Gigliola Frazzoni (1927-2016):”La fanciulla del west” (terza parte)

IL SUDAFRICA
«Nel 1951 mi proposero, da Milano, una lunga scrittura in sud Africa. La cosa mi colse di sorpresa ed ero preoccupata perché mia Madre stava attraversando un periodo critico, questioni di salute. Fortunatamente si risolse, ma c’era un’altra cosa che non mi lasciava tranquilla: partire da sola. Giorgio propose di venire con me, ma non eravamo sposati, quindi decidemmo di sposarci subito».

Tra le numerose carte, cartine e scartoffie di Gigliola salta fuori questo trafiletto di non si sa quale giornale: “A Bologna, città natale, in una festosa cornice, è stato celebrato lietamente il rito matrimoniale della giovine e veramente valente cantante Gigliola Frazzoni, – oggi residente nella teatrale e scaligera Milano – col distinto ed egregio giovane signor Giorgio Vanti. Molti messaggi augurali alla felicissima coppia; al coro degli osanna aggiungiamo la nostra voce caldamente augurale. – Cell.Erano le quattro del pomeriggio del 2 marzo 1951 nella chiesa del Sacro Cuore. “La meta del viaggio di nozze fu Venezia dove ci imbarcammo per l’Africa. Sulla nave c’era l’orchestra, il coro e tanti cantanti celebri; ricordo Beniamino Gigli, Tito Gobbi, Luigi Infantino, poi c’eravamo noi alle prime armi, le giovani promesse. Lungo il viaggio facevamo le prove. “La meta del viaggio di nozze fu Venezia dove ci imbarcammo per l’Africa. Sulla nave c’era l’orchestra, il coro e tanti cantanti celebri; ricordo Beniamino Gigli, Tito Gobbi, Luigi Infantino, poi c’eravamo noi alle prime armi, le giovani promesse. Lungo il viaggio facevamo le prove.
Capitò una cosa piuttosto grave ad una giovane collega, Gina Consolandi, mezzosoprano milanese. Durante il viaggio in nave si faceva sosta in Madagascar. Era già buio, c’erano tutte le luci della nave e del porto accese: uno spettacolo bellissimo. Il Comandante della nave raccomanda a chi scende di non bere dai rubinetti, perché l’acqua non è potabile. Quando risaliamo a bordo la Consolandi dice di aver bevuto in una fontanina con acqua freschissima. E’ stata male quasi subito; aveva preso il tifo.
Il giorno dopo il nostro arrivo a Durban il mezzosoprano avrebbe dovuto fare Cavalleria nel pomeriggio, mentre io dovevo fare Butterfly la sera: fu così che le cantai tutte e due. Ma quando si andava all’estero era così: bisognava essere pronti per coprire chi eventualmente stava male; feci anche Il Trovatore al posto di Mercedes Fortunati.
Laggiù cantai La Bohème, Madama Butterfly, Tosca, I pagliacci, Cavalleria rusticana e Il Trovatore. Devo dire che ebbi molto successo e Gigli mi chiese espressamente di fare con lui La Bohème e un concerto. Con Gigli feci tre Bohème, ho qui le date: 5-9-11 maggio 1951 al His Majesty’s Theatre. Il concerto lo facemmo al City Hall, sempre di Johannesburg, per beneficenza.
A Johannesburg feci Tosca due volte, Bohème otto, Trovatore cinque, Pagliacci tre, Cavalleria una, Butterfly due: dal 5 aprile al 9 giugno. Poi andammo al Criterion Theatre di Durban dove cantai quattro Bohème, tre Pagliacci e una Butterfly, dal 13 al 30 giugno. E dopo, in luglio dal 4 al 28, ci fermammo all’Alhambra Theatre di Cape Town dove ho fatto quattro Bohème, tre Pagliacci, una Cavalleria e una Butterfly.
Eravamo giovani è vero, ma quando penso che ho fatto 38 spettacoli in tre mesi e mezzo devo proprio ringraziare il buon Dio d’avermi dato una salute di ferro. E’ un tour de force molto impegnativo… sono quasi undici recite al mese, quasi tre alla settimana, cioè un giorno sì e un giorno no!»
Anche a Bologna arrivavano notizie della felice trasferta sudafricana. Sul Resto del Carlino uscì questa notizia flash “Abbiamo notizia da Johannesburg che nella stagione lirica in corso in quella città al Teatro Reale dell’Opera la concittadina Gigliola Frazzoni ha conseguito un autentico caloroso successo nella parte di Mimì nell’opera “Bohème»
“Durante la lunga permanenza, sei mesi, partecipammo a tante feste in bellissime case da sogno. A Durban fummo festeggiati calorosamente dalla colonia italiana e facemmo amicizia con il Vescovo che venne spesso a mangiare nel nostro residence. Il cuoco era Giorgio che in cucina era molto bravo. Nei negozi si trovava di tutto: pasta italiana, olio toscano, vino italiano e la carne era buona, così Giorgio riusciva a fare il ragù alla bolognese che piaceva tanto al Vescovo e non solo a lui, anche Gigli, che alloggiava sempre in albergo, gradiva questo tipo di omaggio. In verità si mangiava male e noi non lo nascondevamo abbastanza. Quando venne un giornalista del “Sunday Times” ad intervistarci, raccontammo della grande ospitalità di tante persone che ci invitavano a feste, a cene, a gite nei dintorni, ma evidentemente parlammo del mangiare tant’è vero che sul giornale uscì un articolo con questo titolo “I Cantanti italiani amano Johannesburg ma non la sua cucina”. Quando partimmo da Città del Capo erano venuti al porto in tanti a salutarci; noi, dal ponte della nave cantammo per loro il Va’ pensiero. La commozione era forte e piangevamo tutti.
Oltre ai nostri successi artistici, ebbe molto successo anche la cucina di mio marito tanto che gli fu proposto di aprire un ristorante. Sull’onda dei successi sudafricani seguì un periodo, di circa due anni, ricco di scritture sia nei piccoli centri che nei grandi teatri.  (Fine terza parte)