Arena di Verona:L’Aida del centenario

Verona, Arena, Festival del Centenario 1913-2013
“AIDA”
Opera in quattro atti di Antonio Ghislanzoni
Musica di Giuseppe Verdi
Il Re d’Egitto CARLO CIGNI
Amneris, sua figlia VIOLETA URMANA
Aida, schiava etiope FIORENZA CEDOLINS
Radamès, capitano delle guardie MARCO BERTI
Ramfis, capo dei sacerdoti ORLIN ANASTASSOV
Amonasro, re d’Etiopia, padre di Aida AMBROGIO MAESTRI
Un messaggero SAVERIO FIORE
Sacerdotessa ANTONELLA TREVISAN
Orchestra, Coro e Corpo di ballo dell’Arena di Verona
Direttore Daniel Oren
Direttore del coro Armando Tasso 
Regia Gianfranco De Bosio
Coreografia Susanna Egri
Verona, 10 agosto 2013

Aida
e l’Arena: un binomio quasi inscindibile, che accompagna un percorso centenario di vera e propria melomania popolare. Fin da quella prima del 10 agosto 1913, quando l’opera fu diretta dal grande Tullio Serafin, mentre sulle gradinate era presente un pubblico cosmopolita accorso da mezzo mondo e il Gotha del panorama musicale italiano (fra gli altri Puccini, Mascagni, Zandonai). Oggi, a cento anni esatti di distanza, ci ritroviamo nello stesso luogo per lasciarci trasportare dall’emozione di esserci, riscaldati dalle note di un’opera bellissima ma – se vogliamo – tra le più fraintese dal grande pubblico. C’è chi si annoia, chi aspetta solo la scena del “trionfo” e poi vorrebbe andar via, eppure in tanti almeno una volta vogliono vedere Aida in Arena, che rimane un’opera complessa e a tratti di non così facile ascolto. Tanto che nell’immaginario a essere ricordata è la presunta vocazione spettacolare di un’opera in realtà tra le più intimiste, quasi da camera, un labirinto di passioni umane soffocate da una crudele ragion di stato. E al di là dell’effimera ma determinante occasione per la quale fu composta (i festeggiamenti a seguito dell’inaugurazione del canale di Suez e del Teatro dell’Opera del Cairo) resta evidente l’eccezionalità della partitura, segnata da un inedito respiro sinfonico e da chiare e suggestive affinità stilistiche con il Requiem, segnando l’apice della maturità verdiana – almeno prima delle ultime meraviglie senili. Un capolavoro assoluto insomma, in cui la forza più pura della musica viene a riscattare sia la sgangherata drammaturgia approntata dall’archeologo Mariette sia i non eccelsi versi di Ghislanzoni (come al solito – e per fortuna – aggiustati dallo stesso Verdi).
Al culmine delle celebrazioni areniane si è così rispolverato l’allestimento affidato a Gianfranco De Bosio per la regia e a Susanna Egri per la coreografia, responsabili di una vera e propria operazione di archeologia teatrale volta e rievocare la storica edizione del 1913, riveduta e rivisitata mantenendone filologicamente intatto il fascino. Filtrato attraverso una scenografia spesso imponente e con un gusto qua e là volutamente kitsch, è restituito un Egitto se vogliamo oleografico e da cartolina, esotico e colorato, con infilate di colonne, sfingi, obelischi, templi, palme, cavalli bianchi e grandi masse per un risultato sfarzoso e monumentale che alla fine accontenta chi è accorso soprattutto per la seconda parte del II atto. Eppure emerge anche un’idea di spettacolo asservita ad una regia un po’ troppo statica ma chiara e diretta che sfiora appena le psicologie dei personaggi per lasciare spazio poi alla musica. Insomma un allestimento che, sia pur antiquato e polveroso, ancora funziona e a tratti coinvolge, ma resta ostaggio dei troppo lunghi – ai limiti della sopportazione – cambi scena (anche all’interno degli atti) e conseguenti intervalli. Da cui la domanda, che va azzardata e che lasciamo aperta: è ancora proponibile oggi un’Aida così?
Sul versante propriamente musicale brilla come sempre la direzione di Daniel Oren, che di Aida conosce ormai ogni segreto. Al solito impetuoso e trascinante, il maestro israeliano ha saputo scavare dentro ogni frase, creando un tappeto sonoro di respiri e raffinatezze, offrendo una lettura limpida unita alla solida concertazione. Contagiata dalla passionalità di Oren, l’orchestra areniana ha offerto una buona prova, attenta e precisa nei dettagli così come duttile nell’abbandonarsi alle molte sfumature di cui è costellata la partitura. In gran spolvero anche i musicisti sul palco con – naturalmente – le trombe egizie bene in evidenza e in discreta forma anche il coro, collaudato sì ma non proprio pulitissimo negli attacchi (ma non lo ha aiutato qualche fastidiosa amplificazione di troppo, dannosa anche nei confronti dell’orchestra e delle voci a proscenio). L’immancabile Myrna Kamara, applauditissima étoile, ha dato efficace risalto alle coreografie, assieme al resto del corpo di ballo.
Dal punto di vista vocale la serata ha visto poi il gradito ritorno nel ruolo del titolo di Fiorenza Cedolins, che ha il giusto temperamento drammatico ed è sempre dentro il personaggio. Della sua interpretazione colpisce il superbo controllo nell’emissione, l’eccellente fraseggio e il sapiente dosaggio dei colori che riesce sempre a creare, restituendo ancora oggi un’Aida di riferimento.
Violeta Urmana sfodera il consueto fiume di voce, tesa e vibrante, ma per una sera forse è risultata quasi intimorita, frenata negli slanci e negli impeti di leonessa ferita qual è Amneris – e prova se n’è avuta dall’eccessiva prudenza con cui ha affrontato la grande scena del IV atto. Un Radamès autorevole e generoso nello squillo (voce areniana verrebbe da dire) è risultato Marco Berti, che però difetta quanto a intensità espressiva e mostra qualche difficoltà nel dominare i piani e i forti, mentre Ambrogio Maestri ha il carisma necessario per inscenare Amonasro, oltre a voce dal notevole vigore e dalla nobiltà d’accento autenticamente verdiana.  Non in grande serata Orlin Anastassov, piuttosto opaco e forse troppo leggero per la parte di Ramfis, soffrendo soprattutto nella parte bassa del registro. Puntuale e appropriato il Re di Carlo Cigni, così come il Messaggero di Saverio Fiore e l’inossidabile Sacerdotessa di Antonella Trevisan. Arena esaurita e pubblico festante e prodigo di applausi calorosi durante la recita e nelle chiamate al termine dello spettacolo. Foto Ennevi per Fondazione Arena