Malta, XII° Valletta Baroque Festival: “Farándula Castiza“

Valletta (Malta), The Malta Chamber, XII La Valletta Baroque Festival
FARÁNDULA CASTIZA”
Forma Antiqva
Direttore Aarón Za
José de Nebra (1702-1768): Obertura de “Iphigenia en Tracia” (Allegro); Bernardo Álvarez Acero (1766-1821): Fandango; José Castel (1737-1807): Sinfonía nº 3 (Allegro); Nicolás Conforto (1718-1793): Sinfonía de “La Nitteti”; Vicente Baset (1719-1764): Sinfonia a più stromenti Bas-3; Luigi Boccherini (1743-1805): Tempo di Minuetto (Op VI); Juan Bautista Mele (ca.1701-1752): Sinfonía de Angelica e Medoro; Nicolás Conforto: Fandango; Vicente Baset: Apertura a più stromenti Bas-7; Santiago de Murcia (1673-1739): Cumbées; Nicolás Conforto: Sinfonía de “Siroe”; Francisco Corselli (1705-1778): Obertura de “La cautela en la amistad”; José de Nebra: Obertura de “Iphigenia en Tracia” (Minué, Allegro); José Castel: Sinfonía nº 3 (Minuetto); Vicente Baset: Apertura a più stromenti Bas-5.
Valletta (Malta), 24 gennaio 2024
L’offerta strumentale del Valletta Baroque Festival si articola principalmente in due direzioni: ripresa dei classici e riscoperta di autori e tradizioni musicali più rare. Proprio a questo secondo filone pertengono i due spettacoli strumentali cui assistiamo, a cominciare dalla “Farándula Castiza“ di Forma Antiqva, formazione barocca spagnola affacciatasi ormai da circa un ventennio sulla scena internazionale. Il concerto si apre con pezzi che il gruppo ha già affrontato in studio nell’ultimo album “La caramba” (su etichetta Winter & Winter): si tratta di quelle composizioni che non prevedono l’intervento vocale del soprano Maria Hinojosa – che nell’album punta a far rivivere proprio “La Caramba” Maria Antonia Vallejo, la più celebre delle dive del melodramma alla corte spagnola; a questi si aggiungono anche alcune composizioni di Vicente Baset presenti nell’album eponimo pubblicato nel 2020 per la stessa etichetta; tuttavia, sono i brani che affrontano per la prima volta quelli più interessanti, tratti dal repertorio di Francisco Corselli e Nicolás Conforto, al secolo “Francesco” e “Nicola”, italianissimi che si avvicendarono quali maestri di cappella della corte madrilena del secondo XVIII secolo, e lasciarono un ampio e variegato repertorio operistico e da camera. Per spezzare la naturale continuità stilistica che intercorre da José de Nebra, predecessore di Corselli, fino a Conforto, si inseriscono pezzi da ballo di natura anche smaccatamente popolare, giacché la nuova corte borbonica dell’epoca godeva proprio della commistione dei generi, dell’alto del basso, quasi volendo procrastinare l’inevitabile virata al classicismo che quegli anni stavano imponendo: ecco allora il Fandango di Bernardo Álvarez Acero, imperfetto e spumeggiante come ci aspetteremmo fosse eseguito all’epoca, il Tempo di Minuetto Op. VI di Luigi Boccherini, distantissimo dal modello originale (che proprio Boccherini piegò e rinverdì molte volte) e godibilmente destrutturato, le Cumbées di Santiago de Murcia, dall’andamento più decisamente folk e intrise di sapore bambocciante secentesco. Il grande equilibrio della struttura del concerto restituisce anche l’intesa pressoché perfetta che corre tra i membri della formazione: i tre fratelli Zapico, Pablo (chitarra barocca), Daniel (tiorba) e Aarón (clavicembalista e direttore dell’ensemble), assieme ai due violini di Jorge Jimenez e Daniel Pinteño e al violoncello di Ruth Verona, suonano con grande brio e trasporto, caratteri che forse non ci si aspetterebbe dall’esecuzione barocca, ma che questo repertorio invece richiede; guardarli significa penetrare silenziosamente anche un’armonia di sguardi, sorrisi, piccoli ammiccamenti, che comunicano sì la familiarità, ma anche il reciproco profondo rispetto e senso dell’ascolto – specie durante i frequenti assoli della chitarra. Questo il merito maggiore di questa “Farándula castiza”: non solo il coraggio di riproporre un repertorio quasi caduto nell’oblio; non solo l’intelligenza di scegliere un repertorio barocco “spiazzante”, ossia lontano sia dalle geometrie bachiano-vivaldiane sia dagli abbandoni larmoyant di scuola napoletana, espressione del Settecento più giocondo e pittoresco; ma, soprattutto, un’interpretazione che segue questa linea franca e gioiosa, probabilmente non prossima alla perfezione esecutiva (ogni tanto qualche quarto di tono “scappa”, qualche variazione o abbellimento salta) ma del tutto aderente allo zeitgeist che ha visto fiorire e furoreggiare questo genere nella Spagna post-asburgica. Un’esperienza difficilmente ripetibile. Foto Elisa Von Brockdorff