Maria Luigia Borsi: Italian soprano arias

Ottorino Respighi:Il tramonto”, Giacomo Puccini: “Un bel dì vedremo” (“Madama Butterfly”), Giuseppe Verdi: “Era  più calmo… Mia madre avea… Ave Maria (“Otello”); Giacomo Puccini: “Signore, ascolta” (“Turandot”), “Donde lieta uscì (“La bohème”), “Senza mamma” (“Suor Angelica”), “Chi il bel sogno di Doretta” (“La rondine”), “O mio babbino caro” (“Gianni Schicchi”); Alfredo Catalani:Ebben? Ne andrò lontana” (“La Wally”). London Symphony Orchestra, Yves Abel (direttore).Registrazione:  Londra, Air Studios, 29-30 novembre / 2-3 dicembre 2013. T.Time 58’40 1 CD Naxos 8.573412
Il soprano laziale Maria Luigia Borsi nelle ultime stagioni si è creata un suo spazio sulla scena lirica internazionale comparendo anche in alcune produzioni importanti e soprattutto in ambito statunitense dove ha riscosso i maggiori successi; sull’eco di questi risultati arriva il primo recital discografico edito dalla Naxos,  accompagnata dalla London Symphony Orchestra diretta da Yves Abel. Personalmente ho sempre apprezzato molto il direttore franco-canadese ma in questo caso la sua prova appare inferiore alle aspettative. Si ritrovano una grande musicalità ed eleganza del porgere ma tutto rimane confinato in un accompagnamento superficiale e tendenzialmente di routine.
L’ascolto discografico della Borsi lascia per altro all’ascoltatore non poche perplessità nei confronti di una cantante ancora giovane e sicuramente dotata di interessanti mezzi vocali ma al contempo non pienamente compiuta sotto il profilo tecnico e interpretativo. In primo luogo il programma proposto in questo album  è di una banalità sconfortante. In un panorama attuale saturo di prodotti di questo tipo si vorrebbe un maggior sforzo anche di ricerca, una proposta di brani di ascolto più insolito e stimolante – e le possibilità non mancano anche limitandosi ai lavori della giovane scuola italiana – qui invece fatta salva la cantata di Respighi posta in apertura traviamo solo brani celeberrimi, noti agli ascoltatori fino al minimo dettaglio che pongono alla Borsi l’inevitabile problema di confronto con più illustri precedenti che non giocano certo a suo favore.
Composto nel 1914 da Ottorino Respighi “Il tramonto” è un grande lied pensato originariamente per voce e quartetto d’archi e qui presentata nel successivo rifacimento per orchestra. Il testo è un poema di Shelley proposto nella versione italiana di Roberto Ascolti e caratterizzato da una raffinatissima scrittura musicale di gusto prettamente liberty che Abel rende in modo compiuto nella sua eleganza un po’ fatua e manierata. La voce della Borsi risulta subito molto personale, con un timbro decisamente particolare – e non particolarmente bello almeno a parere dello scrivente – ma che potrebbe essere piegato con valenze espressive interessanti invece l’interprete tende ad essere generica e con una dizione poco chiara che annulla quella comprensione del testo che dovrebbe essere essenziale in una esecuzione cameristica seppur nella particolarità della declinazione respighiana della stessa.
Unico brano verdiano presente è  la grande scena di Desdemona dal IV atto di “Otello presentata nella sua integralità. Il ruolo di Desdemona è quello affrontato dalla Borsi con maggior regolarità e quello che l’ha vista presente in produzioni di più alto livello e si nota una buona conoscenza della parte e delle sue esigenze al contempo però il maggior impegno vocale ne evidenzia maggiormente i limiti. In primo luogo il fraseggio è alquanto oscuro e quando cerca di evidenziare maggiormente le parole come nel parlato introduttivo dell’”Ave Maria”, questo appare troppo enfatizzato, con un gusto  ormai lontano dalla sensibilità contemporanea mentre sul piano tecnico non si può fare a meno di notare l’eccessivo e fastidioso vibrato che penalizza gli acuti e le note tenute. Aspetto questo, che caratterizza ogni brano dell’album.
La gran parte del programma è dedicato a celebri pagine pucciniane. Liù e Mimì sono sicuramente i personaggi più congeniali al timbro della Borsi che non possiede una natura autenticamente drammatica anche se tende a ricercarla spesso ingrandendo i centri in modo abbastanza innaturale. Queste due figure con la loro emotività diretta e sincera sono abbastanza facili da inquadrare sul piano interpretativo ed infatti risultano sufficientemente centrate anche se con un gusto d’insieme decisamente datato. L’assolo di Cio Cio San dal II atto di “Madama Butterfly” (“Un bel dì vedremo”) presenta caratteristiche simili agli altri brani con l’aggravante di una scrittura decisamente più pesante sul piano vocale; se da un lato la voce più lirica della Borsi da al personaggio tratti quasi infantili che gli sono ben congeniali dall’altro mancano la pienezza, la morbidezza e la rotondità di suono che la scrittura pucciniana prevede in momenti come questo. Sul piano interpretativo la cantante punta ad una lettura molto diretta, tutta ancorata in quella visione di Puccini come compositore di facile melodismo e di altrettanto facili  lacrime. “Suor Angelica” (“Senza mamma”) si presta a considerazioni analoghe specie considerando i rischi che corre una pagina come questa se si cede alla tentazione di lasciarsi prendere dalla componente emotiva. Sempre dal “Trittico” viene la breve romanza di Lauretta “O mio babbino caro” che non va oltre  una  professionale correttezza.
Magda sarebbe ruolo per molti aspetti più adatto  alle caratteristiche vocali della Borsi ma l’esecuzione manca di quella leggera ironia che è il tratto di maggior fascino del brano (oltre ai limiti già elencati). Completa l’album una alquanto anonima “Ebben? Ne andrò lontana” da “La Wally” di Alfredo Catalani.