Torino, Auditorium del Lingotto, MITO settembre Musica 2023: “Wonderful Town “di Leonard Bernstein

Torino, Auditorio del Lingotto, MITO Settembre Musica 2023
“WONDERFUL TOWN”
Musical in due atti su libretto di Joseph Fields, Jerome Chodorov, testi di John Betty Comden e Adolph Green.
Musica Leonard Bernstein
Ruth Sherwood ALYSHA UMPHRESS
Eileen Sherwood LORA LEE GAYER
Robert (Bob) Baker BEN DAVIS
Lonigan / Primo Redattore / Chick Clark  IAN VIRGO
Guida / Wreck / Secondo Redattore / Frank Lippencott  ADRIAN DER GREGORIAN
Solisti del Coro MARCO SPORTELLI / LEOPOLDO LO SCIUTO / ANDREA GOGLIO / LUIGI DELLA MONICA / DANIELA VALDENASSI / EUGENIA BRAYNOVA
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino
Direttore
Wayne Marshall
Maestro del Coro 
Ulisse Trabacchin
Torino, 8 settembre 2023
Al Lingotto l’8 settembre ha preso il via la 18° edizione della versione torinese di MITO Settembre Musica, il giorno prima, alla Scala, era toccato alla parallela milanese. Si tratta dell’8° e ultima con la direzione artistica di Nicola Campogrande ed ha tema conduttore e contenitore “le Città”. Come sempre il tema imposto è un debole suggerimento di fondo che quasi mai affonda gli artigli in un programma sconvolgente e rivelatore, ci si accontenta della lucidatura del banale. Già da alcuni anni poi, per COVID e budget contenuti, latitano i grandi nomi e soprattutto le grandi orchestre europee che avevano dato un’impronta, con la contemporanea dimenticata virata al barocco, dei mitici Settembre Musica torinesi. Si inizia con una produzione autoctona, del Teatro Regio sono infatti l’orchestra e il coro impegnati nella commedia musicale, qui in forma di concerto, Wanderful Town, musicata dal trentacinquenne Leonard Bernstein nel 1953. L’intreccio è assai flebile e la forma concertante contribuisce a illanguidirne ulteriormente la trama. Due sorelle, vengono dalle campagne dell’Ohio a New York per strutturarsi un futuro, delizioso il duettino iniziale, n.3 della suite, in cui il dittongo “ai” in Ohio e Why ne forgia il carattere starnazzante. Tra un ballo, un rag-time e uno swing si incontrano con altri disadattati che, lasciata la provincia, abbandonati a forza gli ideali, cercano di sbarcare il lunario. Storia ben presente anche a tanti nostrani “cervelli in fuga” contemporanei. Di uno si innamorano entrambe ma alla fine, senza tragedie e rimpianti dell’altra, una se l’accalappia. Il tema patetico/amoroso è sicuramente il grande assente dalla pièce, che vive dell’eclettismo e dello slancio vitale del compositore. Bernstein, grande onnivoro musicale, è fortunatamente, ancora una volta, allergico ad ogni forma di puccinismo e di languore punitivo. Le due ragazze un po’ “oche”, ma felici, vitali e giocose, pur scorrazzando nell’America puritana del tempo, non vengono colpevolizzate se al Vortex, dopo qualche bicchierino, si lasciano corteggiare dal bellone di turno. Il clima è quindi accostabile al coevo Candide più che non al successivo West Syde. Wayne Marshall, il maestro dal Bernstein facile, infiamma la platea fin dall’Ouverture, con una pletorica strombazzante direzione. L’Orchestra del Teatro Regio pare nata per questo repertorio e si lancia, con massimo divertimento sia degli strumentisti che del pubblico, in una sfida tra leggii a chi è più brillante e sonoro. Scorrono memorabili tutti i numeri e più sono vivaci, più convincono, per raggiungere il parossismo nella Conga di chiusura della prima parte. Ci si mette d’impegno anche il Coro del Teatro Regio, che il nuovo maestro Ulisse Trabacchin ha ben attrezzato allo scopo di certificarsi made in Broadway. Dal coro poi, quando necessario, emergono interventi di coristi isolati di qualità del tutto comparabile, per voce e per dizione inglese, a quella dei solisti professionisti in locandina. Tra questi ultimi, tutti microfonati, Alisha Umphress, mezzosoprano nel ruolo di Ruth, domina per il caldo timbro e la sfrontatezza da attrice consumata. Conoscendo di quante repliche godano questi lavori nel mondo anglosassone, siamo certi che Alisha vi sia ampiamente impegnata. La naturalezza con cui porge e con cui intrattiene il pubblico non è certo frutto di improvvisazione momentanea e dilettantesca. Si vorrebbe che molte Tosche e Mimi nostrane riuscissero a raggiungere un tal grado di dimestichezza col palcoscenico da attenuare così il disappunto suscitato da prestazioni vocali non sempre calibrate e di livello. Il soprano leggero Lora Lee Gayer (Eileen), la sorella più avvenente ed “ochetta”, una Marylin ante litteram. Anch’essa è disinvolta e brava attrice, ma vocalmente un gradino sotto alla sorella, pur con un’intonazione quasi immacolata e un timbro gradevole. Non altrettanto può dirsi del baritono Ben Davis, Robert (Bob) il belloccio concupito dalle sorelle che alla fine si dà a Ruth, l’intellettuale. È un attore cantante tipico da commedia musicale, con un accentuato senso del ritmo. Come cantante convince poco, già a partire dal timbro, assai poco gradevole. Il tenore Ian Virgo e il baritono Arian Der Gregorian, con un certo numero di personaggi ciascuno, completano il cast. Se pur la forma concertante non aiuta a definirne i ruoli in commedia, si tratta comunque di artisti provetti che cantano e recitano da professionisti consumati. Una nota di disappunto va all’amplificazione eccessiva delle voci che, assommata alla gran massa di suono prodotta dall’orchestra e dal coro, sovente satura e distorce. Il pubblico foltissimo, divertito, ha applaudito sonoramente tutti i numeri. Marshall e Umphress l’hanno poi spinto, con grande perentorietà, a levarsi dalle sedie per la Conga, gran ballo collettivo sulla musica scatenata del gioioso bis conclusivo della serata.