Intervista al mezzosoprano Ketevan Kemoklidze.

In una caldissima domenica mattina di giugno, reincontriamo il mezzosoprano georgiano Ketevan Kemoklidze, reduce dal successo della sua Charlotte al Petruzzelli di Bari e prossima Carmen al Regio Opera Festival di Torino.  Puntualissima, la figurina snella e nervosa, in un completo elegantissimo e abbagliante tutto arancio, si presenta e senza dubbi la riconosciamo: Carmen non può essere che lei. È una Carmen dall’italiano perfetto, garanzia di reciproca facile intesa..
Bentornata Signora a Torino! Ricordiamo le sue precedenti presenze torinesi: l’azione scenica Sogno di una Notte di mezz’estate di Mendelssohn, in italiano, nel 2008 e, sempre col maestro Noseda sul podio, Siebel nel Faust del 2015. Dimentichiamo qualcosa?
Sì! Una particina nella Thais del 2008 e un Requiem di Mozart, sempre sulle scene del Teatro Regio. Nel 2007 avevo appena finito i miei due anni all’Accademia del Teatro alla Scala e a Milano avevo cantato il Sogno di Mendelssohn, in inglese, e subito mi hanno ingaggiato per rifarlo col maestro Noseda per MITO a Torino e a Milano. Così ho conosciuto il maestro che da subito ho molto apprezzato perché, oltre ad essere una splendida persona, ben conosce le esigenze del canto e dei cantanti.
Ora lei è qui per Carmen, un personaggio cardine della sua carriera.
Certo! Dopo un periodo iniziale in cui mi sono dedicata a Mozart e Rossini e al belcanto, mi sono finalmente decisa ad accettare nel 2014 la parte di Carmen che temevo fosse destinata a condizionare eccessivamente il proseguimento della mia carriera. Ma fortunatamente sono riuscita a tenermi libera anche per molti altri ruoli, come per esempio per la Charlotte di Bari che è un personaggio completamente diverso da Carmen e da me.
Com’è Carmen per lei?
Una ragazza libera ed allegra, in cerca sempre della felicità e della spensieratezza. Incontra Josè, se ne invaghisce e lo vuole libero e “irregolare” come lei. Sogna di avere con lui una vita allegra e senza costrizioni, da vera gitana, con l’aggiunta di sprazzi di adrenalina, per i rischi del contrabbando, così da insaporire ulteriormente un’esistenza senza pensieri.E poi?
Josè si rivela con la romanza del Fiore: è serissimo, è perfetto per una vita borghese e sicuramente noiosa, ma assolutamente inadatto all’amore di Carmen. Le carte ci si mettono di mezzo per offuscare le prospettive, lei, veramente zingara al cento per cento, ci crede e si va alla tragedia. Si ribella al destino perché non vuole morire, ama troppo la vita, prova a scherzarci ma, con quel bacchettone intollerante di Josè, non c’è nulla da fare, soccombe.
Ed Escamillo?
Con lui Carmen ci sta volentieri, è ricco, famoso, allegro e la lascia vivere ma, fanfarone egocentrico, non ci prova neppure a venirle in soccorso quando sta per essere uccisa. Più sollecite a darle una mano sono le amiche, Frasquita e Mercedes. Ma non basta! Carmen è Carmen e vuol agire come vuole lei. Non è forse per questo che è tra i personaggi più affascinanti dell’intera storia dell’opera?
Qui a Torino, l’opera sarà interrotta da un attore che racconterà i fatti, a spese forse dei dialoghi recitati, le dispiace?
Affatto! Credo di più in una Carmen Opéra-comique, con i dialoghi parlati, che non nell’operona pseudo verista che si faceva un tempo e che forse, da qualche parte, si fa ancora. L’alleggerimento giova all’opera ed è essenziale al personaggio. Le illustrazioni fatte dall’attore, nel corso della rappresentazione, non le ho ancora ascoltate, le prove iniziano in questi giorni, se serviranno ad aiutare la comprensione del pubblico meno avveduto e soprattutto a invogliare nuovi giovani spettatori a venirci a vedere, siano benvenute.
Parliamo del suo successo barese con Charlotte?
Musica e opera meravigliosa il Werther. Prima di affrontarla, era il mio debutto nella parte, mi sono letta, per saperne di più sul personaggio, non solo la parte, ma pure la novella di Goethe. La ragazza ha sulle spalle la responsabilità di una famiglia e non può permettersi di non essere una regolarissima figlia della borghesia che spalma il burro sui toast dei fratelli e sposa chi la famiglia le ha destinato. Ma nella scena delle lettere e su Werther morente, la musica di Massenet rivela tutto il disadattamento che lei nasconde. È un personaggio completamente diverso da me, ma è stata una bella sfida affrontarlo e le approvazioni finali del pubblico barese mi hanno dato molta felicità.
Altri personaggi che canta in questo periodo?
La principessa d’Eboli, donna fantastica dalla triplice personalità che richiede un enorme coinvolgimento sia dell’attrice che della cantante. L’Aria del velo mi riporta all’impegno virtuosistico e belcantistico dei miei inizi di carriera, quando Mozart e Rossini erano il mio pane quotidiano. Nei giardini del primo atto, tra le compagne, lei è donna felice e spensierata. Nel secondo, donna tradita e risentita ha perso la felicità e il suo canto si fa drammatico. Nel quarto riconsidera tragicamente la sua vita e Il don fatale ha il peso e richiede l’impegno di una grande aria di opera seria. Canto anche Rosina, memore di quanto un tempo mi disse Leyla Gencer: le sue migliori Aide venivano quando, le recite immediatamente precedenti, erano state con Elvira. Il belcanto prepara e aiuta sempre, anche per cantare i personaggi dalla vocalità più spinta.
Come si trova cantando Verdi?
Ho già in repertorio Preziosilla, Maddalena ed Eboli, a breve debutto, prima in Francia, poi al Real di Madrid, Amneris. Nei miei sogni c’è, speriamo che un teatro prima o poi me la richieda, la Cuniza dell’Oberto.Altri sogni nel cassetto?
Tanti ma tutti condizionati dalle programmazioni e dalle richieste dei teatri, che oggi, sofferenti nel dopo pandemia, per la difficoltà di far arrivare il pubblico, preferiscono i titoli più popolari. Vorrei comunque avere l’opportunità di cantare in teatro il Romeo, dei Capuleti di Bellini, la Favorita e Sara del Roberto Devereux, unico personaggio che mi manca nelle tre regine donizettiane, Marguerite della Damnation di Berlioz e la Dulcinée di Massenet. Poi, imprescindibili per un mezzo che ha molto amato Cherubino e i personaggi en travesti, l’Octavian  del Rosenkavalier e il Komponist dell’Ariadne.
Alla fine di questa conversazione, due ultime domande: come ha iniziato e quando si è sentita certa di essere un mezzosoprano?
Rispondo prima alla seconda: fin dai tempi in cui cantavo in coro, non ho mai avuto dubbi sulla classificazione della mia voce, mezzo soprano con facilità in acuto. Con questa certezza, il percorso di scelta dei ruoli è sempre stato linearissimo e senza incertezze.
Gli inizi: in Georgia tutti cantiamo in coro, sia in pubblico che in famiglia. I cori tradizionali sono a tre e a sette voci, per cui il canto polifonico ci viene naturale e, nonostante l’individualismo tipico dei georgiani, cantando ci si ascolta e ci si aiuta. In famiglia facevo coro con sorella e nonni, non con i genitori che erano chimici e non musicisti, finite le elementari venni iscritta al conservatorio di Tblisi, la mia città, al corso di pianoforte. La pratica del coro continuava e cominciai anche a produrmi con successo in pezzi solistici. Fui quindi convinta dagli insegnanti del conservatorio a tentare l’ingresso all’Accademia della Scala, dove fui accolta, senza ulteriori test, dopo una singola audizione col maestro Luca Targetti, allora direttore artistico, sventuratamente mancato nel 2020 per COVID.
Agli inizi degli anni 2000, all’Accademia c’erano ancora, tra gli altri, Gencer, Serra e Alva ed erano in arrivo Freni e Bruson. Fu per me un tempo molto felice, avevo l’opportunità di ascoltare e anche di lavorare con dei miti. In patria avevo già avuto insegnanti di scuola italiana, il mio gran maestro era stato allievo del maestro di Ruggero Raimondi; quindi, gli anni in Accademia sono stati, nella continuità stilistica, professionalmente efficacissimi ed appaganti. Lì ho perfezionato l’italiano, essenziale per il repertorio.
Grazie per l’incontro, per la disponibilità e la pazienza con cui ci ha assecondati. Le auguro un grandissimo “in bocca al lupo” per queste tre recite torinesi di Carmen e per tutto quello che seguirà nei mesi e negli anni della sua carriera.
Sono io che ringrazio lei e auguro a lei, a quanti seguono GBopera e pure a me che i cattivi tempi della pandemia siano definitivamente finiti e si possa tornare, senza paure e limitazioni, in teatro. Mi auguro pure che finisca presto questa terribile guerra e che l’Ucraina si salvi. Anche noi georgiani siamo stati depredati del venti per cento del nostro territorio e abbiamo vissuto in guerra per moltissimi anni. Posso testimoniare che è stato durissimo. Speriamo finisca e finisca bene per gli ucraini perché si sa, in caso contrario, altre terre potrebbero essere a rischio.

Ci separiamo aspettando Ketevan Kemoklidze alla prima di Carmen,  camerino la sera del 21 giugno al cortile dell’Arsenale di Torino.