Milano, Teatro alla Scala: “Carmen”

Teatro alla Scala di Milano – Stagione d’opera e balletto 2009/2010
CARMEN”
Opera-comique in quattro atti di Henri Meilhac e Ludovic Halévy da una novella di Prosper Mérimée.
Musica di Georges Bizetc
Edizione critica di Robert Didion.
Don José JONAS  KAUFMANN
Escamillo ERWIN  SCHROTT
Le Dancaire FRANCIS  DUDZIAK
Le Remendado RODOLPHE  BRIAND
Morales MATHIAS  HAUSMANN
Zuniga GABOR  BRETZ
Carmen ANITA  RACHVELISHVILI
Micaela ADRIANA  DAMATO
Frasquita MICHELE  LOSIER
Mercedes ADRIANA  KUCEROVA
Una venditrice di arance PERLA VIVIANA  CIGOLINI
Un bohémien LORENZO B.  TEDONE
Lillas Pastia GABRIEL  DA COSTA
Prete (Guida) CARMINE  MARINGOLA
Con la partecipazione di attori della “Compagnia Sud Costa Occidentale” diretta da Emma Dante
e gli Allievi della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala diretta da Frederic Olivieri.
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala (M.o del coro: Bruno Casoni)
e Coro di Voci Bianche del Teatro alla Scala e del Conservatorio “G. Verdi” di Milano (M.o del coro: Alfonso Caiani)
Direttore Daniel Barenboim
Regia e costumi Emma Dante
Scene Richard Peduzzi
Luci Dominique Bruguiere
Nuovo Allestimento.
Milano, 15 dicembre 2009

Una nuova produzione dell’opera “Carmen” di Georges Bizet inaugura la stagione Lirica del Teatro alla Scala 2009/2010. Superfluo non considerare l’impatto mediatico della serata, è sì occasione mondana ma anche immagine di produttività musicale nel mondo, inoltre nel caso odierno, anche curiosità e sarcasmo per uno spettacolo affidato ad un’esordiente che come prevedibile è già sospettato a priori. Carmen è un caso anomalo nel panorama musicale, tratta dalla novella di Mérimée è adattata per la scena lirica da Henri Meilhac e Ludovic Halévy con alcune diversificazioni, fu accolta freddamente, se non ridicolizzata e contestata, al suo apparire il 3 marzo 1875 all’Opera Comique di Parigi, tenne comunque cartellone per parecchie recite conquistando il pubblico e anche in parte la critica. La morte del compositore, circa tre mesi dopo la prima,  creò  il “caso” della fedeltà  alla concezione originale dell’autore perchè, in occasione della prima ripresa a Vienna, dopo le recite parigine, Ernest Giraud, intimo amico di Bizet, si assunse l’incarico di trasformare la partitura: orchestrando i recitativi con relativa riduzione, e apportando tagli o sostituzioni nei vari atti come l’inserimento di un balletto nel IV atto.
In questa forma l’opera venne rappresentata fino al 1964, anno in cui il musicologo tedesco Fritz Oeser approntò un’edizione critica basata sulle tre fonti conosciute, precisamente: autografo del 1974 con dialoghi, spartito per canto e piano del 1875 con dialoghi e partitura per orchestra di Giraud del 1877.  A queste vanno aggiunte due partiture dallo stesso Oeser rinvenute negli archivi dell’Opéra-Comique utilizzate dal direttore per la prima esecuzione. Ovviamente questa nuova edizione fu aspramente criticata, ma ebbe il merito di accendere una luce “originaria” sull’opera che acquistava aspetti primari e originali di estrema importanza. Semmai “l’errore” fu quello di considerare correzioni e mutamenti fatti dall’autore nel corso delle prove, pertanto l’edizione Oeser è frutto di aggiunte ricavate da questi spartiti, ma è doveroso sottolineare che bisogna considerare solo il prodotto finale voluto dall’autore. Da questa elaborazione, comunque importante,  si è arrivati a una seconda edizione critica basata sull’autografo a cura di Robert Didion che  ha almeno il pregio di avvicinarsi il più possibile alla concezione originale di Georges Bizet.  Questa è stata la versione  scelta dal Maestro Barenboim , anche se  alleggerita nei dialoghi.
Lo spettacolo di Emma Dante, che ha firmato  anche i costumi, è stato oggetto di vivaci contestazioni la sera della prima il 7 dicembre,   non è certo nella scia  di una tradizione ma non per questo accurato e privo di inventiva, pur con talune forzature. Emma Dante colloca la vicenda in una piazza di una città mediterranea, senza però nessun elemento che la riconduca a Siviglia. Qui  si dipana l’intera  vicenda fino al tragico epilogo. E’ un’idea  intrigante e anche resa efficacemente, anche se gli elementi “di contorno” risultano  talvolta  eccessivi sia per presenza che per gusto. Ad esempio l’insistere dell’aspetto religioso,  onnipresente, la presenza di un sacerdote e due chierici che accompagnano sempre Micaela, sinceramente la trovo  superflua.  La regia della Dante ha comunque il pregio di svilupparsi su un’idea drammaturgica ben delineata, senza cadere in stereotipi di sorta. La protagonista è delineat come una donna libera, mai volgare,  lucida e coerente con le sue scelte, fino alla fine. Don Josè è il bravo ragazzo, quasi banale e anonimo, che perde la ragione stregato dalla  forte personalità di Carmen,  ma non per questo banale. A tale proposito sono molto belle la  celebre “aria del fiore”, resa come una sofferta e intima preghiera o il quasi  delirante finale dell’opera.
Molto efficace l’idea di fare indossare a Micaela l’abito da sposa nel primo atto, la ragazza di paese che sogna il matrimonio e la famiglia, infranto dagli eventi. La scena della taverna è il momento registico piu alto, per vitalità e inventiva teatrale. Barenboim da grande direttore quale è cesella tutta la partitura in ogni nota in ogni angolo, la sua è una direzione  dai tempi larghi, che però non perde il senso della narrazione,  che evidenzia e impreziosisce ogni  dettaglio strumentale,  straordinari accompagnamenti, come la romanza del fiore cesellata con un attacco in pianissimo e  sonorità quasi impalpabili, o ancora la “chanson de bohém”  dai ritmi incandescenti!….
Sul versante canoro belle sorprese e qualche delusione. La 25enne Anita Rachvelishvili è la  giovane esordiente, una cantane di grandi possibilità, strepitosa scenicamente, mai eccessiva, dotata di un organo vocale di ottima qualità e potenza, curata nel recitativo, una ulteriore maturazione  la porteranno ad usare accenti più intimistici e coloriti, una prova di grande professionalità cui speriamo faccia seguito una adeguata crescita artistica. A  Jonas Kaufmann, va la palma del vincitore. Ha conquistato con una voce fascinosa,  un ottimo dominio del fiato e luna grande capacità di  sfoggiare acuti squillante ma anche finezze e smorzature che si sentono molto  raramente, nonchè una presenza scenica di prim’ordine. Delude invece Erwin Schrott.  Forse vocalmente il ruolo non gli è particolarmente  consono, di fatto la voce si presenta dura e disomogenea.  Una prestazione  modesta in parte compensata da una bella presenza   scenica. Adriana Damato è solo un soprano corretto e preciso, ma con mezzi vocali e tecnica non certo di prim’ordine. Tra le parti  di fianco, si sono messe in luce Mercedes e Frasquita, al contrario, decisamente  scialbi  il Dancario e Remendado. Ottima la compagnia di attori, in particolare  il Lillas Pastia di Gabriel Da Posta. I complessi corali, nonchè gli allievi della scuola di ballo del Teatro alla Scala hanno svolto il loro compito in modo più che eccellente. Sala quasi esaurita, pubblico molto partecipe e trionfo per tutta la compagnia. Foto dell’Archivio teatrale della Scala