Napoli, Teatro di San Carlo: “Balanchine/Petipa”

BALANCHINE / PETIPA Piotr I. Tchaikovsky SERENADE Balletto in un atto Coreografia | George Balanchine Direttore | Jonathan Darlington Alexander Glazunov RAYMONDA - III atto Coreografia | da Marius Petipa Direttore | Jonathan Darlington♭ Orchestra e Balletto del Teatro di San Carlo Direttore del Balletto | Clotilde Vayer Teatro di San Carlo | BLU mercoledì 26 luglio 2023, ore 20:00 – A – BLU – V giovedì 27 luglio 2023, ore 19:00 – B – BLU – VI venerdì 28 luglio 2023, ore 20:00

Teatro di San Carlo, stagione di balletto 2022-2023
“SERENADE”
Coreografia Geprge Balanchine ripresa da Sandra Jennings
Musica Piotr Ilič Čaikovskj 
Valz ANNA CHIARA AMIRANTE
Uomo  DANILO NOTARO
Uomo Elegia STANISLAO CAPISSI
Angelo Oscuro MARTINA AFFATICATO
Donna Russa CLAUDIA D’ANTONIO
Costumi Karinska
Luci Jean Rosenthal
“RAYMONDA – ATTO TERZO”
Coreografia Marius Petipa, Rudolph Nureyev ripresa da Clotilde Vayer
Musica Aleksandr Glazunov
Raymonda ANNA CHIARA AMIRANTE
Jean De Brienne ALESSANDRO STAIANO
Henriette IRENE DE ROSA
Clémance GIORGIA PASINI
Costumi Giusi Giustino
Direttore Jonathan Darlington
Direttore del Balletto Clotilde Vayer
Orchestra, Étoiles, Solisti e Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo
Napoli, 28 luglio 2023

Quando il Teatro più bello del mondo sposa dei capolavori e la cura dei particolari riesce a trasformare i corpi in forme straordinarie, allora si può dire che si verifica un successo indiscutibile. E questo è successo col dittico Balanchine/Petipa. La Direttrice del Corpo di ballo Clotilde Vayer porta a Napoli Sandra Jennings per la ripresa di uno dei capolavori del coreografo russo naturalizzato americano George Balanchine Serenade, su musica della Serenata in Do maggiore per archi (1880) di Piotr Ilič Čaikovskj, non certo pensata per il balletto ab origine ma felicemente incastonata, o meglio fonte di ispirazione per una delle costruzioni architettoniche più straordinarie nell’ambito del balletto. Al di là dei significati nascosti e della possibilità di narrare un storia in scena senza la necessità di una trama prestabilita (un uomo e una donna in scena sono già in sé una storia a detta dello stesso Balanchine), la straordinaria conoscenza  della musica da parte del coreografo gli ha sempre permesso di disegnare nello spazio ciò che la scrittura musicale realizza sulla carta attraverso il suono, omaggiando peraltro diverse pietre miliari del balletto antecedente attraverso citazioni sparse.
Senza voler scomodare Aristotele, che nella sostanza (unione di materia e forma) ci fa capire che la forma è quella che fa concepire le differenze degli esseri, quale sintesi di determinazioni avente un valore differente dalle singole determinazioni che la compongono (ovvero quello che Socrate chiamava fine), possiamo facilmente dire che il Corpo di ballo del Teatro di San Carlo, nell’affrontare questa difficile ma bellissima prova – nella quale sembrava emotivamente molto a proprio agio – abbia offerto al pubblico un elegante e riuscito esempio di sostanza attraverso la forma pensata da Balanchine, poiché la materia di cui è composto è stata finemente lavorata. Precisione, sicurezza e libertà dei movimenti nello spazio, introiezione di ogni gesto, poesia. La seconda parte dello spettacolo è stata predisposta a ritroso, dal punto di vista storico, ma chiaramente in accordo con la progressione di spettacolarità che suole chiudere una serata di balletto con la grandiosità dell’allestimento di un titolo del grande repertorio ottocentesco. Raymonda (atto III) di Marius Petipa – Rudolph Nureyev, ripresa da Clotilde Vayer su musica di Alekandr Glazunov (1898) è, col suo terzo atto di danza pura in una struttura narrativa di scarso valore drammaturgico, un momento di passaggio importante fra Ottocento e Novecento. Arrivato “a sezioni” in Occidente, è stato Nureyev, con la versione finale creata per l’Opéra di Parigi all’inizio della sua direzione, a svecchiare il titolo e a farne un gioiello rinato dalle proprie ceneri.

In questo caso, l’ampliamento dei numeri musicali e dell’organico, rispetto alla messa in scena precedente al Teatro Politeama (in vero molto poco idoneo a ospitare il grande repertorio), con l’aggiunta della Czarda ungherese e del Galop finale ha contribuito a conferire al quadro l’imponenza che gli appartiene per natura e che, in fondo, il pubblico si aspetta di vedere.
Ottima prestazione in entrambi i titoli per la compagnia partenopea, dalle Étoiles al Corpo di ballo. Nessun tradimento da parte di Anna Chiara Amirante, Danilo Notaro e Alessandro Staiano (tutti figli della scuola di Anna Razzi), né da parte dei solisti o degli insiemi. In particolare Amirante ha il pregio di scivolare fluida come un balsamo sulle tavole del palcoscenico, sia nel lirismo lunare di Serenade sia nel particolarissimo solo del Pas classique hongrois di Raymonda, in cui le note del pianoforte (affidate alla mano di Aniello Mallardo Chianese) disegnano un isolamento ideale della protagonista, che si staglia al di sopra di tutti gli altri in una distanza sottolineata dal famoso schiaffo sonoro voluto da Nureyev (aborrito dalla tradizione russa dei Teatri Imperiali) e che Vayer ha mantenuto solo nella seconda parte dell’assolo come variatio che omaggia entrambe le visioni del gesto di potenza regale.
Questa volta, per l’organico sancarliano, si è percepita la gioia di danzare qualcosa di straordinario, una gioia che non promanava dai soliti sorrisi stereotipati, ma dalle vibrazioni del corpo. 
Il Maestro Jonatan Darlingon, legato alla danza da affetti di famiglia grazie alla moglie e al figlio, ha magistralmente diretto l’Orchestra del Teatro di San Carlo.Grandi applausi del pubblico in un teatro pieno anche in un fine settimana torrido di luglio e note divertenti da parte dei non addetti ai lavori: al momento del saluto con omaggio floreale al danzatore solista Marco Spizza per la sua ultima recita pre-pensionamento, due signori seduti esattamente davanti alla sottoscritta si interrogavano su chi fosse a ricevere l’omaggio floreale dall’étoile Staiano. Uno di loro ha subito esclamato: «È sicuramente il coreografo!» [Petipa], ribadendo poi, subito dopo, di sapere anche che i danzatori mandati sul palco in abiti civili (!) alla fine dello spettacolo fossero «ballerini di riserva» quando invece si trattava dei solisti del primo quadro, declassati a riserve nell’immaginario di chi vorrebbe sapere ma non sa… Sic. In questi casi sarebbe bello pubblicare qualche nota sui canali Social del Teatro, in occasione di carriere al termine e simili, così da preparare il pubblico. Ma è stato molto divertente, ve lo assicuriamo. (foto Luciano Romano)