Roma, Teatro Brancaccio: “Peter Pan:Il Musical”

Roma, Teatro Brancaccio
Stagione 2023 2024
PETER PAN: IL MUSICAL
Peter Pan LEONARDO CECCHI
Wendy MARTHA ROSSI
Capitan Uncino GIO’ DI TONNO
Giglio Tigrato MARTINA ATTILI
Spugna RENATO CONVERSO
Peter Pan (Secondo cast) GIOACCHINO INZIRILLO
Musiche Edoardo Bennato
Regia di Maurizio Colombi
Roma, 16 gennaio 2024
Risorge con pretenziosa magnificenza nei teatri dell’intera penisola l’intramontabile musical teatrale: “PETER PAN – Il Musical”. Un successo che si protrae da ben 18 anni, inaugurato con grandioso impatto nel lontano 2006. Incanta e avvince il pubblico con la magica sinfonia delle celebri composizioni di Edoardo Bennato, tratte prevalentemente dal famoso album del 1980 intitolato “Sono solo canzonette”. Tra le gemme musicali, spiccano brani immortali come “Il rock di Capitan Uncino” e i trascinanti e indimenticabili accenti di “Viva la mamma”. Questa nuova avventura scenica, sotto la regia di Maurizio Colombi e la produzione firmata Show Bees di Gianmario Longoni, immerge il pubblico in un viaggio verso un’ Isola che non c’è, un regno di incanto animato da un ritmo cadenzato, seppur intriso di qualche problematica drammaturgica. Nel fervente tentativo di innestare una dimensione contemporanea all’intreccio, la produzione si lancia con audacia nell’esplorazione di nuove sfaccettature narrative. Tuttavia, con un rammarico palpabile, emerge l’inabilità di trasferire integralmente la vitalità e l’entusiasmo intrinseci nell’indelebile racconto dell’eterno fanciullo. Si delinea, così, una situazione in cui il compito cruciale di ravvivare la trama, nelle sue piccole e grandi sfaccettature, viene affidato alla musica, in un atto di rassegnata consapevolezza. Il virtuosismo di Edoardo Bennato, autore e cantautore acclamato, emerge come un’evidenza irrefutabile di un talento che si è guadagnato il cuore del pubblico. La sua impronta stilistica, un marchio indelebile, si erge come una firma distintiva, persistente e coerente nel corso degli anni. Una coerenza che, se da un lato esprime la forza di una riconoscibile identità artistica, dall’altro solleva dubbi, ancorché remoti, sulla sua universalità di accettazione, specie per coloro i quali potrebbero sentirsi più distanti dal suo genere musicale.  L’amore incrollabile per il genere proposto da Bennato è fuori discussione, ma l’interrogativo si fa strada: questo spettacolo è realmente concepito per tutti? La trasposizione dell’intera essenza artistica in un unico musical, potrebbe, per alcuni, rivelarsi una dose eccessiva, una sfida al limite della sopportazione per chi non condivide appieno la peculiarità inconfondibile del maestro. Indubbiamente, non rappresenta una questione di rilievo per l’audience che, scrutando con attenzione la locandina dello spettacolo, compie le proprie scelte. Le scene, impreziosite da un carattere tradizionale di notevole impatto, si configurano come autentiche tavolozze visive, un connubio di parti dipinte e porzioni proiettate. Si dispiega, così, un tessuto scenografico che si amalgama armoniosamente per creare un ambiente straordinario e coinvolgente. L’utilizzo di espliciti accorgimenti tecnici si fa strada in maniera evidente, soprattutto quando si tratta di permettere ai giovani protagonisti di librarsi in volo e di dare vita all’apparizione incantata della fatina Trilly. Le luci seppure non sempre così precise, vere artefici della dimensione teatrale, assumono un ruolo fondamentale, trascendendo la loro mera funzione di illuminare lo spazio. Non solo accentuano la  tridimensionalità degli attori, ma agiscono anche come strumento di trasformazione, delineando vuoti scenici laddove è necessario aprire la porta a un rapido e incisivo cambio di scena. Leonardo Cecchi, agile ed a suo agio nelle coreografie, si distingue per una presenza scenica raffinata, ma il timbro della sua voce risulta ancora intrinsecamente troppo tenue e carente di incisività. Il protagonista, con una fisicità impeccabile, s’impegna ad incarnare Peter Pan, tuttavia, sembra affaticarsi nel traghettare il pubblico con la dovuta forza e vitalità nella genuina magia del racconto di J. M. Barrie. Le motivazioni di tale limitazione potrebbero essere plurime, ma l’impatto empatico ridotto  suggerisce la necessità di un riesame critico. Se persino gli acrobatici voli scenici non riescono a mantenere il pubblico in un sospeso emotivo coinvolgente, è lecito affermare che vi sia qualcosa da rivedere in termini di espressione artistica e comunicativa. Martha Rossi, nonostante la sua consolidata esperienza ed il suo talento, sembra oscillare in una danza sottile con il protagonista, talvolta rischiando di sovrastare la scena con i suoi vocalizzi poderosi. Nel contempo, Martina Attili, nel ruolo di Giglio Tigrato, fatica a catturare l’attenzione con un’interpretazione che non riesce a raggiungere il fascino desiderato.  In questa intricata coreografia interpretativa, emerge la necessità di armonizzare le voci e le presenze sul palco, cercando un equilibrio che permetta a ogni interprete di brillare senza oscurare gli altri. Una sfida che richiede un’attenta regia anche sul piano vocale che qui sembra essere latitante. E così, nell’intricato intreccio teatrale, emerge la paradossale verità che la bravura, quando è esibita con eccessiva evidenza, rischia di stonare in relazione alla più modesta media interpretativa. Questo fenomeno si manifesta con una forza peculiare anche nel caso di Giò Di Tonno, magistralmente impegnato nell’interpretazione di Capitan Uncino. Un ruolo, senza dubbio, di grande risonanza e caratterizzazione, ma che sembra purtroppo subire un’evidente sottostima delle sue capacità. La maestria e la partecipazione di Giò Di Tonno sono palpabili, ma ciò che emerge è una sensazione di spreco, come se le sue abilità fossero confinate in un ruolo che potrebbe permettergli di brillare con maggiore intensità. L’approssimazione si fa padrona nel quadro dei bambini sperduti, un ensemble di attori che popolano la scena con una certa disorganizzazione, conferendo al palcoscenico una vivacità al limite dell’irrequietezza. Le loro battute, a tratti, si perdono nell’indistinto, risultando incomprensibili e scandite con un ritmo poco chiaro, generando così una sfida per l’ascolto. Nel mezzo di questa confusione, emergono con chiarezza le battute di Renato Converso (il pirata Spugna), un personaggio che attinge al ricco repertorio dialettale del Sud per imprimere una marcata caratterizzazione. Con abilità, Converso, con il suo accento talvolta forzato ma sempre mirato, si impegna nel tentativo di estorcere risate al pubblico, sfruttando freddure interpretate con una freschezza che mette in luce la sua innegabile maestria attoriale. Il pubblico dell’anteprima, sempre generoso e cordiale, ha riversato sui protagonisti applausi fragorosi e calorose chiamate in scena, in un gesto partecipe che ha, forse, tratto origine dall’incanto evocato dalla musica.  Qui per le altre date.