Milano, Teatro Franco Parenti: “Come tu mi vuoi”

Milano, Teatro Franco Parenti, Stagione 2023/24
COME TU MI VUOI”
di Luigi Pirandello
adattamento Gianni Garrera e Luca De Fusco
L’ignota LUCIA LAVIA
Carlo Salter FRANCESCO BISCIONE
Mop/La demente ALESSANDRA PACIFICO
Boffi PARIDE CICIRELLO
Un giovane/Dottore NICOLA COSTA
Un Giovane/Silvio Masperi ALESSANDRO BALLETTA
Zia Lena ALESSANDRA COSTANZO
Zio Salesio BRUNO TORRISI
Bruno Pieri PIERLUIGI CORALLO
Ines Masperi ISABELLA GIACOBBE
Regia Luca De Fusco
Scene e Costumi
Marta Crisolini Malatesta
Luci Gigi Saccomandi
Musiche Ran Bagno
Movimenti coreografici Noa e Rina Wertheim-Vertigo Dance Company
Proiezioni
Alessandro Papa
Produzione Teatro Stabile di Catania, Teatro della Toscana, Teatro Nazionale,Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Tradizione e Turismo srl, Centro di Produzione Teatrale, Teatro Sannazaro
Milano, 05 marzo 2024
Accanto ai celeberrimi titoli pirandelliani (capitanati dai “Sei personaggi”), alcune piccole gemme hanno dimostrato da sempre una forza scenica impressionante, che forse nemmeno il loro autore ha mai davvero ponderato: “Vestire gli ignudi”, “La vita che ti diedi”, “Trovarsi”, e, senza alcun dubbio, “Come tu mi vuoi”. Anzi: potremmo dire che quest’ultimo testo meriterebbe ancora più attenzione di alcuni titoli più frequenti sui nostri palcoscenici o nei nostri libri di scuola, poiché si tratta di una specie di manualetto pirandelliano, una summa della maggior parte del pensiero filosofico e drammaturgico dell’autore siciliano. Siamo dunque molto lieti di aver la possibilità di assistere alla seconda ripresa in un anno e mezzo di questo capolavoro, radicalmente diversa da quella vista all’Elfo nel novembre 2022 (qui): questa di Luca De Fusco, infatti, è una ripresa in tutto e per tutto del testo originale, senza grandi stravolgimenti se non nell’impianto scenico e nella sua gestione (insomma, nella regia comme il faut). Pirandello c’è tutto, nel bene e nel male: i monologhi interiori e le espressioni passé, lo scandalo e la borghesia, il grottesco del quotidiano e le personalità mitiche. E tutto questo si incarna nell’Ignota (Elma? Lucia? Il suo nome è decisamente secondario) di Lucia Lavia, in un’interpretazione di quelle che si fanno ricordare, senza dubbio, ma che probabilmente ha subito qualche incensatura di troppo – Lavia dà certamente prova di camaleontica versatilità fisica ed espressiva (mostrando peraltro doti non indifferenti di danzatrice), oltre che di resistenza corporea, costruendo per lo meno un primo atto che è più simile ad un esercizio biomeccanico che a una scena d’interno borghese; d’altro canto, tuttavia, ha una dizione totalmente fuori tempo massimo per i suoi trentadue anni, quel modo di accentare l’ultima sillaba di ogni parola come si insegnava all’Accademia settant’anni fa, quella cantilena tutta di testa che può essere efficace in alcuni momenti (trattandosi comunque di un testo del 1929), ma che alla lunga non solo stanca, ma stona in bocca a una giovane, tanto più una giovane con la sua fisicità ultrasportiva e androgina. Naturalmente, comunque, l’impressionante quantità di parole, gesti ed espressione nella quale l’attrice si spende ha la meglio su questi fastidi, e non si può che riconoscere in lei la degna erede dei suoi giganteschi genitori (Gabriele Lavia e Monica Guerritore). Accanto a lei il resto del cast sembra stare un passo indietro, con interpretazioni un po’ trattenute: gli unici che ci paiono davvero in parte (e non genericamente “bravi”) sono i caratteristi Alessandra Costanzo e Bruno Torrisi (gli anziani zii di Lucia, due parti leggere e gustose) e Francesco Biscione, nel ruolo di Carlo Salter, l’anziano scrittore tedesco follemente innamorato di Elma, l’ego berlinese da ballerina d’avant-garde dell’Ignota – un ruolo che ci sembra Biscione ricalchi anche sul Professor Unrat di Heinrich Mann, correttamente. Gli altri, pur mostrando chiarissima professionalità e buon talento, si abbandonano a una recitazione meno incisiva, più di maniera, che comunque, beninteso, non inficia il bel successo della produzione – ma nemmeno ad essa apporta granchè. La magnifica riuscita dello spettacolo è invece certamente merito di Luca De Fusco e del team con cui ha collaborato, a partire dai numeri danzati curati da Noa e Rina Wertheim della Vertigo Dance Company, che sono ipnotici e tagliati su misura per Lavia e il suo physique; le luci constrastate e allucinate di Gigi Saccomandi; ma soprattutto il connubio tra le azzeccatissime e ossessive musiche originali di Ran Bagno e le oniriche proiezioni di Alessandro Papa, in grado di richiamare chiaramente atmosfere lynchane torbide e stralunate – in particolar modo la proiezione dell’inizio del secondo atto e i giochi di sovrapposizione con il pizzo nero, che ci ricordano le musiche di Badalamenti sulle danzanti Sherilyn Fenn e Sheryl Lee, protagoniste dell’indimenticato “Twin Peaks”. È evidente che per De Fusco la chiave di lettura di “Come tu mi vuoi” sia la seduzione: la seduzione dell’Ignota su tutti e tutte, ma anche la seduzione su Elma di una vita agiata e aristocratica, quella su Lucia di una bohème perversa e cerebrale annaffiata di champagne, senza dimenticare la seduzione che la villa e il patrimonio esercitano su Bruno e Silvio, e di riflesso anche sugli zii; quest’eccitante malia crescente corrisponde anche all’ipertrofica sfaccettatura della personalità e dei dubbi dell’Ignota, che alla fine prende una decisione sofferta, ma razionale: essere fedele non a ciò che realmente è (giacché non può saperlo), ma a chi è disposto ad accettarla a qualunque condizione, lontana da questioni morali e patrimoniali. Un vero spirito libero, una ribelle della borghesia che infine si ritrova non in ciò che gli altri vogliono da lei, ma in ciò che non-vogliono, una specie di eroina nicciano-dannunziana che lascia attoniti gli altri personaggi quanto il pubblico, ancora oggi. Meravigliosa. Per le prossime date della tournée, qui. Foto Antonio Parrinello