turbanti e pantofole arricciate. Diversamente nella successiva aria – di Idaspe –, “Nasce rosa lusinghiera”, l’ambientazione si trasforma, mostrando ventagli di piume e luccichìo di brillanti in un teatro di varietà, dove la showgirl si esibisce circondata dai boys. Successivamente, Tamerlano canta la sua aria, “In si torbida procella”, a cavallo di una motocicletta davanti a uno schermo su cui scorre una strada con effetto cinematografico. In un’ambientazione domestica – stile anni Cinquanta – resa con colori pastello, Andronico canta la sua disperazione (“Non ho nel sen costanza”), tentando poi goffamente e reiteratamente il suicidio. Il secondo atto, invece, contiene un omaggio a Venezia: “Sposa son disprezzata”, aria di Irene, è accompagnata da un video con una gondola notturna che scorre nei canali. Varie le ambientazioni anche nel terzo atto. Durante l’aria di Asteria, “Veder parmi or che nel fondo”, si vede Bajazet immergersi in un abisso e confondersi in un ambiente sottomarino popolato di pesci, per poi innalzarsi verso le stelle. Davanti a uno sfondo, su cui campeggia lontana una città medievale, Andronico intona “D’ira e furor armato” in una scena caratterizzata da costumi rossi ed enormi pennacchi sugli elmi. Un videogioco con Super Mario che corre viene proiettato mentre Bajazet canta “Verrò crudel spietato”. Uno squarcio “noir” di Londra – tra nebbia, fiochi lampioni e qualche ‘passeggiatrice’ – fa da contorno a “Son tortorella” di Irene, in una scena culminate con la sinistra – micidiale – apparizione di Jack Lo Squartatore. In tal modo ogni aria vive di vita propria, sottolineando ogni volta la sua diversa ispirazione e la sua unicità, creando uno spettacolo a suo modo capace di destare “meraviglia” in linea con i dettami del secentista Cavalier Marino. Magistrale l’esecuzione musicale sotto l’esperta guida di Federico Maria Sardelli, specialista del teatro barocco e di Vivaldi, che si è fatto come sempre apprezzare per l’estrema cura riservata al suono – rotondo e brillante negli archi, ovviamente senza vibrato, come nei fiati –, nonché per lo stile scevro da ogni compiacimento fine a se stesso e finalizzato alla valorizzazione delle voci e a un estremo nitore a livello sia ritmico che strutturale; il che si è apprezzato fin dalla vivace Ouverture. Aggiornato il suo approccio filologico alla partitura, con un Basso Continuo senza la tiorba, come si usava a Venezia al tempo del Bajazet. Di eccellente livello il Cast. Un Bajazet oscillante tra l’amore per la figlia Asteria e il desiderio di vendetta contro l’usurpatore (Tamerlano) ci è stato offerto dalla voce timbrata del baritono Renato Dolcini, che si è segnalato in “Dov’è la figlia/Dov’è il mio trono”, aria particolarmente concitata, resa con fraseggio scolpito. Spietato ma alla fine clemente il Tamerlano delineato dal contralto Sonia Prina, che ha esibito indubbie doti nei passaggi virtuosistici come in quelli più espressivi. Il che si può affermare anche riguardo al mezzosoprano Loriana Castellano, nei panni della contesa Asteria, che tra l’altro ha brillato nello splendido recitativo accompagnato “È morto sì, tiranno”. Positiva la prova offerta dal controtenore Raffaele Pe – capace, in certe scene, come quella dei tentati suicidi, di dimostrare una certa vena comica –, che ha esibito un timbro dalle venature metalliche, forse con qualche fugace stridore. Molto ben interpretata dal mezzosoprano Lucia Cirillo la fedele Irene, che ha conquistato il pubblico nella pirotecnica “Qual guerriero in campo armato”, oltre che in arie di intensa espressività come “Sposa son disprezzata”. Ragguardevole, per la purezza del timbro e la sensibilità, il soprano Valeria La Grotta, quale Idaspe – confidente di Andronico – segnatamente nell’aria “Anch’il mar par che sommerga”.
Esaltante, nel finale, “Coronata di gigli e di rose”, affidata a Tutti e Coro, con la comparsa della scritta “That’s all Folks” (“È tutto, gente”), tratta da Looney Tunes, la celebre serie animata della Warner Bross, che ha concluso – in linea con alcuni precedenti rimandi alla contemporaneità – questo intrigante Bajazet. Grande successo, anche per il regista (a parte qualche cenno di contestazione).